mercoledì 14 giugno 2023

STORIA DI ZAMPASECCA - PAURA E ATTRAZIONE PER IL LUPO


                                                                                   

Le belle immagini di Campari e Gianferrari che riguardano un lupo ferito in via di guarigione

Questa è la storia di un lupo zoppo che, quasi sempre di notte, si sposta in un castagneto; soltanto una volta lo si è visto di giorno, fototrappolato con una volpe tra le fauci. Succede che il “luparo” Umberto Gianferrari, tempo dopo, piazza una delle sue fototrappole in un bosco diverso, alla ricerca di altri animali. Quando visiona le immagini, ecco che in una clip compare proprio il lupo claudicante. È come se l’animale fosse andato a cercare il “luparo”, non il contrario. Come mai il lupo passa di lì se nulla c’è da mangiare, niente per lui? È come se riconoscesse un odore, quello di chi ha posizionato la fototrappola e che, forse, percepisce come amico. Si ferma e poi fa qualche passo, quasi a voler ostentare le sue condizioni di salute finalmente migliorate.

Umberto è riuscito a riprenderlo perché, dopo anni di fototrappolaggio, ha capito che è meglio regolare lo scatto della fototrappola sul minuto, e non su qualche secondo: otterrà così filmati senza animali, ma avrà anche belle sorprese come questa.




Il lupo ferito fa tenerezza; in generale, è un predatore che, quando non spaventa, attira.

Forse perché tra tutti i predatori è l'unico che non troveremo mai in un circo. La sua anima nobile e libera è ciò che, di sicuro, ammiriamo in lui.

Del lupo parla anche, nel suo libro “Mosè”, il poeta Agostino Santini, originario di Valbona di Collagna, purtroppo scomparso nel 2019. Lo fa con uno stile fluido che non vuole lettere maiuscole a intralciare il flusso dei pensieri. Un lupo, il suo, somigliante a una nostra creatura interiore che non sappiamo rendere libera, permettendole – e dandoci – una possibilità di vita autentica: “sono furtivo, trovo sempre il modo di scivolare sulle cose e di non farmi intrappolare da nessuno, sono nato leggero fuggiasco, nomade nel mio territorio, la strada sempre aperta alla possibilità qualunque essa sia, posso decidere anche di lasciarmi prendere o fuggire o solo farmi toccare, vedere, nei boschi, silente mi compiaccio di tanta abilità”. Chissà cosa direbbe oggi Agostino, vedendo che sui media e sui social si parla di lupi in modo sempre più divisivo, tanto da veicolare una disturbante disinformazione?



In questi anni, le belle immagini delle fototrappole di Umberto Gianferrari e Marco Campari ci hanno svelato molto della vita di questi schivi predatori dei boschi; ci hanno mostrato alcuni cinghiali frugare nella neve e poi i lupi fiutare le loro impronte; un tasso e una faina intenti a scavarsi una tana, e i lupi, che, nella notte, si avvicinano cauti e provano a catturare la bestiola. Tuttavia, questa è parente della puzzola – dice Umberto – e ai lupi non garba. Alla fine, sono in tre intorno alla tana, poi quattro, eppure, decidono di lasciar perdere.

Un’altra fototrappola cattura proprio il nostro lupo zoppicante. Non sappiamo se ferito da un altro animale o da un bracconiere; sappiamo, però, che la sua vita, in quelle condizioni, è in pericolo. Il lupo è un cacciatore “inseguitore” di grandi ungulati selvatici, perciò, se viene danneggiata la sua possibilità di camminare, il suo comportamento cambierà.

Sarà per forza costretto a trovare altre strategie per sopravvivere, dall’avvicinarsi ai cassonetti dell’immondizia, all’entrare nei centri abitati per cibarsi di cani e gatti. Queste abilità potranno poi essere insegnate e trasmesse agli altri individui. Lo spiega bene il Wolf Apennine Center: la scomparsa per uccisione di uno o più individui importanti per il nucleo familiare può, per esempio, aumentare la probabilità che uno dei lupi si incroci con un cane, creando ibridi, oppure favorire doppie cucciolate all’interno dello stesso nucleo familiare.

Allo stesso modo, gli individui che sopravvivono con deficit fisici hanno una ridotta capacità predatoria e una maggior probabilità, come si diceva prima, di sviluppare comportamenti “sgraditi” e potenzialmente pericolosi per gli animali domestici.

