martedì 26 giugno 2012

CONFERENZA RIO+20 per la giustizia sociale e ambientale - Alex Zanotelli

 Dichiarazione finale del Vertice dei Popoli

Dichiarazione finale del Vertice dei Popoli, parallelo alla Conferenza Rio+20 per la giustizia sociale e ambientale in difesa dei beni comuni, contro la mercificazione della vita.

Movimenti sociali e popolari, sindacati, popoli e organizzazioni della società civile di tutto il mondo presenti al Vertice dei popoli durante la conferenza Rio+20 per la Giustizia Sociale e Ambientale hanno vissuto negli accampamenti, nelle mobilitazioni di massa, nelle discussioni, la costruzione di convergenze e alternative, coscienti del fatto che siamo soggetti di una diversa relazione tra umani e umane e tra umanità e natura, assumendo la sfida urgente di porre un freno alla nuova fase di ricomposizione del capitalismo e di costruire, attraverso le nostre lotte, nuovi paradigmi di società.
Il Vertice dei Popoli è il momento simbolico di una nuovo ciclo nel percorso delle lotte globali che produce nuove convergenze tra i movimenti delle donne, degli indigeni, dei negri, della gioventù, degli agricoltori familiari e dei contadini, dei lavoratori/lavoratrici, dei popoli e delle comunità tradizionali, dei quilombolas, di coloro che combattono per il diritto alla città e delle religioni di tutto il mondo. Le assemblee e mobilitazioni e la grande Marcia dei Popoli sono stati i momenti di massima espressione di queste convergenze.
Le istituzioni finanziarie multilaterali, le coalizioni a servizio del sistema finanziario, come il G8/G20,   l’ONU conquistata dalle corporation e la maggioranza dei governi hanno dimostrato irresponsabilità di fronte al futuro dell’umanità e del pianeta e hanno promosso, nella conferenza ufficiale, gli interessi delle corporation. Invece, la vitalità e la forza delle mobilitazioni e dei dibattiti nel Vertice dei Popoli hanno rafforzato la nostra convinzione che solo il popolo organizzato e mobilitato può liberare il mondo dal controllo delle corporation e del capitale finanziario.
20 anni fa il Forum Globale ha denunciato i rischi che l’umanità e la natura correvano di fronte a privatizzazioni e neoliberismo. Oggi affermiamo – oltre a confermare la nostra analisi – che ci sono stati passi indietro significativi rispetto ai diritti umani in passato riconosciuti. La Conferenza Rio+20 ripete il fallito elenco delle false soluzioni sostenute dagli stessi attori che hanno provocato la crisi globale. Più questa crisi si approfondisce, più le corporation vanno avanti nella violazione dei diritti dei popoli, della democrazia e della natura, sequestrando i beni comuni dell’umanità per salvare il sistema economico-finanziario.
Le molteplici voci e forze che convergono intorno al Vertice dei Popoli denunciano la vera causa strutturale della crisi globale: il sistema capitalista associato al patriarcato, al razzismo e alla omofobia. Le corporation transnazionali continuano a commettere i loro crimini violando sistematicamente i diritti dei popoli e della natura nella assoluta impunità. Allo stesso modo, portano avanti i loro interessi attraverso la militarizzazione, la criminalizzazione dei modi di vita dei popoli e dei movimenti sociali, promuovendo la deterritorializzazione nelle campagne e nella città.
Esiste un debito ambientale storico che colpisce soprattutto i popoli del sud del mondo che deve essere assunto dai paesi più industrializzati che hanno causato l’attuale crisi del pianeta.
