giovedì 30 gennaio 2020

SENZA FIATO - DEL VIVERE IN MONTAGNA

Senza fiato sulla montagna

La mia vita è senza fiato in cima a questa montagna. Non so cosa sarei se non accettassi il mio momento. Non so cosa sarebbe stato di me se non l’avessi sempre accettato.
Arrampicarsi, un passo dopo l’altro, e collegare il battito cardiaco con il respiro.
Eppure, trovarsi senza fiato. Imparare a prendere su di sé il momento, rispettare il bisogno del respiro, è lezione della montagna.
In cima alla montagna, rivedo una bambina con i lunghi capelli al vento. Ammirava il cielo e la terra. Non aveva visto altro che montagne. Era lì, in cima alla montagna, dove si trova ora il mio punto di arrivo. La bambina sapeva che oltre, più in alto, non si poteva osare, perché sarebbero servite le ali; sapeva, dunque, che quella era la sua conquista, era il successo, la vittoria.
Un valore senza imbrogli. Sapeva che, poi, si doveva scendere. Che tutti, prima o poi, scendiamo.
Anche il scendere, il cadere, il rotolare e scivolare in basso è lezione della montagna.
Sono in pace con la bambina che sono stata, sono orgogliosa di lei. Delle sue corse in salita per i castagneti, dei fossi scroscianti oltrepassati con un salto. La ringrazio e posso solo dirle: «Non avresti potuto fare di più, non avresti potuto fare meglio. Brava. Hai colto e imparato tutte le lezioni della montagna». Per ora, cammino ancora in salita, il sorriso in faccia al sole e l’entusiasmo a protezione, perché ancora non ho finito di raggiungere la cima. C’è sempre una punta, una sommità che si rivela, più in alto, quando si arriva, e allora si ricomincia l’arrampicata.
Poi, lo so che ci sarà l’apice, la guglia ultima, e che il buon risultato, il premio, consisterà nel cammino, negli incontri, nell’aver guardato a fianco, non certo nell’aver toccato l’ultima meta.
È lezione della montagna, sapere che le cime ne nascondono altre.

Ci sarà bene una farmacia da queste parti. In fondo, c’è persino il municipio. È mattina presto, è inverno, non un’anima in giro. Sì, la farmacia è proprio lì, sulla piazza, devo solo parcheggiare ed entrare. Spingo la porta: è chiusa. Da un baretto seminascosto esce una signora:
«Ah, guardi: il farmacista è dentro a prendere il caffè, ma vedrà che arriva subito…»
Aspetto. Niente. Si vede che, oltre al caffè, il farmacista aveva da espletare qualche ‘grossa’ funzione corporale, penso. Così non ho nemmeno bisogno di mandarcelo!
Mi viene da stramaledire i montanari e la loro trascuratezza nei confronti dei turisti o anche solo di chi passa per caso, poi faccio mente locale e ricordo a me stessa che pure io sono montanara.
Subito dopo si riaffaccia in me il pensiero razzista:«Vero che sono montanara, ma mica vengo da questi luoghi. Qui saranno tutti discendenti degli uomini colpiti dal bando di qualche duca e mandati al confino tra questi boschi. Banditi figli di banditi ».
Calma: non posso davvero abbandonarmi a concetti tanto meschini! Se lo faccio io, cosa posso aspettarmi dai forestieri? È lezione della montagna essere ruvidi e diffidare di chiunque, poi, però, riflettere e accogliere.

La montagna è una mescolanza di chi ci abita, di chi l’ha lasciata per poi tornare, di chi l’ha scelta per viverci, magari spostandosi da Londra, di chi la percorre con rispetto e ammirazione per puro piacere, di chi, escursionista più o meno occasionale, la vede e la usa (e ne abusa) come se fosse Mirabilandia. O pretende che corrisponda alle scenografie dei film di Walt Disney. Intanto, le pecore, accidenti – dice qualcuno - fanno la cacca e sporcano le praterie, poi, le reti arancioni anti lupo sono brutte da vedere. Poi, i cani maremmani, gli unici in grado di difendere le greggi dai predatori, sono pericolosi. Tutti gli animali sono uguali, ma qualche animale lo è di più, insomma. Per fortuna i lupi non attaccano l’uomo, altrimenti, per alcuni viaggiatori – che probabilmente si sentono pure animalisti, ma solo per i cani e i gatti di casa - sarebbero già stati tutti abbattuti. Che poi, trovi gli incarti dello snak alla frutta addizionato di magnesio e del prodotto dietetico per sportivi a base di carboidrati e caffeina abbandonati in alta quota. Tanto, lì ci sono solo pecore e marmotte. E quei mostri dei maremmani. E le croci sulle sommità, che per gli atei integralisti andrebbero divelte, perché sono simboli religiosi, quando non diventano palestre per arrampicarcisi e farsi la foto, tanto chi se ne frega se poi si spezzano.

