giovedì 12 gennaio 2012

EDITORIALE. NORMANNA ALBERTINI: LA DONNA IMMOLATA


Etty Hillesum
"Ci sono state molte guerre, molti morti. Affinche' arrivi la pace, Aybanu si e' immolata. E' diventata la moglie del comandante mongolo. Hai una missione? Si', risponde Aybanu.
Si', diffondete queste parole. Le donne devono partorire figli che odino la guerra. Il mondo viene distrutto dalle mani degli eroi. Tocca a noi, ora ricostruirlo! Cantate inni all'amicizia, cantate inni al dolore. Un mondo
distrutto fin dove spazia lo sguardo. Siano benedetti coloro che lo ricostruiranno. Siano benedetti coloro che riusciranno a far fiorire questo mondo".
(Bahram Beyzaie)

Ho letto con attenzione il saggio di Anna Bravo: l'ho apprezzato.
Non ho gli strumenti necessari per permettermi un commento, posso soltanto dire che non l'ho trovato revisionista, ma sincero, appassionato; a tratti commovente.
Mi hanno parecchio infastidito le levate di scudi contro di lei. Il solito discorso che si ripete da un po'. Quando si prova a riflettere sul passato (o sul presente) della sinistra, spesso si finisce per essere accusati di
"dare addosso alla sinistra". Ne ha fatto le spese recentemente anche Furio Colombo all'"Unita'".
Del saggio posso solo criticare l'eccessiva verbosita', la lunghezza. Amo lo stile di Galeano, dei sudamericani in genere, dei teologi della liberazione, abituati a parlare per un popolo incolto. Sintetici e comprensibili per
tutti. Anche per me.
Diceva Etty Hillesum: "Io detesto gli accumuli di parole. In fondo, ce ne vogliono cosi' poche per dir quelle quattro cose che veramente contano nella vita". Provo a dire le mie quattro cose.