Il capitalismo porta anche alla perdita del controllo sociale, democratico e comunitario sulle risorse naturali e sui servizi strategici, che continuano a essere privatizzati, con la trasformazione di diritti in merci e la limitazione dell’accesso dei popoli ai beni e servizi necessari alla sopravvivenza.
L’attuale fase finanziaria del capitalismo si esprime attraverso la cosiddetta economia verde e meccanismi vecchi e nuovi, come l’aggravarsi dell’indebitamento pubblico-privato, il superstimolo al consumo, l’appropriazione e concentrazione delle nuove tecnologie, i mercati del carbonio e della biodiversità, l’appropriazione indebita di terre e il loro passaggio nelle mani di proprietari stranieri e i partenariati pubblico-privato, tra gli altri.
Le alternativa stanno nei nostri popoli, nella nostra storia, nei nostri costumi, nelle conoscenze, nelle pratiche e nei sistemi produttivi, che dobbiamo conservare, rivalorizzare  e promuovere su larga scala in un progetto contro-egemonico e trasformatore.
La difesa degli spazi pubblici nelle città, con gestione democratica e partecipazione popolare, l’economia cooperativa e solidale, la sovranità alimentare, un nuovo paradigma di produzione, distribuzione e consumo, il cambiamento del modello energetico sono esempi di alternative reali di fronte all’attuale sistema agro-urbano-industriale.
La difesa dei beni comuni passa per la garanzia di una serie di diritti umani e della natura, per la solidarietà e il rispetto delle cosmovisioni e credenze dei differenti popoli, come, per esempio, la difesa del “Ben vivere”,  come forma di esistere in armonia con la natura, il che presuppone una transizione giusta, che deve essere costruita con i lavoratori e le lavoratrici e i popoli. La costruzione della transizione giusta presuppone la libertà di organizzazione e il diritto alla contrattazione collettiva e politiche pubbliche che garantiscano forme di lavoro decente.
Riaffermiamo l’urgenza della distribuzione della ricchezza e del reddito, della lotta al razzismo e all’etnocidio, della garanzia del diritto a terra e territorio, del diritto alla città, all’ambiente e all’acqua, all’educazione e alla cultura, alla libertà di espressione e alla democratizzazione dei mezzi di comunicazione, alla salute sessuale e riproduttiva delle donne.
Il rafforzamento delle diverse economie locali e dei diritti territoriali garantiscono la costruzione comunitaria di economie più forti. Queste economie locali offrono mezzi di sopravvivenza sostenibili a livello locale, la solidarietà comunitaria, componenti vitali della resilienza degli ecosistemi. Le diversità della natura e le diversità culturali sono il fondamento per un nuovo paradigma di società
I popoli vogliono decidere a chi e a che cosa sono destinati i beni comuni e energetici, oltre ad assumere il controllo popolare e democratico della loro produzione. Un nuovo modello energetico è basato sulle energie rinnovabili decentralizzate, un modello che garantisca energia per la popolazione e non per le corporation.
La trasformazione sociale esige convergeze di azione, collegamenti e agende comuni a partire dalle azioni di resistenza e proposta necessarie che stiamo conducendo in tutti gli angoli del pianeta. Il Vertice dei Popoli di Rio+20 ci incoraggia a portare avanti le nostre lotte.

