Senza fiato sulla montagna
La mia vita è senza fiato in cima
a questa montagna. Non so cosa sarei se non accettassi il mio momento. Non so
cosa sarebbe stato di me se non l’avessi sempre accettato.
Arrampicarsi, un passo dopo
l’altro, e collegare il battito cardiaco con il respiro.
Eppure, trovarsi senza fiato.
Imparare a prendere su di sé il momento, rispettare il bisogno del respiro, è
lezione della montagna.
In cima alla montagna, rivedo una
bambina con i lunghi capelli al vento. Ammirava il cielo e la terra. Non aveva
visto altro che montagne. Era lì, in cima alla montagna, dove si trova ora il
mio punto di arrivo. La bambina sapeva che oltre, più in alto, non si poteva
osare, perché sarebbero servite le ali; sapeva, dunque, che quella era la sua conquista,
era il successo, la vittoria.
Un valore senza imbrogli. Sapeva
che, poi, si doveva scendere. Che tutti, prima o poi, scendiamo.
Anche il scendere, il cadere, il
rotolare e scivolare in basso è lezione della montagna.
Sono in pace con la bambina che
sono stata, sono orgogliosa di lei. Delle sue corse in salita per i castagneti,
dei fossi scroscianti oltrepassati con un salto. La ringrazio e posso solo
dirle: «Non avresti potuto fare di più, non avresti potuto fare meglio. Brava.
Hai colto e imparato tutte le lezioni della montagna». Per ora, cammino ancora
in salita, il sorriso in faccia al sole e l’entusiasmo a protezione, perché
ancora non ho finito di raggiungere la cima. C’è sempre una punta, una sommità
che si rivela, più in alto, quando si arriva, e allora si ricomincia l’arrampicata.
Poi, lo so che ci sarà l’apice,
la guglia ultima, e che il buon risultato, il premio, consisterà nel cammino, negli
incontri, nell’aver guardato a fianco, non certo nell’aver toccato l’ultima
meta.
È lezione della montagna, sapere
che le cime ne nascondono altre.
Ci sarà bene una farmacia da
queste parti. In fondo, c’è persino il municipio. È mattina presto, è inverno,
non un’anima in giro. Sì, la farmacia è proprio lì, sulla piazza, devo solo
parcheggiare ed entrare. Spingo la porta: è chiusa. Da un baretto seminascosto esce
una signora:
«Ah, guardi: il farmacista è
dentro a prendere il caffè, ma vedrà che arriva subito…»
Aspetto. Niente. Si vede che,
oltre al caffè, il farmacista aveva da espletare qualche ‘grossa’ funzione
corporale, penso. Così non ho nemmeno bisogno di mandarcelo!
Mi viene da stramaledire i
montanari e la loro trascuratezza nei confronti dei turisti o anche solo di chi
passa per caso, poi faccio mente locale e ricordo a me stessa che pure io sono
montanara.
Subito dopo si riaffaccia in me
il pensiero razzista:«Vero che sono montanara, ma mica vengo da questi luoghi.
Qui saranno tutti discendenti degli uomini colpiti dal bando di qualche duca e
mandati al confino tra questi boschi. Banditi figli di banditi ».
Calma: non posso davvero
abbandonarmi a concetti tanto meschini! Se lo faccio io, cosa posso aspettarmi
dai forestieri? È lezione della montagna essere ruvidi e diffidare di chiunque,
poi, però, riflettere e accogliere.
La montagna è una mescolanza di
chi ci abita, di chi l’ha lasciata per poi tornare, di chi l’ha scelta per
viverci, magari spostandosi da Londra, di chi la percorre con rispetto e
ammirazione per puro piacere, di chi, escursionista più o meno occasionale, la
vede e la usa (e ne abusa) come se fosse Mirabilandia. O pretende che
corrisponda alle scenografie dei film di Walt Disney. Intanto, le pecore,
accidenti – dice qualcuno - fanno la cacca e sporcano le praterie, poi, le reti
arancioni anti lupo sono brutte da vedere. Poi, i cani maremmani, gli unici in
grado di difendere le greggi dai predatori, sono pericolosi. Tutti gli animali
sono uguali, ma qualche animale lo è di più, insomma. Per fortuna i lupi non
attaccano l’uomo, altrimenti, per alcuni viaggiatori – che probabilmente si
sentono pure animalisti, ma solo per i cani e i gatti di casa - sarebbero già
stati tutti abbattuti. Che poi, trovi gli incarti dello snak alla frutta
addizionato di magnesio e del prodotto dietetico per sportivi a base di
carboidrati e caffeina abbandonati in alta quota. Tanto, lì ci sono solo pecore
e marmotte. E quei mostri dei maremmani. E le croci sulle sommità, che per gli
atei integralisti andrebbero divelte, perché sono simboli religiosi, quando non
diventano palestre per arrampicarcisi e farsi la foto, tanto chi se ne frega se
poi si spezzano.