*
Credo che il discorso del silenzio delle donne sulla legge che regolamenta la fecondazione assistita, e sui tentativi di riportare l'aborto nelle cliniche clandestine a pagamento (o peggio in mano ad altri macellai), vada inquadrato nell'attuale contesto economico- sociale. Perche' il silenzio non e' delle donne: e' delle giovani donne, e' dei giovani in generale.
Ci sono dibattiti su quei temi, in giro, in cui compaiono venticinquenni o trentenni? Se li trovate, vi prego: segnalateli. Ma perche' quest'assenza?
Dove sono le giovani donne? Danno per scontati i diritti ottenuti dalle femministe (mamme? nonne?), danno per scontati la liberta' sessuale, la contraccezione, il diritto al lavoro, la parita' uomo-donna. E tacciono.
Forse troppo occupate a far quadrare i loro bilanci, sempre che, terminati gli studi, siano riuscite a trovare uno straccio di lavoro. E straccio non e' un eufemismo. Il 59 per cento del popolo dei collaboratori a progetto (ex co.co.co) e' costituito da donne, con un livello d'istruzione elevato.
Hanno contratti collettivi; per la malattia arriva l'indennita' Inps solo se ti ricoverano in ospedale; se rimani incinta e' probabile che tu debba smettere di lavorare. Soprattutto se la maternità' e' a rischio. La categoria degli interinali guadagna, in media, 12.500 euro lordi l'anno.
Le donne guadagnano un terzo in meno di un uomo. Il mercato e' stato reso flessibile, ma senza gli ammortizzatori sociali, previsti da Marco Biagi nel libro bianco e completamente disattesi. Un disastro.
Se avete dei figli appena usciti dall'universita', sapete di cosa sto parlando. Dal '95, quando si e' cominciato a parlare di globalizzazione, ad oggi, la forbice tra i ricchi e i poveri si e' allargata sempre di più', non e' un mistero. E sono aumentati i poveri.
In Italia, 2.360.000 famiglie stanno per passare la soglia di 869,50 euro per una famiglia di due componenti. La poverta'. Sono 6.786.000 persone:
l'11,8 per cento dell'intera popolazione.
E il prezzo piu' alto della poverta' lo pagano, come sempre e come ovunque, le donne.
Perche' senza indipendenza economica, che liberta' e capacita' di autodeterminazione puo' avere una donna?
Sara Ongaro, giovane antropologa siciliana, in un suo recente saggio diceva:
"Attraverso quali corpi si crea il profitto? 'Gli operai', potrebbe rispondere qualcuno. Nell'era della globalizzazione, se ci capita di leggere qualche reportage sui luoghi della produzione di merci sparsi per il mondo, potremmo scoprire che a rivestire un ruolo centralissimo per la produzione di denaro in vari settori non sono tanto gli operai, quanto le operaie".
Corpi femminili nelle fabbriche, nelle campagne, nell'industria del sesso; corpi che devono, comunque e contemporaneamente, prendersi cura di altri corpi: i figli, i fratellini piccoli, i genitori e i nonni anziani.
Continua Sara: "L'uso dei corpi nella produzione delle merci con lo scopo di elevare al massimo i profitti non e' una storia nuova... Ma solo in questo nostro tempo il sistema della riproduzione del capitale ha coinvolto masse cosi' imponenti di popolazione... L'intensita' e le modalita' con cui oggi i corpi, in particolare delle donne, sono utilizzati su scala mondiale, ci
mette di fronte ad una violenza che non pensavamo conciliabile con il progresso, la democrazia e la tecnologia".
C'e' tanto silenzio su temi che un tempo avrebbero riempito le piazze perche' ai nostri figli, alle nostre figlie, stiamo consegnando un mondo che sembra senza futuro. Cosi' le piazze si riempiono soltanto per dire no al massimo prodotto di questo mondo: 
la guerra. Il mostro che divora le risorse e permette ai capitali di girare e riciclarsi.
Il ricorso all'aborto da una parte, l'idea del diritto ad un figlio ad ogni costo dall'altra sono, secondo me, due facce della stessa medaglia. Il frutto di un sistema che non sa prendersi cura delle persone, che uccide i "superflui" e che crea bisogni indotti su cui costruire industria e
profitto. E che chiede alle donne, soprattutto, di immolarsi. "Affinche' arrivi la pace, Aybanu si e' immolata".
*
Partorire figli: se l'atto in se' e' di pura competenza femminile, partorire figli che odino la guerra e che, di conseguenza, si prendano cura del mondo, puo' essere demandato alle sole donne? Partorire la pace, la giustizia, il bene, il futuro dell'umanita', puo' essere responsabilita' solo femminile?
Quando sul tema del rapporto uomo-donna e' uscita la lettera di Ratzinger, molte femministe hanno solidarizzato con il cardinale. Non le ho capite:
egli non faceva che ribadire furbescamente il concetto che la cura e' tipica dell'essere donna. Caricando sulle spalle delle donne cio' che per millenni tutti hanno, piu' o meno, cercato di caricare: l'essere custodi e responsabili della vita degli altri e del futuro della vita stessa.
Intanto abbiamo costruito una societa' che si basa sulla dittatura del profitto ad ogni costo, dove l'unica cosa che conta e' produrre e dove non c'e' piu' spazio per la cura.
E' pura ipocrisia, allora, parlare di aborto come omicidio, quando non si mettono le donne e i loro compagni nella condizione di desiderare un figlio, di poterlo crescere nella serena speranza del domani.
L'aborto e' una violenza sulla donna, e' uno dei suoi tanti dolori, ma quante volte nella vita una donna e' costretta ad uccidere qualcosa dentro di se', a sacrificare parti di se', della sua esistenza, dei suoi sogni, per il "bene" di altri?
L'aborto e' uno dei tanti sacrifici che una societa', fondata essenzialmente sull'efficienza e la produzione, chiede alla donna. Rinfacciandole poi, ipocritamente, di essere una criminale. E legiferare per proteggere gli ovociti dalla sperimentazione, quando nessuna legge (che io sappia) mette freni alla scienza nello studio di nuove, terribili armi, quando non è ritenuto criminale mandare in giro a schiantarsi missili foderati di uranio impoverito, anzi: e' un "intervento umanitario", credo che sia un grottesco paradosso. Che le radiazioni non fanno bene agli esseri umani, ai feti, anche a quelli che nessuno vuole abortire, lo sappiamo.
*
"La grande sfida per l'essere umano- afferma Leonardo Boff- e' combinare lavoro e cura... La cura e' stata diffamata come femminilizzazione dell'agire umano, come impedimento all'oggettività' nella comprensione e come ostacolo all'efficienza. La dittatura del modo-di-essere del lavoro-dominazione sta conducendo attualmente l'umanità' a una impasse cruciale: o mettiamo limiti alla voracità' produttivistica, associando lavoro e cura, o andiamo incontro alla catastrofe... Secondo Illich la crisi si può' trasformare in una catastrofe di dimensioni apocalittiche. Ma può' anche essere una chance unica per definire un uso conviviale degli strumenti tecnologici a servizio della conservazione del pianeta, del benessere dell'umanità' e della cooperazione tra i popoli. Per giungere a questa nuova piattaforma - continua il teologo- probabilmente l'umanità' dovra' passare attraverso un sinistro 'venerdi' santo' che precipitera' nell'abisso la dittature del modo-di-essere del lavoro-produzione-materiale. Solo allora ci potrà' essere una domenica di risurrezione, la ricostruzione della società' mondiale sulla base della cura".

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Numero 872 del 18 marzo 2005

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza 

Direttore responsabile: Peppe Sini. 
Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532

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