giovedì 22 ottobre 2020

SCRIVO POESIE

 

Scrivo poesie perché tu non lo fai,

per strapparmi dall’anima le spine 

e far saltar le idee come bambini,

come fili danzanti sugli arcolai

o gazze e passeri a beccar susine.

Lo so: lei è isola alla deriva

in onda distruttiva

d’impulsi programmati, frivolezze, 

zapping, social e schermi di miserie;

rispunta tra macerie,

eppure, la poesia, e amarezze,

musa che incede, disturba, sorprende, 

ribelle amica che mai s’arrende.


Era il raro, il poeta, era il ritròso 

il parassita; era l’innamorato

di un linguaggio inutile, per pochi,

per gli amanti del dire acquitrinoso,

e tagliava erbacce, accendeva fuochi

tra le parole con dita efficienti

aspirando frammenti

di luci e tenebre, di urla, rottura

e spigoli, di volti sfilacciati. 

Non più così: paura

ha oggi, il poeta, poiché acclamati

sono i ritmi tecnologici, il rumore

l’ovvietà, le grida, lo squallore.


Poesia, tu non implori 

il permesso, non dai spiegazioni. 

Apro la porta ai tuoi colpi distorti, 

al divenire, alle sorti:

celebro il non sapere, le abdicazioni,

celebro l'eccesso e la perplessità

e ti scrivo, poesia, con felicità.



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