Per fortuna c’è il turista che ama davvero la montagna, e quello avrebbe diritto a trovare il farmacista in farmacia, non al bar. E ci sono i volontari (molti della pianura) che segnano e puliscono i sentieri e avrebbero diritto a non vedere rovinato il loro lavoro sia dagli autoctoni, sia dai gitanti.

La montagna è fatta di chi era emigrato ed è tornato. Ci sono, sono molti, sono dinamici, con tanta voglia di riportare socialità e vita nei borghi ormai semideserti. Mica facile. Perché, anche per loro, c’è qualcuno (tra coloro che esercitano nel piccolo il loro meschino ‘potere’) pronto a tagliar le gambe. Gente che non ha nemmeno consapevolezza del male che fa alla montagna. Insabbiare la creatività è sempre un delitto che crea indolenza, prima causa del declino del Paese intero.
Mai insabbiare la creatività, mai snobbarla, mai avvilirla e distruggerla: è lezione della montagna. Era semplice questione di sopravvivenza, la creatività, un tempo. È ciò che ha permesso ai montanari di sopravvivere. Anche cantando, suonando, componendo poesie, scolpendo legno e roccia, inventando e costruendo attrezzi per la casa, la campagna e le foreste.
La creatività che portava a raggiungere l’alba sempre, raggiungere le altezze, salire e salire, arrampicarsi fiduciosi nell’aurora.

Tra chi è tornato, c’è pure quello che è convinto di ritrovare i suoi coetanei e tutta la struttura sociale identica a quella di sessant’anni fa, e allora scatta una sorta di arroganza… “che a Milano qui, a   Milano là, a Genova qui, a Genova là…” poi, invece, la loro moglie non ha la patente, perché tanto in città non serviva. Questi ti trattano come se tu fossi ancora la bambina con i lunghi capelli al vento che si arrampicava correndo per i castagneti e saltava i fossi; ti trattano come se tu avessi le competenze di un’analfabeta e ti chiedono se davvero scrivi: «Davvero? E cosa? Ricette? Favole per i tuoi nipotini? Ah, sai… a Milano… la Mondadori… mica qua, neee…»
Chi in montagna ci abita da sempre, in genere si è comunque spostato per diversi periodi della propria vita: per studio, per lavoro, per vacanza. O, i più anziani, per il servizio militare. E non siamo analfabeti, anche se non abbiamo la Mondadori. Per tacere della patente, che Ugo Santini da Valbona ha guidato la sua Panda fino a novantacinque anni.


Eppure, ci sono particolarità che i montanari si portano dentro. I confini, la proprietà da difendere a ogni costo e il bisogno di esorcizzare la miseria, edificando case enormi, con stanze enormi, difficili da riscaldare, oppure ristrutturando le vecchie costruzioni con quel finto antico che le rende tutte uguali e tutte fuori dalla storia.
Non è solo il semplice cittadino a comportarsi così, pure gli amministratori non scherzano. La pietra di Luserna, con le incredibili colorazioni assolutamente inusuali nel nostro territorio, ha ormai tappezzato tutti i borghi rurali e anche i comuni capololuogo. Ci si abitua, pian piano ci si abitua.
Pian piano la si trova bella come un tavolo riverstito in laminato plastico.
Ci si abitua anche al fatto che qualcuno pretenda una strada di tre metri di larghezza in mezzo a vecchie case, dove prima c’era solo una carraia sterrata giusto adatta per un gregge di pecore.
«Di tre metri la voglio questa strada!» Sbraita il sindaco sotto elezioni, e tu devi armarti di tanta pazienza (e soldi), cercare un buon tecnico per rifare le misure dei confini e un buon avvocato per difenderti dalle accuse di “occupazione abusiva di sedime stradale”.

È buona lezione della montagna dubitare di chiunque. Del forestiero, certo, ma poi del Duca, del Duce. Del potere.


1 commento:

  1. Di chiunque.... Ma comunque aprirsi al mondo portandosi dietro il dubbio��

    RispondiElimina