giovedì 9 febbraio 2012

BELLE E SELVATICHE, ELOGIO DELLE ERBACCE - PATRIZIA CECCONI

Patrizia Cecconi con Ermanno Beretti
Ha fondato in Sabina, praticamente tra erbe e ulivi, l’associazione culturale “Germogli”. Eppure è cittadina, nata e cresciuta a Roma, dove, oltre aver lavorato alla Banca d’Italia con Antonio Fazio, ha insegnato economia negli istituti superiori. L’aver messo “le mani nella terra”, dopo aver acquistato un uliveto, ha fatto scoprire a Patrizia Cecconi gli odori, i colori e i sapori dimenticati. Il tutto non contro, ma al di là delle mode, per ritrovare l’origine dei vari cibi e preparazioni. Piatti una volta considerati poveri, ma proprio poveri poveri, tratti dalla terra incolta, quelli che, per usare le parole di una vecchietta della Sabina, hanno impedito “…a chi canoscìa l’erbe de lu monte de morissi de fame”. Nel 2008 ha pubblicato, con l’editore Chimienti di Taranto, il libro “Belle e selvatiche - Elogio delle erbacce”, di cui è uscita nei mesi scorsi la seconda edizione, libro che nasce proprio dal considerare la vegetazione spontanea, quella calpestata ed estirpata, come un bene comune. Perché è ancora troppo lontana l’idea di riconoscere un valore a ciò che non ne ha di prontamente misurabile in moneta. Tanto che il nostro linguaggio, i nostri gusti, purtroppo anche il nostro pensiero, si adattano al pre-giudizio. Così troviamo brutto lo stesso cespuglio che, se messo in mostra col cartellino del prezzo, andiamo a comprare. Patrizia Cecconi è stata invitata a presentare il suo libro a Carpineti, durante una serata veramente affollata, arricchita anche dall’intervento di Ermanno Beretti, appassionato conoscitore di erbe selvatiche e del loro uso nella storia. Un incontro che si è concluso con l’“assaggio” di piatti a base di spontanee, sorprendenti per gusto e aspetto. A Patrizia abbiamo posto alcune domande.


Come nasce questa passione per le “erbacce”?

Circa dodici anni fa ho comprato un uliveto. Gli ulivi, regalo di Atena agli uomini, sono simbolo concreto di unione tra città e campagna, oltre che tra uomo e natura. L'ulivo non blocca la crescita di altre specie botaniche, anzi cresce bene pure in consociazione arborea e lascia crescere ai suoi piedi ogni tipo d’erba. Richiede cure adeguate per produrre di più ma, anche in stato di abbandono, offre i suoi frutti e migliora la qualità dell’aria.
Solo il gelo intenso può stroncarlo, eppure col tempo, dal ceppo torna a germogliare. È simbolo e metafora di un ideale di società in cui vi sia spazio per ogni differenza e in cui la tenacia che nasce dall’unione di ragione e passione superi le avversità contingenti. Ebbene: chiedendo ai contadini del luogo i nomi delle varie erbe spontanee, mi sentivo regolarmente rispondere: ‘…erbacce, vengono da sé, non valgono niente.’ Insomma, vegetali senza un peso economico, senza un valore in sé.


È questo che intende per pre-giudizio?

Rosanna Costi e Simone Bertani con il libro di Patrizia
E’ più facile spezzare l’atomo che il pregiudizio, diceva Einstein. Vale anche per il mondo vegetale. Se cambiamo la prospettiva, cambia la percezione dell’oggetto. Il linguaggio è frutto e segnale del valore che esprime, così come il pregiudizio è frutto e segnale di un modo di produzione del potere che si manifesta in mille diverse forme. Prendiamo ad esempio le cosiddette “erbaiole”, cioè le donne che conoscevano ed usavano le erbe. Bene, per loro c’era la scelta tra l’essere massaie e l’essere streghe. A parte qualche rarissima eccezione collocabile in un campo diverso. Prendiamo gli uomini che si occupavano di erbe. Per loro la scelta era più nobile: o botanici, o medici erboristi. Mai semplici erbaioli. Il linguaggio è importante, esso cela, e al tempo stesso svela, un sistema di pensiero. Cito dal libro: ‘Se ci si ferma a riflettere sul potere delle parole, ci si accorge di come queste possano formare una gabbia entro cui vengono racchiusi i pensieri. Così, analizzando il linguaggio dei più comuni manuali di giardinaggio(…) si scopre che fanno passare la convinzione che è bene chiudere la porta alle erbe “clandestine” pericolose e invadenti, lasciando libertà di soggiorno nei nostri giardini o nei nostri balconi solo a quelle che, muovendo denaro, fanno crescere il Pil… e facendo crescere il Pil diventano anche preziose, quindi …belle.’


È la resistenza delle erbacce ciò che infastidisce? Perché?

Non è un caso che molti popoli abbiano scelto come simbolo della loro esistenza, della vita che resiste, un’erbaccia resistente. Un esempio è la scelta di Handala, una pianta infestante della famiglia delle cucurbitacee che cresce in Medio Oriente e che suggerì al vignettista Nji Al Ali il nome da dare al protagonista del suo fumetto, appunto come simbolo di una resistenza che non può essere estirpata. Naji Al Ali è stato ucciso molti anni fa, ma il suo fumetto, coerentemente con l’erba da cui ha preso il nome, seguita a diffondersi.


