lunedì 31 maggio 2021

LE PIETRE SACRE DI CERIOLA - STORIE VERE DAL BOSCO DAL CIELO E DAL FIUME


 Sono lì, all’aperto, sotto le intemperie, da migliaia di anni. Enormi massi che si palesano tra gli alberi, pietre sulle quali si individuano coppelle, petroglifi, camminamenti nella roccia. Quel monte, quei sassi sono visibili a tutti da sempre. Li ricopre soltanto la vegetazione - il muschio e l’edera soprattutto - rimossi dagli appassionati di bouldering: gli arrampicatori. Può darsi che siano stati proprio questi a imbattersi, per primi, nel mistero dell’intrigante località a due passi da Ceriola, nel comune di Carpineti.

Elena Magliano, giovane mamma di Felina, sa di cosa si tratta proprio per lo sport praticato dal figlio Francesco: “È un posto magico! Come si imbocca la carraia adiacente alla strada comunale, il bosco sembra infittirsi, quasi a voler nascondere un tesoro. Avanzando ancora un po’, si inizia a intravedere il primo grande masso e, poco più avanti, una radura da cui si diramano i sentierini che portano fino a Ceriola alta. Ho scoperto questi ‘sassi’ grazie a mio figlio Francesco e alla sua passione per l'arrampicata. Fin dal primo istante abbiamo avuto la sensazione di essere minuscoli frammenti in anni di storia: le incisioni lo dimostrano e non abbiamo potuto fare altro che porci delle domande sulla loro natura. È un luogo semplice da raggiungere ma, nonostante questo, poco conosciuto in Appennino. Racchiude sport, natura e cultura e va rispettato. Il mondo degli arrampicatori (almeno quelli che conosco io ), ama i luoghi che frequenta e li rispetta!”

Anche Daniele Canossini, da quarant’anni guida ambientale escursionistica, già collaboratore con enti pubblici, privati ed editori per la stesura di guide e cartine, racconta di come li ha scoperti.


“Durante un lavoro per il comune di Carpineti, nel 1989, individuai un percorso (sulla guida è diventato il P, sulla carta di oggi il 618N) tra La Gatta e il monte Fòsola, attraverso un castagneto dove enormi massi componevano figure strane. Tornandoci, negli anni successivi, diversi angoli di questo bosco mi svelarono tagli improvvisi, rocce gemelle spianate con cura, poi un monte livellato e tre rocce a comporre una sorta di dolmen. Confrontando tutto ciò con altri siti simili (il vallone di Pezzalunga o dell’Inferno, sotto La Nuda), assicuro che si ha la sensazione, entrandoci, di profanare luoghi sacri di qualche antica civiltà.”

Molti di questi massi sembrano provenire da un crollo, da una frana, però l’insieme ricorda una sorta di santuario. La suggestione - ha ragione Canossini - è davvero tanta: “Vi sono quattro siti principali: uno riguarda i massi ai piedi del monte Sassoso, appena sopra la strada. Ce n’è uno, con incisioni a losanga, che sembra raffigurare un parto, mentre, sulla sommità concava, forse modellata di proposito, si trova una croce incisa. Era tipico dei cristiani cambiare la religione ai luoghi sacri ‘pagani’ incidendovi croci; sapevano benissimo cosa rappresentava quella pietra, non facevano croci a caso. La seconda zona sacra è una specie di "acropoli": il Monte Sassoso, sulle carte, una replica in piccolo della Pietra di Bismantova… stessa forma e orientamento.


La spianata sud est, come per la sorella maggiore, presenta incisioni, coppelle scavate, file di sedute orientate verso l’alba di solstizi o verso i tramonti, allineamenti incisi: sembra un santuario solare. Questi segni si ripetono poi su tutta la sommità e, lungo il bordo, vi sono buche quadrate, scavate nella roccia forse a sorreggere una palizzata. Il terzo sito sono i massi ai piedi dell’ ‘acropoli’, disposti lungo un fosso (un ruscello, nei tempi remoti di un clima diverso). Vi sono segni di tagli e rocce spianate posizionate lungo l’acqua: con il sole e il parto, i misteri sacri di una civiltà molto semplice. Il quarto sito è il monte Lagoforno, più in alto. È pareggiato in cima, di sicuro non per cause naturali. C’è un grande masso coppellato lungo le pendici e poi una grotta che pare non dovuta a intervento umano. Davanti all'ingresso, c’è una pietra piatta e concava con uno sfogo a filo, come per far defluire liquidi. Oltre, un’apertura simile a un camino. Nell’ultimo secolo è diventata metato per le castagne e rifugio in tempo di guerra.