giovedì 22 ottobre 2020

POESIE FINALISTE AL CONCORSO NAZIONALE "ESSERE DONNA OGGI" 2020

 

Non hai dimenticato


Tutto è nel tuo grido: la selva,

l’acqua, le fiamme

la resistenza del mondo, le gemme,

la fame e la quiete della belva.


Ogni gesto d’amore, le voci,

e le farfalle ad ogni primavera,

le lacrime a irrorare la semina

per uscire viva dalla bufera.

Non hai dimenticato mai la libertà,

donna, fiera: lei è ciò che illumina.


Tuo grido, forza che contamina,

carne partoriente

che dal naufragio fugge dirompente

e l’universo protegge, e salva.













Diffida dei demoni


Diffida sempre delle stelle ardenti

dell’infinità procace dei mari

della purezza di boschi accoglienti.


Diffida di realtà commoventi,

di ombre infelici, di luci spavalde,

non fidarti dei demoni dormienti:


solo fidati delle parole salde

che piano l’anima sussurra, calde.






  

Mi piace essere donna


Mi piace esser donna,

perché ho la mollezza

della luce in collina;

mi piace perché, a voler essere precisi,

ho la malleabilità del crepuscolo

sui declivi,

nelle sere d’ottobre.


Ad essere più esatti,

amo la mia luce morbida di madre,

quella della brina sui colli

nell’autunno generoso

di pere, sorbe e castagne.


A voler essere pedanti

amo la luminosità di ogni donna,

quella della luce sui colli, o sul mare

(poco importa), o sui monti,

quella dei deserti,

in autunno, inverno,

primavera, estate,


la luce del grembo che crea

anche quando non genera.




 

Non cercare la memoria


Non cercare la sua memoria

nelle pieghe senili della storia.


Stanco è il bianco della sua pelle,

violacea la bocca,

ha ferite sulla carne ribelle,

timorosa nella nebbia barocca.

L’amore trabocca:

vuole verità, pace, non vittoria.


Non cercare le donne

nel ruggito temerario del vento,

cercale nel tempio, son le colonne

che reggono l’umanità tutta,

loro, che il mondo sfrutta

ubriaco di potenza illusoria.












Non sono un ruolo


Mi sono stesa sui flutti ninnanti

dietro solo paura,

sul mare, campo dopo l’aratura,

piango e rastrello i miei frammenti erranti.


Cerco l’eco del mio silenzio,

l’ombra triste dei loro idoli malvagi,

i morsi della polvere sul volto,

il sale degl’infiniti naufragi,

insulti medicati con l’assenzio:

il mio essere persona travolto.


Non sono un ruolo, sono spazio incolto

mi alzo come la luna!

Io mi alzo in piedi sulla laguna

e dico: mai più avrete i miei pianti.







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