Viene da pensare alla notizia di questi giorni, al “farinello” che sta infestando le coltivazioni di ogm negli Usa…

Il “farinello” (Chenopodium Album) era una pianticella innocua, se ne stava lì tranquilla, e io dico che si deve prendere sul serio la mitezza dei nonviolenti, perché è la loro forza. Cosa è successo? Che per sopravvivere, il povero “farinello” è diventato enorme, ha vinto tutti i diserbanti e ora sta soffocando le coltivazioni di vegetali ogm. Pare una vendetta postuma contro la Monsanto. La cosa incredibile è che questa pianta veniva coltivata per scopi alimentari dagli indiani del Nuovo Messico e dalle tribù dell'Arizona. Si chiama così perché anche da noi i semi erano usati come il riso oppure macinati per produrre farina; altrimenti si consumavano le giovani foglie in insalata o in minestra o cotte come gli spinaci. Anche dall'altra parte del mondo (India e zone temperate del'Himalaya) questa pianta è usata in cucina.


Perché parla di vendetta?

Penso a Rachel Carson, genetista e biologa marina nata nel 1907, che fu la prima a denunciare con forza l'uso crescente dei pesticidi e composti organici di sintesi in agricoltura, documentando i danni per la salute umana e per l'ambiente. E' stato proprio il suo libro Silent Spring (Primavera Silenziosa), pubblicato nel 1962, a svegliare la coscienza pubblica e a cambiare il corso della storia, segnando la nascita della tradizione ambientalista mondiale. La Carson si soffermava anche sugli effetti boomerang del massiccio impiego del Ddt che selezionava organismi ad esso sempre più resistenti, eliminando anche i loro antagonisti biologici. E chi produceva il Ddt? La Monsanto, che fece contro di lei una feroce campagna denigratoria. Rachel non visse abbastanza a lungo per vedere la messa al bando del Ddt. Morì di cancro al seno nel 1964. Ora il mite “farinello” le rende giustizia.


Torniamo alle nostre “belle e selvatiche”, è possibile che la crisi economica riporti in auge il loro utilizzo alimentare?

Temo di no, perché in genere chi si appassiona a queste cose lo fa per sfizio, non come scelta consapevole. Insomma: andare ogni tanto per prati a raccogliere erbe selvatiche da cucinare è chic e non lo fanno i poveri, perché vorrebbe dire ammettere e palesare la propria condizione di povertà. Purtroppo chi è nel bisogno riempie i carrelli dei supermercati di prodotti industriali, cibi preconfezionati, perché fanno status simbol, danno l’impressione di ricchezza. L’uso delle erbacce è ancora elitario e, addirittura, i ristoranti che le propongono hanno prezzi altissimi. Infatti, l’ortica secca nei supermercati costa 120 euro al chilo…


Erbacce...e Bismantova
Allora c’è qualcuno che ne ha capito il valore.

Certo, nonostante il disprezzo del perfetto giardiniere per le erbacce, c’è un mondo attento ai loro principi attivi. Questo non è precisamente il mondo degli amanti della natura, ma piuttosto il mondo delle multinazionali farmaceutiche, le quali, dove hanno scoperto che potevano appropriarsi dei principi attivi delle piante, hanno cercato di farle brevettare per impedirne la raccolta ed il consumo. Visto come un bene comune, dileggiato perché considerato di poco valore, prima o poi trova sempre qualcuno che prova a renderlo bene privato, privandone l’uso alla comunità. Le piante officinali hanno resistito allo sterminio in passato e sono state accudite nelle erboristerie dei monasteri, reggendo pure l’impatto con la chimica farmaceutica. Le piante che questo libro propone, pur essendo erboristicamente utilissime, non hanno beneficiato di analoga cura. Anzi, vengono considerate addirittura dannose, oltre che, ovviamente, brutte e inutili. Ma non è così, ed è questo che spiego.


Un libro ricco anche di ricette, dove le ha recuperate?

In Sabina, terra che è stata davvero poverissima fino a pochi decenni fa, ho scoperto l’uso alimentare di molte spontanee. L’equiseto, per esempio. Fritto in pastella, con olio d’oliva (tutti materiali reperibili in zona) è eccellente e di alto valore nutritivo. Le donne anziane le chiamano “ricette di guerra”, e si capisce bene il perché.


Le piante non rispettano le frontiere, arrivano e si insediano senza chiedere il permesso. Un po’ come gli esseri umani?

Le piante “migranti” sono quelle che hanno consentito all’Italia, da 500 anni a questa parte, di inventare la dieta mediterranea. Pensate ai pomodori, alle patate, al peperone. Non si potrebbe nemmeno mangiare una pizza senza le piante arrivate da fuori. E che sarebbe la Sicilia, senza le arance arrivate dall’oriente? Anche la robinia e l’ailanto, preziosi per rinsaldare le frane, vengono dall’America; eppure, si parla di loro come “infestanti”. Il linguaggio usato dai manuali di giardinaggio ce le fa percepire come veri “vegetali canaglia” contro cui è lecito, in totale assenza di tutele legali come spesso va di moda, utilizzare ogni arma. Insomma, nel rapporto con la natura vegetale l’essere umano ha riversato la sua immagine di mondo e il linguaggio delle botanica è lo stesso usato nei confronti di certi popoli e persone. Lasciare invece “libertà di cittadinanza e di asilo” nei campi e nei giardini alle erbe spontanee, permetterà di utilizzarle senza distruggerle e alla fine porterà ad apprezzare la loro bellezza... anche se non si paga.

Nessun commento:

Posta un commento