Rio de Janeiro, 15-22 giugno 2012
Comitato facilitatore della società civile, Vertice dei Popoli

(traduzione Serena Romagnoli)



Rio +20, di Alex Zanotelli

19 giugno 2012, Rio de Janeiro

“Benvenuti a Rio +20”. Con questa scritta a caratteri cubitali siamo stati accolti all’aeroporto di Rio per il vertice sul pianeta Terra convocato dall’Onu (20-22 giugno). Come missionari comboniani abbiamo deciso di ritrovarci insieme nel contesto del Vertice per riflettere sul tema pianeta Terra, che ci tocca direttamente. La Terra infatti non sopporta più l’homo sapiens, il cosiddetto sviluppo e questo sistema economico finanziario che vive depredando il pianeta e rendendo i poveri sempre più poveri.

Sono arrivato la notte del 18 giugno nella Baixada fluminense, uno dei quartieri più violenti di Rio, dove vive e opera una comunità comboniana. Così ho avuto subito il sentore di che cos’è “l’altra Rio”. Una sensazione diventata ancora più netta il mattino seguente, attraversando in autobus la città. Mi sono parse chiare due città, spesso una di fronte all’altra: la Rio degli impoveriti e la Rio dell’opulenza. Va notato che il vertice Onu dei capi di stato si tiene a Barra de Tigiuca, la parte bene di Rio. Io invece mi sono recato subito a Aterro de Flamengo per partecipare alla Cupola dos Povos che ha trovato spazio nel lungomare Bahia da Gloria.

Due vertici. La Cupola dos Povos fatta di indigeni, di poveri, di cittadini, di associazioni. Mentre la “Cupola dos Ricos” è collocata nel cuore della ricchezza di Rio. Una vera e propria apartheid.

“Loro sono al centro, a Tigiuca”, ha detto il prof. Bonaventura de Souza. “Il circo del’Onu”, li ha definiti il prof. Martinez-Alier, che non decide mai nulla!”. Infatti l’impressione che abbiamo ora è che il Vertice della Terra rischia di essere un altro fallimento. Fra l’altro non hanno partecipato né Obama né la Merkel.

Ma la speranza non viene da lì, viene invece dai poveri, dagli indigeni, dalla cittadinanza attiva. E’ stato incredibile per me trovare Aterro de Flamengo così tanta vivacità, dibattiti, reti, campagne… Un’immensa fiera dell’inventiva umana, di culture, di associazioni…

E’ la stessa impressione che ho avuto quella stessa mattina partecipando ad un dibattito, promosso da Rigas (Rete italiana per la giustizia sociale e ambientale), sui nuovi paradigmi necessari per rispondere alle sfide della giustizia non solo distributiva ma anche ambientale. Vi hanno partecipato il teologo brasiliano Leonardo Boff, lo spagnolo prof. J. Martinez-Alier, l’economista portoghese Bonaventura de Souza, il coordinatore di Rigas Giuseppe de Marzo. Lavori presieduti da Marica de Pierri, dell’associazione “A Sud”, nella sala strapiena del Musero di arte moderna.

“Il Pil non può più essere l’indicatore per l’economia, ha detto il noto economista Martinez, dobbiamo andare verso la prosperità senza crescita, secondo quanto teorizzato dall’economista Usa Tim Jakson”. Martinez ha avuto parole di elogio e di sostegno per le due esperienza latinoamericane diEcuador e Bolivia.

Boff è partito citando Einstien: “Non si può pensare che chi ha creato la crisi trovi anche la soluzione”. Né si può accertate come principio etico quello del nostro vivere bene occidentale perché “questo ha significato vivere male per miliardi di persosne”. Per uscire dall’attuale crisi, Boff ha elencato 4 principi fondamentali: a) ogni essere ha un valore intrinseco che deve essere rispettato; b) il dovere di prendersi cura di ciò che ci circonda; c) una responsabilità planetaria; d) cooperazione e solidarietà universali. Ha sottolineato che non si può produrre per accumulare ma solo per condividere.

Giuseppe de Marzo ha ribadito che l’attuale crisi nasce dal non aver riconosciuto la natura e i diritti della Madre Terra. Ha urlato: “Noi siamo la terra. Basta con la crescita”.

Personalmente ho portato a conoscenza dell’assemblea le lotte popolari italiane sull’acqua con il referendum e sui rifiuti con la resistenza alle megadiscariche e agli inceneritori, per muoverci invece verso il riciclaggio totale.

Infine il prof. De Souza ha definito la green economy “il cavallo di Troia del capitalismo mondiale” e ha messo tutti in guardia tutti che “bisogna cambiare il potere prima di prenderlo”.

Questa di Rio è stata una tavola rotonda molto valida che prelude a tanti incontri. Provocazioni queste importanti anche per noi comboniani, a Rio siamo una trentina, che dobbiamo riuscire ad includere pienamente queste tematiche nel nostro fare missione.

