Il mio ultimo libro, in distribuzione per Garfagnana editrice: http://www.garfagnana-editrice.it/index.php/Distribuzione
il Blog di Normanna Albertini - Insegnante e scrittrice. "Ogni persona brilla con luce propria fra le altre. Ci sono persone di un fuoco sereno, che non sente neanche il vento e persone di un fuoco pazzesco, che riempie l'aria di scintille. Alcuni fuochi, fuochi sciocchi, né illuminano né bruciano, ma altri si infiammano con tanta forza che non si può guardarli senza esserne colpiti, e chi si avvicina si accende." (Eduardo Galeano)
domenica 23 novembre 2014
SCOPRI L'ARTE E METTILA DA PARTE - RACCONTO GIALLO FINALISTA AL CONCORSO "GARFAGNANA IN GIALLO 2014"
Arrancare
verso il Passo di Pradarena respirando il gas di scarico d’un indolente e
scoppiettante camioncino
“Trasporto animali vivi” non è esattamente come
correre in Formula Uno, ma mi tocca. Volevano un asino? I bambini volevano un
somarello vero da accarezzare? Se una si mette in testa di costruire un
agriturismo con attività di fattoria didattica, certo che poi deve procurarsi questo
benedetto somaro.
Due
viaggi fin nel reggiano, sulle colline matildiche, lì a due passi da quattro
colli che paiono quattro mammelle d’una cinghiala gigante, sovrastati da due
castelli, o forse tre, o forse quattro. Non avevo avuto il tempo di controllare,
ma so che sono castelli della Gran Contessa.
Sì,
proprio lei: Matilde di Toscana. Donna tosca e tosta come me.
Lì, e
solo lì, a Salvarano di Quattro Castella, si trovano tutti gli asini e le
asinerie che si desiderano; voglio dire: trovate pure il latte d’asina, che è
uguale al latte materno, e poi salumi d’asino, formaggi d’asino e creme di
bellezza al burro asinino.
Così li
ho poi acquistati, gli asini: ne ho presi due; si faranno compagnia; non potevo
rischiare che uno solo, in isolamento, s’ammalasse di depressione. Che dopo
avrei dovuto comprargli un animale da compagnia, magari un’oca starnazzante e
scagazzante.
Via,
dai, camioncino, muoviti! A furia di pigiare il freno, m’è venuto un crampo al
piede, ma ormai ci siamo; Borsigliana non è lontana. Il camioncino davanti a
me, infatti, rallenta e mette la freccia a sinistra. Mi aspetto che s’avvii per
la salita con tutta la spinta possibile, e lo incoraggio pure, apostrofandolo
tra me e me con termini irripetibili - e anche un po’sconci - invece no: si
ferma.
Non
vorrà mica scaricarmi gli asini lì? Accosto e scendo.
Per la
miseria! C’è la macchina del prete in mezzo alla strada con una portiera aperta
e qualcuno riverso fuori. Sì, sì, è proprio quella del nostro prete.
La
riconosco per un adesivo, lo stemma di un coro di alpini, appiccicato dietro. Il
nostro prete ha una vera passione per i cori, i balli e la musica molto molto
popolare. Diciamo che gli piacciono il ritmo e il rumore, più che altro.
Scendo;
è sceso anche l’autista del camioncino, mentre i somari, dentro, fanno i
somari: scalciano e ragliano a più non posso. “Oh, ma questo chi è?”, fa
l’autista – reggiano purosangue - un pochino impensierito e con una faccia
leggermente schifata, “Non mi sembra mica tanto italiano questo qui, sa? Sarà
meglio non toccare niente e chiamare la polizia e l’ambulanza, che dice lei?”
