venerdì 26 aprile 2013

L'INTELLIGENTE CHE SBAGLIA MIRA


Editoriale di "Tuttomontagna", maggio 2013

Stiamo franando. E non si tratta soltanto del territorio. Una delle convinzioni che il consumismo e il capitalismo selvaggio istillano in persone e società è che le energie spese nella cura siano improduttive, quindi da abolire. La cura non produce effetti immediati, visibili, non dà un ritorno finanziario diretto e veloce, anzi: è una spesa. La cura ha un prezzo sempre. Costa quando si tratta di fare figli e allevarli, costa quando si tratta di tenere aperte le scuole e investirci. Costa quando si promuove la cultura non tanto con quegli eventi occasionali (il grande nome che richiama centinaia di persone nell’evento estivo) che ravvivano l’immagine dei vari enti, ma quando ci si sforza di non tagliare sulla conduzione e apertura delle biblioteche, per esempio. La cura è sempre mal vista da chi ragiona in termini di profitto e l’idea di tempo, denaro e energie spese per l’accudimento di persone e territorio passa per qualcosa di stupido (o di ingenuo, a voler essere benigni). Insomma: è roba da poco furbi. Intelligente e furbo, in lingua inglese, si traducono con “smart”, anche se un amico britannico mi spiegava che, in realtà, essi usano tre termini: “intelligent”, quando si parla per esempio di uno studente che riesce subito a capire quello che gli si insegna, “clever”, riferendosi a qualcuno che riesce a trovare la soluzione non convenzionale, che riesce sempre a tirarsi fuori dal problema con astuzia, “smart” per definire la persona che è piena di talento, oltre che bello, elegante, brillante. Credo che noi stiamo franando – noi: la montagna e la società tutta – perché, invece di una società di veri intelligenti che mettono al primo posto la cura, quindi la costruzione del futuro, abbiamo lasciato che, negli ultimi venti/trent’anni, si condensasse (come un coagulo mortifero), una società di furbi. Questa frase del teologo  Vito Mancuso offre, in proposito, parecchi spunti di riflessione: “… in Italia i più ritengono che il singolo sia più importante della società, e per il bene del singolo non si esita a depredare il bene comune della società.

domenica 14 aprile 2013

DENIS MUKWEGE - UN UOMO SOLO CONTRO L'ORRORE DEGLI STUPRI DI GUERRA

Ho sempre pensato che il controllo delle donne, il controllo ossessivo della loro sessualità e del loro utero da parte di tutte le religioni fosse, appunto, un controllo legato alla riproduzione e, dunque, al bisogno dei maschi di sapersi il vero padre dei figli della propria donna.
Non è così. Alla luce di quello che è lo stupro di guerra, ma anche lo stupro in generale, credo proprio che il motivo sia un altro.
Probabilmente le antiche religioni, nate prima di qualsiasi legislazione statale, orale o scritta, si erano trovate davanti ad una situazione spaventosa che riguardava le donne. Probabilmente avevano tentato di arginare, in qualche modo, l'orrore.
Dicono, alcuni miei allievi musulmani, che il Profeta sia venuto perché, prima di lui, le famiglie rifiutavano le figlie femmine e le seppellivano vive nella sabbia. Il Corano tenta una protezione della donna, coprendola, ma anche facendone una sposa il prima possibile, con tanto di doveri da parte del marito. Che poi gli uomini abbiano trovato il modo per eludere i loro doveri, questa è un'altra storia. La tradizione delle bambine "esposte" e poi avviate alla prostituzione nell'antica Grecia è cosa risaputa.
I maschi sanno di quanto terrore e violenza sono capaci; i maschi soldati diventano macchine capaci di sventrare una bambina senza farsi problemi. I maschi umani sono l'unico animale sulla terra a fare dello stupro una tortura. Hanno un cervello capace di immaginare e hanno le mani capaci di usare oggetti. Così diventano non delle bestie, ma dei demoni, dei mostri, degli esseri spaventosi e di una crudeltà inaudita. Anche tra gli animali esiste lo stupro, ma essi non sono in grado di usare sulla femmina oggetti, armi, vetri, coltelli, fuoco, benzina... 
I maschi sapevano anche millenni fa di quanto orrore erano capaci e di quale pericolo correvano le loro figlie, mogli, madri, sorelle; ecco perché dagli Ebrei, agli Arabi, agli Hindu, tutti cercano di proteggere le donne di casa obbligandole a seguire regole ferree. Le antiche religioni patriarcali rinchiudono le donne in una prigionia vigilata per tutta la vita; gli uomini rinchiudono le donne per essere liberi - loro - di muoversi - anche di stuprare le donne non custodite -, sapendo però al sicuro le proprie.
Quello che sta succedendo in Congo è una devastazione sul corpo delle donne senza limiti; perché nessuno ne prende atto. Nessuno. Nonostante tutti sappiano. E c'è questo medico, il dottor Mukwege, che sta rischiando la propria vita non solo per salvare queste donne, ma anche per far conoscere al mondo il volto vero dell'inferno. 