Alex Zanotelli



Il grido dei poveri sulle strade di Rio, di Alex Zanotelli

20 giugno 2012, Rio de Janeiro

Vi scrivo con negli occhi uno spettacolo straordinario: Rio di notte, vista dalla collina di Barrio Santa Teresa che sovrasta il cuore della città. Sono appena tornato da una grande manifestazione nel centro della megalopoli, illuminato a giorno.

Che impressione vedere così tanti giovani manifestare davanti ai palazzi del potere e della ricchezza ostentata pur in presenza della miseria di milioni di favelados (per inciso, Rio fa 14 milioni di abitanti). In 50mila hanno percorso la maestosa strada centrale, avenida Rio Branco, cantando, ballando, urlando.

Pesanti le scritte sugli striscioni: “No alle soluzioni del capitalismo verde”. Pesanti gli attacchi alla presidente del Brasile: “Dilma non vedi che figura stai facendo?” Dilma è sotto un pesante attacco per aver firmato una legge che incrementerà il taglio di alberi nella foresta amazzonica.

Una partecipazione corale, popolare, gioiosa. “Non vedo le tivù nazionali”, urla una donna da un altoparlante di un camion. Infatti i media del potere sono assenti. Molto presenti invece la polizia in assetto antisommossa e reparti dell’esercito (questo città mi appare davvero sotto controllo militare).

Notevole la partecipazione delle comunità indigene sia brasiliane che boliviane. Massiccia la presenza di Via Capesina e soprattutto dei Sem Terra brasiliani.

Mi son sentito bene marciando con loro. Condividendo le loro straordinarie lotte ho avuto la netta percezione di un’intensa vitalità e di voglia di cambiare. Mi sono intristito solo nel costatare l’assenza delle comunità di base brasiliane, una volta così forti e così presenti (purtroppo la chiesa in Brasile si sta sempre più rinchiudendo su se stessa).

Forti le contestazioni contro le multinazionali, specie quelle brasiliane. “La vostra multinazionale Vale do Rio Doce – urla una donna mozambicana al microfono – sta costruendo una diga nel mio paese, derubandoci delle nostre terre e delocalizzando la nostra gente”.

Anche ieri sera era stata organizzata una manifestazione, con tremila persone in piazza, proprio contro la Vale, la più potente del Brasile, che estrae ferro nel Carajàs (regione del Maranhao) e lo strasporta lungo un tratto ferroviario di 892 km fino ad arrivare al mare. Questo ferro viene esportato in una quantità di 100 milioni di tonnellate l’anno. Lungo il percorso del treno che trasporta il minerale di ferro, la Vale si rende responsabile, oltre che di violazioni del diritto del lavoro, di tante violazione di diritti umani e di diritti ambientali. Il treno investe e uccide una persona al mese per mancanza di protezioni e di segnaletica. Anche le case vicino al percorso del treno subiscono dei danni e non poche sono pericolanti. Nonostante ciò la Vale ha l’obiettivo di raddoppiare, entro il 2015, la produzione di minerale di ferro e quindi costruire un altro binario.

Raddoppieranno anche le violazioni dei diritti umani.

Nel 2009, i missionari comboniani del Brasile hanno iniziato una campagna contro questa multinazionale. L’impegno riguarda tutti, in particolare padre Dario Bossi, fratel Antonio Soffientini e padre Domingo Savio si sono mossi con decisione a sfidare questo gigante.

Dopo tre anni di lotte locali e internazionali, l’opinione pubblica è più consapevole e si cominciano a vedere i primi frutti: la manifestazione del 19 giugno, con tremila persone, è uno di questi frutti. La rete internazionale, le vittorie processuali e la formazione di leader comunitari sono altri frutti di questa azione.

Sono piccole vittorie, piccoli gesti simbolici di un popolo che vuole un altro sistema, rispettoso di questo piccolo pianeta che è stato messo nelle nostre mani. A noi è stata data la gioia di camminare con questa gente, con gli umili, gli emarginati di questo continente, sognando un mondo altro.

