sabato 20 dicembre 2014

A NOVECENTO ANNI DALLA MORTE DI MATILDE DI CANOSSA, DONNA D'EUROPA

A novecento anni dalla morte di Matilde  


12-12-2014 / LA NOSTRA STORIA / NORMANNA ALBERTINI
REGGIO EMILIA, 12 dicembre - Il melograno sta lì, giusto prima di incamminarsi per lo sperone roccioso dove resistono poche vestigia del castello. Certo, la pianta non risale all’anno Mille, agli anni di Matilde: è alberello giovane, di vivaio. Il melograno, anzi, il suo frutto, è però legato al luogo, essendo diventato, nei secoli, il simbolo di quella grande donna che con una melagrana in mano – dorata, spaccata a mostrare i chicchi rosso rubino – è spesso raffigurata nelle pitture.
Biondo frutto, tenace e fulvo come la contessa e, allo stesso tempo, come lei simbolo di fecondità, ingengo e passione che rendono produttive e fiorenti le terre insieme ai popoli che le abitano. Bisogna venirci, a Canossa, per capire fino in fondo quanto la forza, la personalità, il coraggio e il fascino di questa donna siano ancora tutt’uno con il paesaggio, con le colline flessuose, sensuali, digradanti fino al fiume Enza e alla pianura; con le Alpi, lontane, a Nord, bianche di neve; con i boschi e i monti che, a Sud, salgono verso la magnificenza della rupe di Bismantova e il ventaglio del crinale appenninico.
Territori profondamente marcati dallo spirito di questa “domina” che, nel fluire tormentato dei secoli, pare aver lasciato in eredità la sua energia, incisa a fondo nelle linee e negli spazi geografici ma anche nel carattere orgoglioso e intraprendente delle sue genti.
Illuminata donna, immensa per potere e influenza politica, Matilde di Toscana fu la prima persona di sesso femminile a essere seppellita nella Basilica di San Pietro in Vaticano, proprio vicino, ora, alla Pietà di Michelangelo.
Dopo di lei, in Basilica vennero tumulate la regina Cristina di SveziaMaria Clementina, regina di Inghilterra e Carlotta, regina di Cipro, morta in esilio a Roma.
Matilde non era comunque di origini emiliane, aveva, anzi, sicure e resistenti radici lucchesi per parte di padre, tanto che perfino la Garfagnana può aver fatto parte del ricco patrimonio di quel suo misterioso avo: Sigifredo di Lucca.
Era infatti, la contessa Matilde, pronipote proprio del conte Sigifredo Atto: un Longobardo, un discendente dei Winnili. Biondi e rossi, dalle lunghe chiome, erano scesi in Italia e avevano mischiato i loro caratteri nordici a quelli degli altri popoli già presenti nella penisola, diventando parte del miscuglio incredibile che costituisce oggi la bella “diversità” italica.
Nella prima fase della loro discesa in Italia, i Longobardi, dopo aver dilagato nella pianura padana senza incontrare una resistenza organizzata, erano entrati nella Tuscia dove avevano occupato Lucca, attorno al 572.
Intorno alla prima metà del secolo X, Sigifredo, il nobile longobardo avo di Matilde, abbandonò Lucca, probabilmente in seguito a sconvolgimenti politici non ancora del tutto spiegati, e decise di acquistare delle terre nella località di Vilinianum (presso Parma) dove collocare la propria stirpe.
Cominciò così, dunque, l’avventura dei Canossa, poi proseguita con il figlio di Sigifredo, Adalberto Atto e la moglie Ildebranda. Dell’altro suo figlio, Gerardo, ci sono pochissime notizie, mentre molto citato è Adalberto, che terrà il regno fino alla propria morte nel 988.
Matilde nacque dunque dal marchese Bonifacio di Toscana, per l’appartenenza materna, faceva parte della casata Lotaringia, ed era dunque cugina dell’Imperatore.
Famose le sue abilità diplomatiche fondamentali perché il Papato fortificasse il suo potere e perché l’Imperatore Enrico IV gli si prostrasse davanti, potere che in quel momento era rappresentato da papa Gregorio VII, il grande Ildebrando di Soana.
L’allargamento dei domini attonidi, iniziato con Adalberto, era proseguito con Bonifacio, e culminò con Matilde, per poi conoscere un improvviso declino.
I suoi possedimenti, posti tra la pianura Padana e l’Italia centrale, per un certo periodo disegnarono una eventualità di ampliamento statuale, superando le divisioni politiche della penisola.
Ma ciò non avvenne: Matilde non fece l’Italia, tuttavia la sua influenza, soprattutto al centro-nord, si fece sentire, e molto.

