“La metà del mondo non sa
come vive l’altra metà.“
È la trasposizione in italiano del libro “How the Other Half
Lives” (1890), un testo basilare per la storia della fotografia, e in più un
testo indispensabile per capire la storia della città di New York, oltre alla
storia sociale in generale. Scritto da Jacob A. Riis, un giornalista del “New
York Tribune” di origine danese, il libro si occupa delle condizioni di vita e
di lavoro delle comunità d’immigrati (italiani e del resto d’Europa, ma pure
cinesi) che trascinavano le loro fatiche nella metropoli newyorkese durante gli
ultimi decenni del
diciannovesimo secolo. Riis era dunque danese, nato a Ribe,
in Danimarca, in una famiglia di ben quindici fratelli. Tanti figli e poco
pane, e poi la crisi. Emigrare fu obbligo e urgenza, non scelta, non possibilità.
Fu l’unica possibilità. Jacob varcò l’Oceano e giunse negli Stati Uniti, dove
si immerse nella marea spersonalizzante di centinaia di migliaia di emigranti;
poveri disperati che nuotavano ogni giorno contro le correnti spaventose della
miseria. Trovò finalmente impiego come reporter presso la “New York Tribune” e,
nel 1877 cominciò a lavorare per la Associated Press. Scese allora nelle
baraccopoli, quelle che ben conosceva: una congerie di alcolizzati, prostitute,
di banditi e delinquenti di ogni genere, di bambini disperati, affamati, soli; un
accumulo di modi di agire e di vivere molesti per le “persone bene” che mal
tolleravano e nemmeno conoscevano (o volevano vedere) questa parte malandata di
persone abbandonate dalla società. La “massa sobrante” di tanti Paesi del mondo
d’oggi; gli esuberi, gli inutili; il popolo in esilio dei miseri. Erano italiani,
irlandesi, ebrei messi fuori dalla storia, ai margini. Segregati in un limbo
fatto di lavori occasionali, sfruttamento, violenza, sopraffazione, fame,
mancanza di diritti. “In un solo isolato di caseggiati che totalizzava 132
stanze, vivevano 1.324 italiani emigrati, per lo più uomini, operai siciliani
che dormivano in letti accastellati a più di dieci persone per camera, per un
intero isolato”.
Riis scese in quelle strade, entrò in quei caseggiati e li
fotografò; fu il primo ad usare la fotografia e il giornalismo con l’intento di
aiutare i poveri, soggetto principale delle sue opere. Il sottobosco dell’East
Side di Manhattan, tanto molesto per l’alta società, emerse violento nelle sue
fotografie, ma anche nelle sue statistiche, nei disegni e nelle descrizioni
grafiche. “La metà del mondo non sa come vive l’altra metà.”