giovedì 24 dicembre 2020

KOKO IL KARTONERO - DALLA BOLIVIA ALLA MONTAGNA REGGIANA

 

Diversi, come i pezzi di cartone. Koko il Kartonero




Tito Jorge Burgoa Arnez (Koko) è boliviano, di Cochabamba. Ora vive a Palareto, piccolissimo borgo nei dintorni di Felina, in provincia di Reggio Emilia, e c’è chi parla (soprattutto i bambini) di “un boliviano stravagante, montanaro, che riporta in vita ciò che gli altri disprezzano e che offre laboratori gratuiti”.

Koko è figlio di quella Bolivia dove Luis Arce, neo presidente eletto, ha appena dichiarato, a fine elezioni, che i partiti di destra non avrebbero mai potuto battere il Movimento per il socialismo (MAS). “Siamo la maggioranza, più del 50 per cento”, ha detto l'ex ministro dell’economia. E quando il cronista della Bbc ha insinuato che le elezioni dello scorso anno risultavano dubbie a causa delle accuse di brogli, Arce ha replicato:

“L’anno scorso non ci sono state frodi. È stato un colpo di stato dei partiti di destra che non potranno mai batterci alle elezioni. L'unico modo in cui loro possono ottenere il potere è attraverso un colpo di stato ”.

È passato un anno da quando le accuse di frode e le manifestazioni di attivisti provenienti dalla classe media boliviana avevano portato alle dimissioni e alla partenza del presidente Evo Morales; il 18 ottobre 2020, i boliviani sono dunque tornati alle urne, pur in mezzo alla pandemia Covid19 (che ora affligge gran parte del Sudamerica e che aveva già costretto a rinviare le votazioni).

Il socialista Luis Arce, il candidato sostenuto dall'ex presidente Evo Morales, ha vinto con una differenza tale da evitare un ballottaggio con il suo rivale conservatore Carlos Mesa.

“Abbiamo ritrovato la democrazia e, soprattutto, i boliviani hanno ritrovato la speranza”, ha detto Arce in una breve conferenza stampa a La Paz lunedì mattina presto.

“Lavoreremo per tutti i boliviani, costruiremo un governo di unità nazionale, costruiremo l'unità del nostro paese”, ha poi aggiunto.

Nonostante il timore di disordini dovuti alla profonda polarizzazione della società boliviana, il voto si è svolto in un clima teso, ma senza violenza. “La vittoria di @BOmereceMAS in Bolivia non è solo una buona notizia per quelli di noi che difendono la democrazia in America Latina; è anche un atto di giustizia di fronte all'aggressione subita dal popolo boliviano ”, ha detto in un tweet il presidente argentino Alberto Fernández.

Tito Jorge Burgoa Arnez (Koko), già responsabile per un famoso quotidiano della comunicazione visiva, illustratore, serigrafo, artigiano, grafico umorista, grafico e trainer paralimpico di non vedenti, ha seguito questi avvenimenti dall’Italia ed è ben felice del risultato elettorale.

Un bel giorno, diversi anni fa, Koko prese una decisione che lui stesso definisce folle: lasciò il suo lavoro di graphic designer presso un grande giornale, andò a cercare del cartone ondulato e iniziò a costruire il suo primo mobile usando quel materiale, senza chiedere alcun consiglio e senza avere nessuna esperienza. Gli ci vollero due mesi per ottenere una scrivania.

“Koko, il kartonero”: è così che preferisce essere chiamato ora..

A Cochabamba e nel resto dei dipartimenti della Bolivia, l'attivista ecologico aveva divulgato il suo principio, le sue idee in difesa della Terra, realizzando mobili, giocattoli, accessori e altri prodotti sempre e solo con materiali riciclati. Portando le stesse idee, aveva rappresentato il Paese ai “Latin America Green Awards” e all’ “Energy Globe”. Il suo riconoscimento è ora a livello internazionale.

Il 3 marzo 2012, Koko diede infatti vita a “Enkarte”, un progetto di volontariato da lui stesso portato avanti con i bambini di strada, le persone con disabilità e altre persone bisognose. “Enkarte cerca di generare consapevolezza ecologica e sociale, realizzando oggetti con materiali come il cartone, per generare solidarietà e aiutare i settori vulnerabili”, spiega, per chiarire che non è solo una micro-impresa, ma anche un movimento, una filosofia di vita al servizio dei più poveri e bisognosi.

Enkarte segue la regola ecologica delle tre R: ridurre, riutilizzare e riciclare (in questo caso il cartone per la produzione di mobili). A questo si aggiunge un'altra R: il reinserimento lavorativo, con l’intento di insegnare come costruire questi mobili alle persone con disabilità, a basso reddito e anche agli imprenditori. Oltre ad essere mobili ecologici, sono progettati per avere tre funzioni aggiuntive ed essere complementari tra loro in modo che insieme creino nuove strutture. Ad esempio, una scrivania diventa un componibile o un componibile un divano. Burgoa ha creato la “eco desk”, che in un certo senso è un tavolino, ma che diventa un componibile e una piccola scrivania. Ciascuno dei mobili è sigillato e impermeabilizzato prima della verniciatura.