Questa è la Cupola dos Povos così lontana dai quartieri ricchi dove oggi si aperto ufficialmente il vertice Onu. Ma la speranza non sta nei palazzi ma sulle strade di Rio e del mondo con i popoli in cammino.

Alex Zanotelli


Rio +20: i potenti sono nudi, di Alex Zanotelli

Rio de Janeiro, 21 giugno 2012

La Cupula dos Povos, l’insieme di movimenti, associazioni, organizzazioni popolari e indigeniste, che dal 15 al 22 giugno si sono confrontati a Rio in centinaia di assemblee, hanno chiuso i loro lavori in una grande assemblea plenaria, molto animata e partecipata. E hanno presentato precise proposte.

L’assemblea dell’Onu, riunitasi ben lontano dai movimenti, al Rio Center, si sta concludendo senza risultati. Spiace costatare che varie realtà italiane – come Lega Ambiente, WWF… – si siano trovate nei palazzi del potere invece che alla Cupula dos Povos. Infatti la presenza italiana alla Cupula è stata veramente povera.

Muovendomi oggi nello spazio della Cupula dos Povos, una stupenda lingua di terra lungo la Baia da Gloria, ho potuto nuovamente rendermi conto della vivacità dell’ambiente, dell’intensità delle discussioni, della massiccia presenza di giovani: tutti aspetti che fanno ben sperare.

Impossibile seguire tutti i dibattiti che si tenevano nello stesso tempo in luoghi diversi. Ho potuto partecipare al dibattito promosso dal Contratto mondiale dell’acqua, incentrato sull’oro blu. Un tema che è stato molto al centro delle discussioni in questi giorni.

Ma il momento clou della giornata è stata l’assemblea plenaria dove, tra canti, slogan e balli, sono state presentate le mozioni finali dei cinque gruppi tematici: diritti e giustizia sociale e ambientale; in difesa dei beni comuni; sicurezza alimentare; fonti di energia e industrie estrattive; sicurezza e diritti del lavoro.

Vorrei soffermarmi sul primo gruppo che, ispirandosi al modello del Ben Viver (che fa riferimento alla filosofia dei popoli indigeni latinoamericani), ha avanzato una serie di significative proposte. Tra queste, la richiesta di protezione dei territori indigeni, la rivendicazione della fine dell’impunità degli assassini dei loro leader, la fine della repressione e della criminalizzazione di quelli stessi  leader e l’ampliamento dei territori indigeni. Tra le denunce: ripudiare il mercato del carbonio come falsa soluzione al problema ambientale e tutte le iniziative legislative che puntano a sottomettere i diritti degli indigeni al grande capitale.

Questo gruppo dei diritti e della giustizia sociale e ambientale ha concluso affermando che “la salvezza del pianeta è una sapienza ancestrale dei popoli indigeni”.

Per quanto riguarda il tema dei beni comuni, il documento finale ha esordito dicendo che “la difesa dei beni comuni passa attraverso la garanzia di una serie di diritti socio-ambientali, attraverso il rafforzamento della giustizia ambientale e climatica, e anche attraverso la solidarietà tra i popoli, il rispetto della cosmovisione di popoli diversi e la difesa del Ben Viver come forma di vivere in armonia con la natura”.

E il documento continua elencando una serie di diritti fondamentali che devono essere rispettati e conclude dicendo che è necessario “pensare un’economia dei beni comuni attraverso un processo costruito dal basso verso l’alto, a partire da esperienze locali: è vitale per i popoli riprendere a decidere sul proprio futuro e la propria economia”.

A fine giornata, il Contratto mondiale dell’acqua ha organizzato un incontro, durante il quale Riccardo Petrella ha avanzato la proposta del Patto pubblico dell’acqua. Davanti ad un’affollata assemblea sono intervenuti Vandana Shiva, François Houtard e Leonardo Boff. Il teologo Boff ha sottolineato l’urgenza di proporre un contratto sociale mondiale fondato sull’acqua bene pubblico. L’ambientalista indiana Vandana Shiva ha attaccato frontalmente i potenti riuniti al Rio Center, affermando che “costoro vanno in giro nudi e vogliono convincerci che l’”economia verde” è verde”. Le ha dato ragione F. Houtard, sostenendo che “non sono i potenti ma sono le lotte sociali che cambiano il mondo” .

