lunedì 15 aprile 2024

VILLABERZA: AVVISTATI IBIS SACRO E ALBANELLA REALE - IL LAGHETTO DI RIO, PREZIOSA ARCA DI NOÈ

Coppia di Ibis sacro

Che ci faceva una coppia di Treskiornis aetiopicus sulle sponde di un laghetto a Villaberza? Si tratta di un uccello estinto da tempo in Egitto, suo areale primario, tuttavia, non si sa come, da un po’ di anni il trampoliere frequenta l’Italia. Essendo diffuso oggi solo nell’Africa sub-sahariana e nell’Iraq sud-orientale, qui non può essere capitato per migrazione; può darsi che sia sfuggito a qualcuno o che sia stato liberato. Certo, per Umberto è stata una grande emozione poterlo fotografare. Nelle zone umide della pianura se ne contano ormai tantissimi, ma in montagna è il primo avvistamento. Li ha filmati, Umberto Gianferrari: due trampolieri che becchettano tra le foglie secche della riva, appena disturbati dalla solita cornacchia dispettosa. Il Treskiornis aetiopicus altri non è che l’ibis sacro: Thot, il dio egizio della scrittura, in carne ossa e penne, inventore dei geroglifici. La fotografia, d’altronde, è “scrittura con la luce” o, secondo alcuni, “scrittura di luce”, inventata però (e non da un dio...) solo circa duecento anni fa. Scrivere o disegnare con la luce significa che la natura dipinge sé stessa, mentre il fotografo fissa entro coordinate da lui decise ciò che già esiste. La bravura di chi riprende, mirando, sta nell’accordare in modo armonioso sguardo, cuore, mente e spirito.

Umberto Gianferrari sistema una fototrappola

La luce è tanta e il laghetto la riflette come uno specchio. Il colore dell’acqua è il ceruleo, quello degli occhi cangianti che vanno dal verde azzurro al grigio (se il cielo è coperto di nuvole). Persino la forma del lago ricorda un occhio che riflette il verde dell’erba, il bruno degli alberi – alcuni maestosi – poi il blu in alto, dove quella che volteggia è forse un’aquila. Il laghetto è artificiale, scavato anni fa per l’irrigazione e oggi non più utilizzato. È diventato, ora, una piccola arca di Noè per gli uccelli stanziali e per quelli di passo, oltre che per pesci, rettili e anfibi. Senza esagerare, una volta oltrepassata la recinzione, ci si sente in paradiso; d’altra parte, “caeruleus” deriva da “caelum”, ovvero cielo, dove noi collochiamo, appunto, il paradiso. Inoltre, uno specchio d’acqua rivela sempre una realtà a rovescio che avvince, perché, oltre la superficie, potrebbe esistere un mondo diverso e forse migliore. Un piccolo capanno sulla riva è diventato, per Umberto, un punto di osservazione e “cattura” fotografica (bird watching) non solo degli uccelli, ma di tutta la fauna del lago: “Andare al capanno di Rio per me è qualcosa di magico e mi fa sentire come un pescatore subacqueo in apnea che, prima di immergersi, prende una bella boccata d’aria. 
Il capanno fotografico consente al fotografo si stare nascosto e osservare gli animali in incognito. Per altro, da diversi anni dico che anche in Appennino sarebbe bene allestire alcuni di questi capanni, come si fa in tutto il mondo, così da attirare molte persone in qualsiasi stagione, soprattutto ora che gli inverni non vedono che sporadiche nevicate. Il capanno di Rio, però, ha qualcosa in più: lì non c’è rete internet, quindi, noi, che siamo abituati a essere sempre e ovunque connessi, ci troviamo scollegati dal resto del mondo, senza possibilità di comunicare. Per certi versi, è come essere su un’isola deserta. Il capanno me lo assaporo in pieno quando sono da solo, più che in compagnia. In questo modo posso spendere la moneta che è la mia più grande ricchezza: il tempo. Sono io a decidere quanto restare… Ci vado con il consenso dell’affittuario e pure del proprietario, il signor Franco Baschieri. 