Agostino Santini

“campi il lupo”, dice Agostino, con quella sua prosa senza maiuscole che è poesia: “da lontano guardo con aria di sufficienza chi mi vorrebbe in gabbia, (...) non c'è realmente nessuna esigenza di maggiore velocità, non fatevi ulteriormente rincitrullire, niente di ciò che veramente è importante è cambiato, vivere naturalmente ognuno alla propria andatura, senza rincorrere nulla o chicchessia. la luna, la luna mi manda in visibilio, e così capisco e professo che ogni esplosione naturale vada vissuta com'è, l'amore raro, difficile da incrociare, questo sentimento, però, lui da solo può fermare il mio incessante peregrinare, di solito quello buono ti viene incontro e non teme nulla, si offre. in silenzio ama anche il tuo lupo.”

Non sappiamo se il bracconaggio riguardi il caso del lupo zoppo fototrappolato da Gianferrari.

Umberto e Marco nelle nebbie...
                                                           
È invece sicuro che, in determinate circostanze, possono esserci conflitti e lotte tra i lupi stessi, come riporta il filmato ripreso di recente in Abruzzo dalla guida alpina Pietro Santucci. I lupi sono mammiferi territoriali ma, come altre specie, cercano in tutti i modi di evitare lo scontro fisico, rischioso sia per chi attacca sia per chi difende. Proprio per questo, attuano diverse strategie di marcatura e comunicazione intraspecifica per stabilire i confini.

La fine dell’inverno è però un periodo particolare per i nuclei familiari; la coppia dominante entra nella fase riproduttiva: non gradisce la vicinanza di altri lupi e tende ad isolarsi dal resto del nucleo. I giovani, allora, attuano la “dispersione”: partono e percorrono lunghe distanze per andare a formarsi la loro famiglia.

È durante questi spostamenti che a essi capita di entrare nel territorio di altri lupi, i quali possono reagire violentemente, cacciando l'intruso con le buone e, soprattutto, con le cattive.

Ma il lupo non è “cattivo”, fa semplicemente… il lupo. Scrive Agostino: “seguendo il lupo, sulle orme del lupo, le guide ah ah pensano di controllarmi, di reinserirmi di addomesticarmi. (…) nessuno si preoccupa di dare la sveglia al lupo che porta da sempre in sé, (...) a furia di urlare alla libertà non vi frega più nulla di lei (…) convenzioni, falsi moralismi, paure inverosimili, tempi dilatati da inesistenti condizionamenti. dovete, dobbiamo riperderla per capirne l'essenza e tornare a liberare il lupo”

A seconda delle epoche, lo sguardo sul lupo è passato dalla curiosità al terrore, dal rifiuto al fascino quasi affettuoso. Tra l'XI e il XIII secolo l'uomo deforestò grandi aree per ottenere terra da coltivare, mettendosi in concorrenza con gli animali che originariamente abitavano il bosco.

Il contesto di rivalità uomo belva trasformò l'immagine del lupo: l'uomo si sentì obbligato a tirar fuori la massima ingegnosità per combatterlo. Nell'Ottocento, la scomparsa del lupo stimolò, per assurdo, una caccia ancora più accanita, trasformando l'inseguimento degli ultimi esemplari in un atto mitologico ed eroico.

All'inizio del XIX secolo c'è stata invece un'inversione: il lupo, nell’immaginario, comincia a essere percepito meno pericoloso perché erano cambiati gli stili di vita e, soprattutto, perché Pasteur aveva messo a punto il vaccino contro la rabbia, della cui trasmissione lupi e volpi erano incolpati.

E oggi? Si va dal grande amore degli ambientalisti, al consenso di molta gente comune, alla preoccupazione - e a volte rabbia (comprensibili) - di pastori e allevatori, alla paura di coloro che abitano nelle periferie delle città, dove il lupo comincia, per i motivi che abbiamo spiegato prima, ad avventurarsi.

Come direbbe il poeta Santini, però: “campi il lupo che c'è in ognuno e vi conduca dove volete veramente andare.”

Intanto, il nostro lupo ferito è in via di guarigione e si ferma davanti alla fototrappola del suo amico “luparo”. “Se lo guardiamo bene”, dice Umberto, “capiamo che non è lì a caccia di cibo, non annusa in terra, non cerca da mangiare... È passato per una visita, per farci vedere che sta meglio, per mostrarci che riesce ad appoggiare la zampa, ma anche per presentarsi alla luce del giorno. E rimane lì, con noi, esattamente per tutto il tempo da me impostato sulla fototrappola... un lungo, meraviglioso minuto.”

Zampasecca, che forse è femmina, con un amico



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