sabato 17 giugno 2023

IL LUPO IN CERCA DELLA CAPRA BIANCA (CHE NON C'È PIU')



Il lupo annusa l’aria. Sul terrazzo naturale, che domina la valle, si perdono le tracce della sua ambita preda, diventata una presenza amica. Guardingo, il predatore si sposta con calma e fiuta ancora; riconosce diverse esalazioni: quelle aspre dei cinghiali, che lì pasturavano poco prima - mamme grufolanti con i loro piccoli dalla schiena striata – e poi un odore particolare che emana una forte energia. Si ferma.
Più in basso, il frastuono dei boscaioli intenti a tagliare gli alberi riecheggia tra i versanti dei monti, sovrastando il gracchiare dei corvi che disturbano una poiana.


Sotto l’erba fresca della primavera, il terreno roccioso si fa sempre più duro e spoglio via via che ci si avvicina al precipizio. Il lupo sfrega il naso a terra: no, non è il profumo di lei, della Fata.

Non è quello della faina, non è quello del tasso, non è quello delle aquile.

È l’energia dell’uomo, è l’odore del luparo, anzi: l’odore dei due lupari – per sua fortuna amici - che lui conosce molto bene. Li ha osservati spesso mentre salivano lassù, persino sotto gli acquazzoni autunnali o in pieno inverno, avanzando a fatica sulla neve fresca.

Il loro sentore è una lunga scia che scende giù tra i faggi, perdendosi nel dirupo.

Si dice che i lupi non amino le altezze, e quella scarpata rocciosa, che gli umani chiamano “Porta del diavolo”, disegnata dalle intemperie, fatta di massi e grotte lavorati dal vento, dal ghiaccio e dalle piogge, un po’ lo inquieta.

La sua desiderata preda ci viveva, invece - senza problemi - balzando da una roccia all’altra, come avesse le ali, con la grazia che può avere soltanto una Fata.

La cima secondaria di quel monte, il Ventasso, si chiama “La Grotta delle Fate”. Lassù, secondo la leggenda, due fate pretendevano offerte dai pastori e, se questi non le accontentavano, le greggi rischiavano di finire in fondo ai burroni. Erano fate cattive…

Lei no, lei era una Fata Bianca, libera e in pace con tutti. Una capra scappata al suo pastore, in balìa dei lupi e delle aquile che, tuttavia, aveva scelto di vivere lassù, condividendo il territorio con i suoi possibili predatori.

Continua a fiutare l’aria, il lupo; è un carnivoro, un cacciatore che ha incantato generazioni di guerrieri, i quali hanno visto in lui l’incarnazione della forza, del coraggio e del realismo senza compromessi.



Agli albori della civiltà, il lupo rappresentava il maschio in assoluto, era “il lupo della fertilità”, e anche alcuni Dei erano figli dei lupi. Zeus, per esempio, era un appassionato trasformista: nel suo repertorio di mutazioni vi è anche quella in lupo. Proprio in questa forma, e col nome di “Liceo” era adorato ad Argo.

Zeus è padre di Febo Apollo che, insieme alla sorella Artemide, venne partorito da Latona, trasformata in lupa. E anche il dio Febo Apollo poteva cambiare forma e diventare un lupo.

A Febo Lýkos (lupo) era stato dedicato un boschetto ad Atene, vicino al suo tempio; lì era solito tener lezione Aristotele. Si trattava del “Liceo di Aristotele”, dal quale derivò poi il nome dell’attuale liceo scolastico. Il lupo divenne quindi anche simbolo della sapienza.

E come dimenticare Roma, la città eterna, avente come emblema una femmina di lupo che, con amore materno infinito, allatta due cuccioli d’uomo: Romolo e Remo.

Lupo Alberto (chiamiamolo così) sul ballatoio in alto continua a cercare l’odore della sua amica Capra Bianca. L’olfatto, l’olfatto, è uno dei sensi più acuti dei lupi ed è quello su cui fanno affidamento. Forse anche l’uomo e la donna, ai tempi dei tempi, essendo dei cacciatori in concorrenza con il lupo, avranno avuto le stesse capacità di distinguere gli odori e di leggerne i messaggi?


Dice la psicanalista Clarissa Pinkola Estés in “Donne che corrono coi lupi”: “Ringrazio, infine, l’odore dello sporco buono, il suono dell’acqua libera, gli spiriti della natura che accorrono sulla strada per vedere chi passa. Tutte le donne che sono vissute prima di me e hanno reso il sentiero un po’ più aperto e un po’ più facile.”

Ma tra Zeus (in forma di lupo) e le capre c’è un forte legame: Amaltea fu la capra che allattò il dio sul monte Ida, a Creta. La sopravvivenza di Zeus fu così garantita da questa magica capra che, secondo alcune versioni del mito, era essa stessa una ninfa: una Fata.



Diventato il re degli dei, Zeus, per ringraziarla, diede un potere alle sue corna: chi le possedeva poteva ottenere tutto ciò che desiderava. Da qui la leggenda del “corno dell’abbondanza”, o cornu copiae – cornucopia – cioè il Corno di Amaltea.

Quando Amaltea morì, Zeus la pose, insieme ai suoi due capretti, tra le stelle del cielo. È nella costellazione dell’Auriga, immaginata dagli antichi come un guidatore di cocchio con in braccio una capra – Amaltea – e i suoi due capretti.


Lupo Alberto annusa l’aria, tende le orecchie in ascolto di un qualsiasi rumore che gli indichi la presenza della sua amica, ma lei non c’è più.

Da tempo, i lupari Umberto e Marco non la vedono né nei filmati delle fototrappole, né sulle balze del monte: macchia bianca perfettamente distinguibile anche dalla Statale 63.

La Fata non c’è più. Non c’è tra i faggi, dove Umberto - un po’ Pollicino - le lasciava i crostini di pane; non c’è sul terrazzo naturale a brucare l’erbetta fresca; non c’è vicino alla “Porta del diavolo”.

Eppure, non può averla predata lupo Alberto, altrimenti non la cercherebbe.

Era una fata anziana che aveva saputo vivere in libertà.

Aveva seguito il suo intuito, come le “Donne che corrono coi lupi” di Clarissa Pinkola Estés: “L'intuito femminile, quell’essere sapiente che cammina ovunque una donna cammini, che osserva tutto della sua esistenza e ne commenta la verità con esattezza (…) Quando facciamo valere l’intuito, siamo come una notte stellata: fissiamo il mondo con migliaia di occhi.”

Anziana e libera, la capra fuggitiva si sarà nascosta in qualche anfratto per trasformarsi in qualcos’altro. Può essere che, ora, la Fata Bianca del Ventasso faccia parte di una costellazione in cielo, come la capra Amaltea.



(Video e foto di Umberto Gianferrari, canale YouTube https://www.youtube.com/@UMBERTOGIANFERRARI1)




1 commento:

  1. Essere capre bianche non è un privilegio...Il fiuto e la vista acuta del lupo ti ndividua con facilità. Devi avere un rifugio sicuro per impedire di finire nelle sue fauci.

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