giovedì 13 settembre 2018

TRE POETI - POESIE DEI FINALISTI DEL PREMIO LUCIANO SERRA


Alcune delle mie poesie presenti nel volume




















 Elissa

Vanno e tornano,
le onde; danzano,
lisciano la riva; la mordono
e consumano. Limano
le asperità sue,
incompiute.
La insaporiscono d’alghe morte
e sale.
E qui giungesti profuga,
Elissa, che Sicharbas, l’anima
del tuo amato
– vai, vai lontano –
t’aveva detto.
E tu dormivi.

Più debole appare la donna
nel sonno, nel dolore; 
le parlano, placati,
numi e spiriti,
quando in altro modo (vili?),
la ignorano.

- Vai, vai lontano – e tu fuggisti
con le navi e Anna e gli averi
del tuo Sicharbas, trucidato dal re,
e di Tiro i cittadini a te fedeli.

Ideasti, nella terra dell’approdo,
di nastri una cornice
limitante
ventidue stadi;
pelle di bue a strisce, a fili:
il perimetro
della bella Cartago. 

Pensava, il sovrano Iarba,
d’ingannarti
di farti sua.
(E tu ingannasti lui)

Andavano, tornavano
(i principi numidi e Iarba, il re)
insistevano.
Possederti era l’intento,
intaccando
le tue increspature,
levigando volontà e coraggio,
revocando la tua libertà.

Avanzano e ripiegano,
i frangenti del tuo mare,
insistenti.
- Sì, sarò tua sposa – hai detto.
(l’hai truffato, Iarba, ancora)

S’aggirava, gonfio il petto,
a gloriarsi:
predatore, tu preda;
il dominio, la vittoria,
il piacere dell’abuso
eran ghigno sul suo viso.

(E il poeta t’abusò, poi,
ancora,
mentendo - narrando,
per cancellarti com’eri -
la tua passione per Enea,
e di te disperata
e di te, non voluta,
che peristi)

Affrancata vivevi, Elissa Didone,
come le onde,
e pur l’aveva appreso, Virgilio
il menzognero.

Fiera,
respirasti il tuo mare,
la risacca e i bianchi flutti
e l’ostro salino.

A fondo ficcasti la spada
nelle viscere tue.
- Eccomi, vengo da te, mio Sicharbas-

(e lui, che, t’amava, t’attendeva)


Sidereus nuncius

È solo abbaglio la purezza degli astri.
Questo aveva afferrato
il suo occhio
studiando i cieli
dal cristallo di vetro.

Eccoli allora i tutori della verità, i chierici:
- Non puoi tu divulgare contro la Bibbia teorie empie -
A Roma, lo reclamarono,
lo citarono in giudizio.

Da lontano, al confino sul colle
di Arcetri, guardò ancora le stelle
e guardò il mondo ottuso;
incapace di riconoscere

il dono.



Diciotto anni

Insolito monumento
di cupa solitudine.
Sono morti troppo bene
questi diciott’anni
troppo bene.

Di fiori, le strade vestite
e di fontane ai bordi;
d’angosciosi dilemmi
colmi
i giorni.
(Hai visto? Che t’avevo detto?)

Vuote le pagine:
bianche
deserto
sgomento
e pochi minuti soltanto
pochi anni per riempirle.

Progettare un effetto di spazio
o soffocare
in assenza totale
d’aria
di colore
d’arcobaleni e mattini.

Noia (magma che assedia
e fagocita)
da intaccare, almeno.

E in ottobre le case
giaceranno abbandonate
tra cascate di nebbia,
e gli zingari accenderanno i fuochi
e un vecchio se ne andrà tremante
per un viottolo di foglie secche.


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