(Normanna Albertini)


Denis Mukwege: l’uomo che ha curato 40 mila donne vittime di violenze sessuali

Scritto da: Nima Mirzabeyk 3 febbraio 2013 

Denis Mukwege è un ginecologo congolese che in tredici anni ha operato e curato oltre quaranta mila donne vittime di violenze sessuali. Hanno provato ad ucciderlo, comprarlo o zittirlo, ma senza successo.

Denis Mukwege è un gigante dalla voce ferma e suadente, trasmette calma e fiducia quando parla e per come si muove. Le Monde gli ha dedicato un articolo per accendere un faro sulla disperata situazione delle donne nella Repubblica

Democratica del Congo. Tredici anni fa ha fondato l’ospedale Panzi vicino a Bukavu, all’estremo est di quest’immensa nazione incastonata nel centro dell’Africa tra paesi in procinto di entrare in guerra tra loro ogni giorno o di disgregarsi sotto i colpi di movimenti armati intestini.
Questo ginecologo di 57 anni, specializzatosi in Francia, dal 1999 accoglie donne vittime di ogni sorta di violenza sessuale; è una celebrità non solo nel suo paese ma anche nella comunità internazionale ed ora, passa la sua vita a tenere simposi, convegni e a parlare ovunque gliene diano l’opportunità per spiegare il dramma della violenza sessuale che sono costrette a vivere le donne nel suo paese. Più volte il suo nome è stato
avvicinato come possibile vincitore del premio Nobel per la pace, nel corso della sua vita ha accumulato decine di premi ed onoreficenze ma, nelle interviste che rilascia, sembrerebbe volerne fare volentieri a meno, se solo riuscisse a convincere la comunità internazionale a fare qualcosa.

La sua celebrità è arrivata anche a orecchie avverse tanto che, il 25 ottobre del 2012, cinque uomini armati hanno fatto irruzione nella sua abitazione immobilizzando le guardie del corpo, i domestici e la famiglia in attesa del suo ritorno. Appena la sua auto ha imboccato il vialetto d’ingresso, i cinque gli sono piombati addosso, l’hanno fatto scendere con una pistola puntata alla tempia. Quando ormai ogni speranza era andata, uno degli uomini della sicurezza è piombato, urlando, addosso al sicario. Qualcuno ha fatto fuoco uccidendolo con due colpi di pistola ed il dottor Mukwege nella confusione si è ritrovato a terra tra il sibilo delle pallottole. La guardia del corpo ha sacrificato la propria vita, concedendo quei secondi preziosi che hanno salvato quella del dottore e delle persone a lui vicine. Presi dal panico i cinque sicari sono fuggiti a bordo dell’auto della famiglia Mukwege. Questo però non è il primo attentato ai danni del dottore che si sente “un miracolato, sono sopravvissuto a sei attentati” dice, con il suo consueto tono pacato “ormai sono convinto di avere una protezione divina”.