Dice in proposito di Matilde il giornalista Luca Moreno“Se ci soffermiamo su questa figura, non è per i suoi meriti di fondatrice di chiese ma perché la sua azione politica fu un vero volano per la nascita e lo sviluppo delle diverse realtà comunali che caratterizzeranno, dal XII secolo, molte delle città della nostra penisola. Matilde infatti si schierò in modo deciso dalla parte degli interessi del Papato, il che in questo periodo significava inibire le pretese dell’Imperatore, grande nemico dei Comuni medioevali. Matilde divenne per tutti i Comuni un punto di riferimento insostituibile. L’iconografia tradizionale descrive Matilde come una specie di suora mancata; non fu così: Matilde fu una donna assai energica, alla quale non dispiacevano i piaceri carnali ed assai consapevole del suo ruolo e dei suoi doveri”.
Percorrendo le terre che furono della grande contessa, ancora stillanti l’incantesimo e la suggestione del Medioevo, sembra di rivivere la vita di allora: le battaglie, i riti religiosi, le scene di vita popolare su quel sereno fondale di valli e alture, di manieri, borghi fortificati, selve, pascoli e corsi d'acqua che ancora si possono contemplare.
Anche l’abbazia di Marola, così preziosa, per secoli, come centro di irradiazione culturale nella montagna reggiana, nacque grazie a Matilde e a quel personaggio misconosciuto, ma importantissimo, che fu l’eremita Giovanni da Marola.
Importantissimo perché ai primi d’ottobre del 1029, presso il castello di Carpineti (Reggio Emilia), si tenne un “degno colloquio”, cioè un convegno, in cui Matilde, alla presenza di numerosi vassalli, uomini di legge ed ecclesiastici, decise di proseguire la lotta ad oltranza contro l’imperatore Enrico IV. E fu l’eremita Giovanni a convincere la contessa, ormai abbandonata da tutti i suoi alleati, fu lui a sostenerla a non accettare una pace e una resa ingiuste.
Luoghi intrisi di storia; chiese, castelli, borghi, hospitali per i pellegrini, ponti rimasti quasi identici, come il ponte di Borgo a Mozzano, costruito per volontà della contessa Matilde circa nel 1100 e restaurato in seguito da Castruccio Castracani, condottiero e signore di Lucca.
Da Canossa alla Garfagnana, il territorio che fu di Matilde è oggi meta di piacevoli escursioni, come il Sentiero Matilde, uno dei più importanti trek escursionistici a tappe di lunga percorrenza dell'Appennino Tosco-emiliano, che si snoda attualmente dal paese di Ciano d'Enza, nel comune di Canossa, fino alla Garfagnana e Lucca, e per il quale è in progetto un collegamento con Parma città, attraverso i paesi di San Polo d'Enza, Traversetolo, Montechiarugolo e Monticelli Terme.
Proprio l’anno prossimo, nel 2015, ricorrerà il 900° anniversario della morte di Matilde di Canossa, che potremmo tranquillamente definire donna d’Europa, essendo nata a Mantova, ma di origini Longobarde e imparentata con Carlo Magno, e poi morta a San Benedetto in Polirone, oggi sepolta in Vaticano.
Una donna del suo tempo, con un’infanzia sfortunata, segnata dalla morte del padre e dei fratelli, con due matrimoni combinati e, sicuramente, subiti; una donna capace di scelte difficili, a quei tempi, anche per un uomo. Una guerriera, tuttavia impegnata dal punto di vista culturale nel recupero del Codice di Giustiniano, molto più equo dal punto di vista della parità dei sessi rispetto alle leggi del diritto salico, Codice che fa ristudiare e poi insegnare dal giurista Irnerio.
Perché le prime notizie su Irnerio lo vedono coinvolto a livello giuridico proprio con Matilde per l’esigenza di ricomporre il Corpus Iuris Civilis in maniera integrale.
Irnerio non solo reperisce tutto il materiale, ma altresì si impegna ad insegnarlo, fondando una scuola di diritto. Siamo tra il 1080-88: nasce così l’università di Bologna e nasce grazie a Irnerio (e alla contessa Matilde) il quale inizia ad insegnare e a divulgare nella città, nei pressi di Santo Stefano, gli elementi del“Corpus Juris”, del “Digesto” e delle “Pandette”, in sostanza il diritto romano.
Le lezioni richiamano giovani da ogni parte che vengono appositamente per assistere ed imparare.
È questo l’embrione dell’Università di Bologna, la prima università del mondo.
In quanti sanno che la prima università del mondo è nata sulla spinta di una donna?
A novecento anni dalla morte, riusciranno le sue terre, riusciranno le sue città a ricordare degnamente questa grande, immensa figura di donna?
Ci riusciranno senza fermarsi al “santino” di certi che la vorrebbero solo una cattolica ubbidiente e osservante? O di altri che la descrivono guerriera sanguinaria e donna di facili costumi?
Riusciremo, finalmente, a dare a Matilde quel che è di Matilde, cioè a riconoscerle la cultura che ella ha disseminato, con precise scelte politiche e amministrative, nelle sue terre e che, nei secoli, è fiorita producendo altra cultura, benessere e ricchezza incomparabili?
Le tue terre, Matilde, ti devono amore.
Normanna Albertini

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