Ecco perché siamo a Rio.

Alex Zanotelli




La speranza che cammina, di Alex Zanotelli
   
Rio de Janeiro, 22 giugno 2012

Si sono conclusi oggi a Rio sia il vertice della Terra promosso dall’Onu sia la Cupola dos Povos, promossa dai movimenti sociali e ambientali. Per ora ci occupiamo della conclusione della settimana di assemblee e dibattiti dei movimenti popolari, voluti dalla Cupula dos Povos.

Quella della Cupola è un’”invenzione” tipicamente brasiliana per rispondere in maniera creativa alle sfide di Rio+20. Per prepararla ci è voluto più di un anno e vi hanno collaborato soprattutto i grandi organismi popolari come Sem Terra e Via Campesina. Ritengo che sia stato un bene organizzarla quest’anno perché si sono tenuti caldi i temi affrontati dai Forum sociali mondiali. Altrimenti intorno a Rio+20 ci sarebbe stato solo il vuoto.

Purtroppo la Cupola non ha rappresentato tutta la ricchezza sociale brasiliana. Inoltre trovo grave il fatto che la chiesa di base brasiliana non sia entrata in questo processo. Altrettanto grave è che i movimenti internazionali di base siano rimasti quasi estranei a questo evento.

La Cupula dos Povos ha lavorato per creare una “spazio di convergenza” così da poter arrivare ad un documento finale condiviso.

Questo documento finale è stato letto oggi nella grande tenda centrale, davanti ad una grande folla, attenta e partecipe. Una voce femminile ha iniziato così, non prima di aver sottolineato che queste proposte vanno portare al Forum sociale mondiale di Tunisi che si terrà nel 2013: “Movimenti sociali popolari, sindacati, popoli, organizzazioni della società civile e ambientalisti, presenti nella Cupula dos Povos per la giustizia sociale e ambientale, evidenziamo il nostro impegno a costruire delle convergenze e delle alternative, coscienti che noi siamo i soggetti di una relazione altra tra uomini e donne e tra l’umanità e la natura, assumendo la sfida urgente di frenare la nuova fase di ricomposizione del capitalismo e di costruire, attraverso la nostre lotte, i nuovi paradigmi della società”.

Il documento continua poi denunciando “la vera causa strutturale della crisi globale: il sistema capitalista”; in seguito chiama in causa “le multinazionali che commettono i loro crimini con una sistematica violazione dei diritti dei popoli e della natura, nella più totale impunità”. Sulla cosiddetta “economia verde”, si afferma che “è una delle espressioni dell’attuale fase finanziaria del capitalismo, il quale usa vecchi come nuovi meccanismi, ad esempio la commistione pubblico-privato, il superstimolo al consumismo, l’appropriazione e la concentrazione delle nuove tecnologie, il mercato del carbonio”.

Come alternative a questo sistema, il documento finale propone “la difesa degli spazi pubblici nelle città, attraverso una gestione democratica e la partecipazione popolare, un’economia cooperativa e solidale, la sovranità alimentare, un nuovo paradigma di produzione, distribuzione e consumo”. Sostiene inoltre “la difesa dei beni comuni (acqua, aria, energia, terra) passa attraverso la garanzia di una serie di diritti umani e della natura, per la solidarietà e il rispetto delle cosmovisioni e delle credenze dei differenti popoli, come ad esempio la difesa del Bem Viver”.

Si afferma, infine, con forza che “i popoli chiedono di decidere come e per chi si destinano i beni comuni ed energetici, così da assumere il controllo popolare e democratico della propria produzione. Un nuovo modello energetico che si basi sulle energie rinnovabili e decentralizzate, e che garantisca energia per il popolo e non per le multinazionali”.

