mercoledì 16 gennaio 2013

SULLE SPALLE DELLE DONNE- Intervista di Donatella Righi



Donatella Righi intervista Normanna Albertini
SULLE SPALLE DELLE DONNE: memorie di una bambina di campagna.
 Come è nata l’idea di questo libro?
Questo libro non doveva essere un libro. All’inizio è stato solo un racconto. C’era la neve, quando tutto ha avuto inizio, la grande nevicata dello scorso inverno, quella che, su da noi in montagna, ci chiuse in casa e costrinse i sindaci a far chiudere le scuole. Un’amica che collabora col sito www.redacon.it mi chiese di tirar fuori i ricordi sulla neve di quand’ero bambina e di scriverli per il sito. Fu cosa facile e anche divertente, per me: non dovevo inventare niente. Ecco: scrivere di sé è molto meno impegnativo che dover costruire dei personaggi e la trama di un romanzo. In ogni caso, il racconto ebbe successo, così decidemmo di inserirne altri, con cadenza più o meno mensile. I lettori erano sempre di più e sempre più spesso chiedevano la pubblicazione di un libro. Alla fine, ho deciso di parlarne con Andrea Giannasi, l’editore con cui già avevo pubblicato, il quale si è dimostrato subito entusiasta della cosa. Ho inserito tre inediti ed è nato il libro.
 Qual è l’intento del libro, riportare alla luce un pezzo di mondo che si è perduto, quindi uno scopo “storico/sociologico”, oppure rievocare il passato per delineare il tuo profilo biografico, una finalità dunque più intimista?
No, nessuna finalità intimista o autobiografica. Ho raccontato cercando di far rivivere agli altri, attraverso il mio vissuto, parti del loro passato messe da parte, forse anche dimenticate. Ho raccontato come se il mio raccontare fosse quello di tutti. Ho raccontato per fermare sulla carta notizie e nozioni di un modo di vivere ormai scomparso che rischiano di andare perdute per sempre con la morte delle persone più anziane. L’intento è chiaramente didattico (purtroppo, essendo io insegnante, non riesco mai, davvero mai, a dimenticarmelo quando scrivo, nemmeno nei romanzi, e da un punto di vista letterario non è un bene), però c’è anche quello divulgativo: far conoscere i nostri luoghi, la forza della nostra gente che è riuscita a traghettarci fuori dal medioevo (da noi durato davvero fino al secondo dopoguerra) e, soprattutto, la forza delle nostre donne. Le donne emiliane. Che qualcosa di diverso ce l’hanno davvero.
 C’è continuità tra le donne di oggi e quelle della cultura contadina, da cui tu provieni, di un’epoca non tanto lontana in termini cronologici, ma assai distante per stile di vita?
La mia cultura di provenienza era centrata sull’essenzialità, sul non spreco (anche di energie), sull’educazione al sacrificio, alle rinunce e al saper distinguere le cose davvero importanti da quelle stupide e dannose. Non vedo una gran continuità con il presente. In campagna uomini e donne lavoravano insieme dall’alba al tramonto. C’era una diversità di ruoli tra uomini e donne nel lavoro, ma credo fosse una divisione razionale. C’erano mestieri, nei campi, nei boschi, nelle stalle, talmente pesanti che solo i maschi  avrebbero potuto fare, mentre i lavori di casa, per pesanti che fossero, erano sicuramente più alla portata delle donne. Insomma: lavoravano tutti tantissimo, uomini e donne (anche le donne fuori con i loro mariti, padri, fratelli, figli), e questa cosa che la donna doveva solo stare in casa (fare la casalinga) l’ho imparata da grande, non ne avevo mai sentito parlare prima. Una donna che sta solo in casa? Non esisteva, non nei nostri piccoli paesini. Da ricordare che quando sono nata io la guerra era finita da una decina d’anni e che era stata l’ultima di una serie infinita di guerre. Guerre che avevano costretto le donne a fare anche la parte dei loro uomini mandati al fronte. Nei nostri paesi, ho sempre visto gli uomini trattare “alla pari” con le donne e le donne reggere, con forza, confronti anche difficili, magari per motivi economici, con gli uomini. Quella che però c’era, fortissima, e che non vedo più, era la rete di mutuo aiuto che le donne di allora riuscivano a tessere tra di loro, non solo tra parenti, ma anche tra paesane e semplici conoscenti. Continuità  con le donne del presente ne vedo davvero poca: abbiamo tutti assunto i modelli relazionali (e persino il linguaggio) che ci hanno trasmesso anni e anni di televisione americana. Non siamo più noi, e questo vale per donne e uomini allo stesso modo. I giovani, poi, sono ormai omologati, uguali in tutto il mondo: basta entrare in una classe di oggi, con ragazzi che provengono da ogni dove, per rendersene conto.
 “Sulle spalle delle donne” recita il titolo. Una constatazione o un giudizio?
È una frase che ho usato spesso nei racconti; in realtà viene da un proverbio africano: “Il mondo è nelle mani degli uomini, ma tutto sulle spalle delle donne”. È una constatazione. È quello che vedo anche tra i migranti. Se poi penso che paesi come l’Ucraina o la Moldova tengono in piedi le loro famiglie grazie alle rimesse delle loro donne emigrate a fare le badanti, la constatazione diventa certezza.
Normanna Albertini è nata a Gombio, nel comune di Ciano d’Enza (oggi Canossa), nel 1956. Insegnante, vive e lavora a Castelnovo ne’ Monti. Ha pubblicato nel 2004 il romanzo Shemal (Chimientieditore – Taranto) e nel 2006 il romanzo Isabella, sempre edito da Chimienti. Ha pubblicato con Prospettivaeditrice, nel 2009, il romanzo “Pietro dei colori” e, nel 2011, il saggio “Pietro da Talada – Un pittore del Quattrocento in Garfagnana” con Garfagnanaeditrice.

Nessun commento:

Posta un commento