venerdì 8 dicembre 2023

IL VOLO DI MELUSINA - UN RACCONTO TRATTO DAL LIBRO

 

RACCONTO TRATTO DAL LIBRO

Il libro è disponibile su tutte le librerie online anche in formato ebook: 

https://www.amazon.it/volo-Melusina-Normanna-Albertini/dp/8832870606

La tempesta della notte le aveva buttate tutte a terra, tanto che, ora, intorno agli alberi, si stendeva un tappeto di susine, una molle frittata sulla quale pranzavano sinistri calabroni e un nugolo di moscerini del vino.

«Che peccato, che disastro, Renzo mio, e adesso? Dovrò bollire marmellata per una settimana».

Eugenia avanzava china, con il cesto di vimini quasi colmo, prestando attenzione a schivare gli insetti e, al contempo, cercando di non calpestare i frutti gialli, già ammaccati e rovinati dalle intemperie.

Il marito la osservava dal pollaio, dove era indaffarato a rimettere in piedi la recinzione; lavorava nervosamente, considerando che avrebbe dovuto ripulire pure la piscina, del tutto scomparsa sotto una montagna di foglie e rami. Bel disastro, questi cambiamenti climatici.

Renzo, nei suoi ottandadue anni di vita, non aveva mai visto un vento tanto potente da sollevare i tavolini di ferro sotto al porticato, raffiche con chicchi ghiacciati delle dimensioni di una pesca lanciati come proiettili. Non era molto credente, tuttavia, un pensiero all’Apocalisse e ai suoi terribili cavalieri gli era scappato. Anche Luna, la sua cagnolona dal pelo color crema fiorentina, pareva confusa, seduta in alto, su un muretto, fra i tralci sbrindellati di un vecchio glicine.

Della loro casa, Eugenia e Renzo, da anni pensionati, avevano fatto un bed and breakfast, conservando l’architettura del vecchio edificio colonico toscano. Avevano mantenuto anche i pavimenti di graniglia, le piccole piastrelle di ceramica a fiori, i bagni con grande vasca e la scala centrale, che portava ai piani superiori, dotata di ringhiera in svolazzante ferro battuto.

Tutt’intorno, orti, un frutteto, un giardino e la vigna, poi alberi di ulivo a spezzare, con bagliori d’argento, il verde dei gelsi, dei ciliegi, dei pruni e dei meli.

«Si è alzata, la nostra ospite, o dorme ancora?», domandò Renzo togliendo il cesto di prugne dalle mani della moglie.

«Johanna? La professoressa Rolff? Le avevo preparato la colazione, ma ancora non s’è vista. Forse, con il temporale, sarà rimasta sveglia, vorrà recuperare».

«E la nipote? Ancora a letto pure lei?»

«Ah, quella… Karin van… van… Comperen, vero? Quella dorme sempre fino a mezzogiorno. I giovani scambiano il giorno per la notte, è una moda, ormai».

«Bene, allora faccio in tempo ad affettare un po’ di salame e aprire una formetta di pecorino. Da buone olandesi, apprezzano il cibo italiano, e pure il vino! Ti porto in casa il cesto, così non sforzi la schiena, Eugenia mia».

Era sempre stato così, il suo Renzo: attento e premuroso fin da quando si erano incontrati, cinquant’anni prima.

Bionda, esile, la pelle chiara e gli occhi azzurri, Eugenia non aveva certo l’aspetto di una brasiliana e nessuno le credeva quando raccontava di aver avuto una nonna india. Invece, babbo e mamma si erano conosciuti proprio in Brasile, in una piccola cittadina dello Stato di Santa Caterina, dove era poi nata Eugenia. Successivamente, c’era stata la scelta di ritornare in Italia, al paese degli antenati, in Garfagnana.

Un po’ come tutti i brasiliani, Eugenia era il risultato di un miscuglio prodigioso di etnie, colori, culture. Era italiana, india, irlandese e portava dentro la sapienza antica di tutte le sue antenate.

Nei rituali “Rodas di cura”, che praticava di nascosto a chi si affidava a lei, usava il “rapè”, una miscela polverizzata, composta di tabacco e da una mistura di altre erbe capaci di aprire il cuore, radicare a terra e scaricare le energie negative.

Raccontava che la nonna india, Isadora, era stata colpita da un fulmine da bambina, mentre si trovava vicino al fiume. Non era morta e, quando si era svegliata, forte del dono ricevuto attraverso la scarica elettrica, aveva iniziato a guarire la gente. Anche dopo che si era sposata con un italiano, incontrato nella fazenda dove lavorava, Isadora riceveva saltuariamente le visite di uno sciamano che usciva dalla foresta e veniva a trovarla. Allora, parlavano per ore e si scambiavano le loro conoscenze sui diversi rituali di guarigione utilizzati.