Con grande passione, alla fine della lettura, la gente si è alzata e ha gridato: “In piedi, continuiamo la lotta!”.

Alex Zanotelli


I dilemmi della conferenza di Rio +20

Editoriale di  “Brasil de fato”  19 giugno 2012

Dalla settimana scorsa migliaia di persone, rappresentanti di governi, diplomatici, forze di sicurezza, militanti sociali, ambientalisti, rappresentanti dei popoli indigeni e della popolazione in genere si stanno concentrando nella città di Rio de Janeiro, che è diventata una vera e propria torre di Babele.

Intorno a questa conferenza mondiale sull’ambiente e lo sviluppo sostenibile si percepisce l’esistenza di almeno quattro poli di dibattito e posizioni politiche ben distinte, alcune anche antagoniste tra loro. Ma tutti stanno a Rio parlando dello stesso tema e tutti si presentano come rappresentanti del popolo.

1. Il primo blocco, più importante, e all’origine di Rio+20, è la conferenza ufficiale, che sta riunendo ora rappresentanti di tutti i governi del Mondo e, tra il 20 e il 22, riunirà decine di capi di governi. Questo blocco sta producendo un documento, che è già arrivato quasi pronto, prodotto in decine di consultazioni fatte tra diplomatici, in diverse riunioni realizzate nel segno dell’organizzazione delle nazioni unite. Il documento non presenta nessuna novità, anzi, la maggior parte degli specialisti dicono che è molto peggiore del documento di Rio-92, quello di venti anni fa. In piena crisi ambientale, di cambiamento climatico, con la crisi dell’energia nucleare in Giappone, con la fame che colpisce più di un miliardo di persone, il documento non affronta le cause fondamentali di questi problemi. Non c’è nemmeno una riga, per esempio, sui problemi di salute pubblica causati dalle aggressioni all’ambiente, come ha denunciato il presidente della Fiocruz. Il documento si attiene ad un linguaggio tipico della diplomazia. Quindi, non c’è da aspettarsi niente di nuovo, e se venisse fuori qualcosa di nuovo, nessuno – sano di mente – si  aspetterebbe che un qualche governo lo realizzasse, come non hanno realizzato quello che hanno firmato nel 1992. Questo gruppo è concentrato alla Barra da Tijuca, Rio centro e negli alberghi di lusso della zona sud di Rio. Per non dire che non hanno parlato di fiori, come dice la canzone, in mezzo a tutto questo, l’ONU ha organizzato discussioni con “rappresentanti della società civile” scelti accuratamente per essere persone affidabili, che espongano le loro idee ai diplomatici, Un teatrino che finge che ci sia la partecipazione della società civile nella elaborazione di documenti ufficiali già pronti. C’è sempre qualcuno che si presta a questo tipo di parodia.

2. Un secondo blocco ha affittato lo storico forte di Copacabana e si sono riuniti là con imprenditori più esperti che vogliono adeguare il loro linguaggio e le etichette delle loro merci per dargli un tocco di verde e riuscire a vendere di più. E in questo modo togliere anche spazio ad altri imprenditori truculenti, ignoranti, che pensano esclusivamente al profitto. Questi – che sono andati a Rio – sono più raffinati,  cercano il lucro ma si preoccupano dell’ambiente. Hanno portato vari scienziati che gli spieghino i problemi dell’ambiente. E produrranno un documento impegnandosi a rispettare l’ambiente purchè non danneggi il profitto delle loro imprese. Sono i sostenitori della linea della economia verde. Come dare ossigeno al capitalismo con prodotti verdi. Sono gli stessi che sostengono una “ricompensa alle comunità rurali e indigene che preservano foreste e ambiente”. In cambio loro pagherebbero anche una tassa, e quindi hanno trasformato queste aree di preservazione in titoli di credito del carbonio e stanno già guadagnando soldi con aste di questi titoli. Tutto pur di continuare a inquinare con il loro modo di vita sedentario e consumista, nei loro paesi sviluppati.