Un altro aspetto molto importante del progetto è offrire alternative ai settori meno favoriti della società. Questo avviene attraverso laboratori gratuiti in cui alle persone viene insegnato a realizzare i propri mobili in cartone.


Com’è finito sulla montagna reggiana un boliviano che riporta in vita materiale destinato alle discariche? E perché i bambini del luogo lo conoscono tanto bene?

È arrivato in Appennino per amore, dopo aver incontrato Chiara, ora sua moglie, allora volontaria alla “Casa de los niños” a Cochabamba. L’ha seguita in Italia, ma non ha rinunciato alla sfida di costruire mobili in cartone recuperato, attività solidale che nel suo Paese coinvolge ora centinaia di persone svantaggiate.

La sostenibilità ambientale diventa anche strumento per donare un’opportunità di riscatto e di crescita a tante persone. Persone svantaggiate per condizione sociale o difficoltà familiari o a causa di una catastrofe. Lui stesso, come già detto, ha svolto attività formativa, come volontario, per bambini di strada e persone diversamente abili.

“La società è composta da soggetti tutti diversi, come i pezzi di cartone”, dice, quel cartone che lui combina in modo geniale per produrre le sue scaffalature. È la commistione delle differenze, nelle comunità umane così come nei mobili di cartone, a decretare la reale tenuta agli urti - metaforici e non. Facendo questo lavoro, sente di stare mettendo in pratica gli insegnamenti essenziali dei suoi genitori: “rispetta la natura e aiuta gli altri”.

I bambini lo conoscono perché gli istituti scolastici, grazie a lui, hanno attivato progetti per portare gli alunni e gli studenti a scoprire come il cartone, destinato al macero, possa trovare nuova vita e diventare un mobile. Alle scuole di Felina, per esempio, oppure nei centri estivi: un pezzettino di cartone alla volta, i ragazzi hanno creato un cubo in grado di sopportare 100 kg di peso: unendo i ritagli si ottiene una struttura davvero resistente che necessita solo di colla, scotch, carta, un po’ di acqua e tanta pazienza, in un’ottica di vera sostenibilità.

E così come tanti pezzettini incollati creano un mobile, la collaborazione di ciascuno è indispensabile alla riuscita del lavoro: l’unione fa la forza.


“Ho sempre affermato che le mie attività non conoscono confini di alcun tipo, ma mi mancano la mia famiglia, i bambini delle ‘case’ e tutte le persone con cui ho vissuto”, racconta, e continua: “Ho il privilegio di trovarmi ora in questo piccolo angolo di mondo. Sono in mezzo ai boschi, in montagna, lontano dalle città e qui mi sto davvero curando dall’inquinamento. Mi diverto anche a giocare con le mucche, ad ammirare la libertà degli animali selvatici, a bere acqua di sorgente e mi perdo al canto degli uccelli. Mi sento protetto dalla natura e dalla nuova famiglia che mi ha accolto in modo incredibile. Quando è iniziata la pandemia, mi sentivo come se fossi in un film apocalittico. Nel primo periodo, stavo conducendo seminari nell'attuale zona rossa. Molti Paesi europei dispongono di sistemi sanitari all'avanguardia, ma nessun governo era preparato per una pandemia di questa portata. Ciò che mi confonde è che in alcuni paesi sudamericani, come la Bolivia, hanno dato la priorità ad altri problemi invece che alla salute. Non riesco ancora a credere che abbiano stanziato fondi in armi, affittato alberghi, e non abbiano attrezzato ospedali, medici e infermieri”. Appena l’emergenza Coronavirus sarà terminata, Koko dice che vuole tornare in Bolivia, abbracciare la sua famiglia, intraprendere un seminario alla “Casa de los Niños” e recarsi in tutti i paesi in cui è stato invitato a tenere seminari.


Koko Burgoa, l’appassionato attivista che si è preso l’impegno di prendersi cura del pianeta realizzando mobili e accessori con cartone riciclato, ora offre la sua conoscenza gratuitamente, attraverso lezioni virtuali sul suo canale YouTube “Koko El Kartonero” e la sua pagina Facebook Enkarte. Il fatto che si trovi in ​​Italia non impedisce al cochabambino di continuare a rispondere al suo senso di responsabilità sociale. Pertanto, l’appuntamento quotidiano è online alle 18:00 (ora boliviana) con “En Kasa”.

“Spegniamo tutte le fiamme”, dice Koko dopo le elezioni, “quelle delle nostre foreste e quelle che ci separano come società”.





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