martedì 18 gennaio 2022

LE STRAGI NAZIFASCISTE DI CERVAROLO E DELLA BETTOLA - ANNA LOMBARDI

 

Aia di Cervarolo dopo la strage
 


Il territorio della nostra montagna è segnato da una sorta di dolorosa geografia della memoria.

Le statue, le installazioni, i cippi dedicati ai martiri della Resistenza sono lì ad attestare una storia tragica che dovrebbe indurre riflessione o, perlomeno, interesse. Purtroppo, invece, non vengono quasi considerati: pochi si pongono domande e i più giovani, specialmente, sono all’oscuro degli eventi raccontati da quei monumenti (dal latino monumentum ‘ricordo’, derivato da monere, ‘ricordare’); li incontrano, ma passano oltre.

Anna, al contrario, i motivi se li è chiesti: “Andando a Reggio in auto con i miei, da bambina, passavo davanti alla Bettola e mi chiedevo cosa significasse quel monumento. Mia mamma mi ha sempre raccontato che lì c’era stata una strage, durante il secondo conflitto mondiale, ma lo aveva fatto con misura, perché ero piccola e non poteva scendere nei particolari. In più, mia sorella Luisa ascoltava la canzone dei Modena City Ramblers, ‘L’unica superstite’, scritta dal nipote di Liliana, della quale lessi più avanti il libro testimonianza.”

Anna Lombardi il giorno della tesi di laurea


La canzone racconta, appunto, dell’eccidio della Bettola e, insieme al monumento quasi sul ciglio della statale 63, ha portato Anna Lombardi a riflettere e a cercare di saperne di più.

Nel momento in cui si è trovata a decidere l’argomento della tesi di laurea triennale in storia, alla fine del percorso all’Università degli studi di Milano, dopo aver scartato l’ipotesi di scriverla su Matilde di Canossa, Anna optò per la stragi della Bettola e di Cervarolo.

Nata a Felina di Castelnovo ne’ Monti, la giovane studentessa (anzi: dottoressa) sta ora frequentando ‘Antropologia e storia del mondo contemporaneo’, classe delle lauree magistrali in scienze storiche all’Università degli studi di Modena e Reggio. Nel frattempo, ha partecipato al concorso nazionale ‘Premio Tralerighe Storia’, dedicato a opere inedite di storia contemporanea, classificandosi al primo posto con la sua tesi, vincendo così la pubblicazione con Tralerighe libri Editore di Andrea Giannasi. 

Libro di Anna Lombardi


“Quando ho proposto la mia idea al professor Marco Soresina - il mio relatore - me la voleva rifiutare. Diceva che le fonti per una tesi erano troppo poche, che era un argomento di nicchia… Gli ho risposto che volevo provarci perché mi interessava davvero e lui si è convinto. Mi ha poi consigliato quattro volumi per la parte introduttiva e da lì è partito tutto. Per la Bettola, Massimo Storchi, di Istoreco, mi ha indicato le due edizioni del libro sulla strage; inoltre ho letto ‘Il nazista e la bambina’ di Liliana Manfredi, la sopravvissuta allora undicenne, e un altro libro molto vecchio, ‘La Bettola, il dramma della notte di San Giovanni 1944’, di Roberto Vinceti.”

venerdì 14 gennaio 2022

LA NUVOLA - RACCONTO TRATTO DA "IL VOLO DI MELUSINA"




Era rimasta impressa nei suoi occhi bambini, la silhouette mutevole di quella strana montagna. Sempre diversa, a seconda del punto di osservazione. Se proprio non la si vedeva, bastava spostarsi un po’ e lei si rivelava in tutta la sua magnificenza. Lui c’era nato in Appennino, anche se poi era cresciuto a Milano; la Pietra gli ricordava sua madre; la Pietra era una Madre: osservava, custodiva, proteggeva. Uno sguardo materno di cura e difesa, rassicurante.

Lassù, c’era stato giusto l’anno prima con il gruppo di ciclisti di cui, da tempo, faceva parte. Aprì un cassetto, cercò tra le foto e, subitamente, comparve don Gianni, il loro direttore spirituale: il prete era con lui sulla terrazza di una rocca.

Era venerdì, quella sera, al castello di Rossena. Il prete aveva l’abitudine di digiunare dalla notte del giovedì al mattino del sabato, dunque appariva alquanto smunto e stanco. La pratica del digiuno non gli impediva di accompagnarli, sia pure in auto. Di fatto, era stato al loro fianco anche in quel lungo pellegrinaggio in bici da Milano ai castelli della Grancontessa Matilde.

«La tua terra…», disse il prete, osservando all’orizzonte i paesini sparsi sui colli, «e laggiù c’è la Pietra, dove siamo stati ieri. A proposito: sapevi che il prete che ha in cura l’eremo è un esorcista?».



Alfonso annuì e respirò a fondo l’aria umida che saliva dal torrente Enza:«È una mensa sacra, però molti ne parlano come dello “zoccolo del diavolo”. Forse per questo ci hanno piazzato un esorcista!»

Don Gianni sorrise:«Il diavolo è cosa un po’ più seria e si veste in giacca e cravatta, non si traveste da montagna. E poi, ti ricordi che Dante situa il suo Monte del Purgatorio proprio a Bismantova?»

«Vagamente, don, sì, lo ricordo…»

«E sai che vi sistemò, come custode, una certa Matelda?»

Alfonso scosse il capo; no, non lo ricordava:«Matelda… Matilde… di Canossa?»

«Ah, poco importa che fosse la Contessa o la monaca benedettina Matilde di Hacheborn. Importa che questa donna purificava le anime tuffandole nel fiume Letè. Capisci? Dante immagina una donna che permette l’ingresso al paradiso. La felicità perfetta, la guida: tutto in una creatura femminile, ti pare poco?»

«Be’, ma voi preti, con la faccenda del celibato, siete proprio fissati con le “creature femminili”!» E gli diede una pacca su una spalla. «Non abbiamo una moglie», sorrise il religioso, «ma abbiamo avuto tutti una madre, caro il mio furbacchione, una mamma come la tua, che abbiamo ricordato proprio ieri lassù».

«Accidenti, don…», esclamò l’uomo, interrompendolo e indicando qualcosa nel cielo, «là, in fondo, là, lontano, sulla Pietra… le luci… quelle palle luminose che danzano…»

Prese la macchina fotografica e provò a scattare qualche istantanea, ma i globi, all’improvviso, scomparvero.

«Mah, che vuoi, forse erano fuochi d’artificio», disse il prete, «siamo troppo lontani per sentirne i boati. Oppure era Matelda che trasportava le anime al cielo. Oppure, anche tu hai digiunato e abbiamo le visioni… Scherzo! Dai, andiamo a dormire che domani si riparte!»

Il sonno arrivò tardi. Alfonso aveva chiacchierato a lungo con una delle guide, prima di cena, e continuava a rimuginare sulla festa di Halloween organizzata in quel castello l’anno prima e annullata per decisione del vescovo. «Ha detto che la festa dei Santi non può essere in nessun modo sostituita da Halloween,» aveva spiegato il ragazzo, «non ha niente a che fare con il paganesimo delle zucche vuote, di fantasmi, folletti, mostri o di streghe e vampiri. Per noi è stato un bel danno: avevamo già pronto tutto e abbiamo dovuto annullare le prenotazioni».