Rimango
lì come una statua di gesso del presepe serbato nella sagrestia di Borsigliana,
tra un organo malridotto e polverosi candelabri, guardo il tipo penzolante dal
sedile, esamino l’interno dell’auto, dove alcune bottiglie di vino da messa
sono ruzzolate sui tappetini, provo a mettere in fila le cose da fare, prendo
il cellulare, penso a chi chiamare, penso a cosa sarà successo, ripenso a chi
chiamare, rimetto in fila le cose da fare, noto che una delle bottiglie era
aperta e ha disseminato il suo contenuto in giro, respiro odore di vino, poi mi
monta dentro una paura tale che non riesco nemmeno a digitare il 113 o il 118.
Gli
asini continuano a ragliare a più non posso, irritando i cani dei dintorni - i
quali replicano abbaiando come indemoniati - e le galline di un pollaio vicino,
mentre l’autista picchia con il pugno contro il camioncino: “E basta,
bestiacce! Basta o vengo dentro e dopo vedrete che state zitti!”
È un
omino piccolo e grassottello, l’autista, con due baffetti hitleriani, enormi
orecchie a sventola e pochi capelli neri incollati dal sudore e dall’unto a una
capoccia perfettamente sferica.
Pare un
omino di neve, anche per il lungo naso carico di brufoli, rosso come una carota;
mi scruta e sbotta: “Ma chi è quest’africano?”
Mi
riprendo, osservo l’uomo ferito (o morto?), ma le mie mani insistono a tremare,
tanto che fatico - maledetta tastierina da gnomi! - a digitare i numeri sullo
smartphone. Però lo identifico senza dubbio alcuno: “È padre Prince Lugard
Mensah, il nuovo parroco di Borsigliana. È di origini ghanesi. Il vescovo l’ha
mandato qui neanche un anno fa.”
L’omino
di neve, autista reggiano di “Trasporto animali vivi”, scuote il capo: “Pensavo
che i ghanesi fossero finiti tutti a Reggio, in via Turri, insieme a cinesi e
nigeriani. Un prete poi…mah… ac lavuùr con tutta ‘sta gente che viene da
fuori, povera Italia a gambe all’aria!”
Finalmente
riesco a chiamare sia l’ambulanza sia la polizia. Poi stiamo lì in attesa,
mentre gli asini tirano calci dentro al camioncino e pare che si metta pure a
piovere.
Però,
per la miseria, sarà mica morto, il nostro padre Prince?
Non ho
il coraggio di verificare; i morti mi hanno sempre fatto impressione. Anche
nelle camere mortuarie mi fa schifo entrare. Tutto quel grigio freddo
contornato da fiori puzzolenti mi attorciglia lo stomaco. La morte è proprio
brutta. Aspettiamo.
Un tipo
così allegro, padre Prince Lugard Mensah, allegro e vivace, giovane, con un
fisico da calciatore, aveva portato una ventata di novità e giocondità
nell’anziana e striminzita popolazione di queste parrocchie garfagnine. Le
vecchiette lo adoravano. Da quando era arrivato lui, pareva che ci fosse la
gara a partecipare a più messe e rosari e vespri possibile.
Pareva
che le vecchiette si litigassero i primi posti nei banchi in chiesa. Pareva che…
bene come lui: la messa, la predica, i rosari, la visita ai malati in ospedale,
l’accoglienza ai bisognosi, nessuno mai.
Che
fosse “colorato”, padre Prince Lugard Mensah, dopo il primo ruvido impatto, una
volta capito che amava il vino, il pecorino e le vecchissime canzoni di chiesa
(quelle tipo “Immacolata/vergine bella/ di nostra vita/ tu sei la stella…”),
non interessava a nessuno. Era come fosse nato e vissuto da sempre in
Garfagnana; uguale uguale.
In
conclusione, a messa lì a Borsigliana e nelle altre sue chiese, ci s’andava più
volentieri, e c’era chi veniva apposta per lui fin da Piazza al Serchio, o
addirittura da Castelnuovo. Anche donne giovani, c’erano, che mai s’erano viste
prima così giovani e così pimpanti.
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