3. Un terzo blocco è arrivato a Rio in modo dissimulato. Sono i rappresentanti del vero potere economico nel mondo, i rappresentanti delle 500 maggiori corporazioni transnazionali che controllano il 58% del PIL mondiale, che consumano la maggior parte dell’energia del mondo e ci impongono un consumismo sfrenato, predatore della natura e inquinante. Sono le grandi imprese minerarie, petrolifere, automobilistiche, le grandi fabbriche e le loro banche finanziatrici. Sono gli sciocchi proprietari terrieri loro alleati, che vogliono trasformare la natura in una pura commodity mondiale. Loro non hanno fatto riunioni, non diffonderanno documenti. Sono stati silenziosi, evitando la possibilità di essere attaccati. Ma stanno finanziando Rio + 20, saranno infiltrati nelle delegazioni dei governi, controlleranno i mezzi di comunicazione di massa, perché venga fuori, dei dibattiti, solo quel che loro vogliono. E dopo la conferenza continueranno a inquinare a volontà…Perché oggi, come ci ha detto il filosofo Bauman, il potere economico è separato dal potere politico dei governi. Opera indipendentemente dai governi.

4. Il quarto Blocco si è riunito in vari spazi vicini al centro della città e lontani dalle forze di sicurezza, in particolare nel Sambodromo e nel campo del Flamengo, sono migliaia di giovani e militanti sociali legati a organizzazioni, ONG, movimenti sociali, popoli indigeni, pastorali, centrali sindacali e partiti politici. Il cosiddetto Vertice dei Popoli. In questo spazio ci saranno più di 3.000 laboratori, riunioni e seminari. Si discute di tutto. Chi vuole si riunisce e produce un documento. Alcuni sono più interessati a conoscere le meraviglie della città, altri a farsi conoscere e apparire.
Tra loro c’è anche gente molto seria, che utilizzerà l’occasione per organizzarsi in reti internazionali e faranno – durante la settimana – diverse mobilitazioni di massa, nelle strade, per dimostrare le loro idee e il loro scontento al popolo di Rio e alla stampa in genere. Molti movimenti useranno l’occasione per discutere su chi siano i colpevoli, sulle imprese capitalistiche che hanno causato i problemi dell’ambiente, su quali siano i governi asserviti agli interessi delle grandi imprese, che pongono “la crescita economica” al di sopra della vita e del benessere delle persone e di tutti gli esseri viventi del  pianeta. Chi ha causato aggressioni e squilibri deve essere identificato dalla popolazione perché possiamo sapere chi sono i nostri veri nemici e come agire per contenere il loro incontrollabile desiderio di guadagno.

Da tutto questo cosa ci possiamo aspettare?

Dicono che di discorsi e documenti è pieno l’inferno e non sono certo questi che modificano le strutture ingiuste del capitalismo e del mondo.
Tuttavia, forse il risultato migliore di questa vera e propria torre di Babele riunita a Rio de Janeiro è l’opportunità che il tema dell’ambiente, la sua importanza e la gravità dei suoi problemi concentri le energie dei media di tutto il mondo, obbligati a commentare, analizzare e dare visibilità.

E certo, dopo la conferenza, avremo innumerevoli documenti, analisi, materiali audiovisivi, che i movimenti  sociali e le organizzazioni serie porteranno alla loro base per proseguire la discussione e la coscientizzazione della popolazione brasiliana, latinoamericana e mondiale sulla necessità di cambiamenti del modo di produzione.

Ma tutti dobbiamo essere sicuri che i cambiamenti ci saranno soltanto di fronte a mobilitazioni di massa, per questo la popolazione deve sapere e avere la possibilità di scegliere le idee più giuste. E lottare.

Al di là di questo, tutto è teatro borghese, non teatro dell’oppresso (quello del nostro amato Boal) che riproduce la vita reale!


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