Il lago era stato scavato per fini irrigui e il gabbiotto ospitava i macchinari per l’irrigazione, poi, più avanti, ha accolto galline e caprette. Ora ospita questo ‘caprone’ - che sarei io – il quale, ogni tanto, stacca la spina e va là. La finestra, in un primo momento, mi sembrava troppo grande, mentre poi, guardandola dalla sponda opposta, ho capito che dentro non si distingueva nulla. È quasi una finestra magica: si può guardare fuori, ma da fuori non si può vedere all'interno. Allora, ho deciso di appostarmi lì e di chiudere l’ingresso con un lamierone per ridurre la luce e impedire agli animali di individuarmi. Ho avuto la riprova filmando rapaci come lo sparviero, che ha una vista incredibile, e che, come altri, non si è accorto di me. Vesto comunque abiti mimetici e mi accomodo sulla mia sedia da regista; mi sento così davvero: regista del mio tempo. Stacco da tutto e da tutti per immergermi in questa sorta di apnea che mi porta a conoscere gli animali ospiti o di passaggio: gli uccelli, ma anche i banalissimi rospi. In questo modo, per esempio, osservo un rospo in amore che esce dall’acqua e rincorre un uccellino, la Motacilla cinerea, cioè… la ballerina gialla! Scene fuori dall’ordinario, non eccezionali, ma ‘extra ordinem’, al di fuori di ciò che è comune. A volte le ore passano e non arriva nulla, tuttavia, quando - salendo da Villaberza e recuperando la connessione web - riemergo dall’apnea, mi rendo conto che porto sempre a casa qualcosa”. Ovviamente, da abile ricercatore naturalistico, non ha dimenticato di posizionare le sue fototrappole: anche questa operazione, in fondo, richiede maestria e senso artistico. 
Aquile fototrappolate da Campari e Gianferrari

Infatti, le immagini da lui fototrappolate hanno poco da invidiare a quelle scattate con una macchina fotografica e ottengono migliaia di visualizzazioni sui siti online dei quotidiani che le pubblicano, soprattutto se si tratta di aquile o di lupi (nel qual caso occorre ricordare il contributo di Marco Campari, suo amico e collaboratore). 


Arrivati al lago, Umberto appronta il cavalletto e la macchina fotografica: “Lo vedi, lassù, appollaiato su quel pioppo? Lo vedi, nero e immobile? Non muoverti! È un cormorano…”, “E là… in fondo, in quel prato, lo vedi quello bianco? È un airone bianco maggiore e, tra un po’, arriverà il suo amico airone cenerino: stanno sempre insieme!” Racconta che, secondo lui, c’è un amore impossibile tra i due: “Cenerino è innamorato di Bianca, ma lei non lo vuol capire, è proprio dura di comprendonio! Eppure, l’atteggiamento di lui è assai palese… è persino arrivato a mettersi davanti a lei con le ali a forma di cuore!” Tra i video pubblicati sul suo canale youtube ce n’è uno molto divertente dove un airone bisticcia con un cormorano. Ci avviamo sul bordo del lago e Umberto controlla la sua prima fototrappola, poi ci mostra le immagini di una splendida ghiandaia: “Hai notato che il blu delle sue ali è uguale a quello del lago sullo sfondo?” Ha ragione: è lo stesso colore. Camminiamo, e l’aria ci arriva calda dall’acqua, mentre sul ciglio soffia una brezza gelida. Umberto indica un viluppo di rametti su un enorme pioppo: “È il nido di un falco… Nel campo trovavo sempre delle penne e pensavo ai residui di una predazione dell’astore o dello sparviero. Le penne, però, erano di fagiano maschio, dunque ho escluso lo sparviero, troppo piccolo per riuscire a catturare un animale che pesa tre volte lui... poi ho individuato il nido”. 

Astore

Il gheppio e la poiana li avevamo già osservati scendendo: lui su un filo della luce, lei a planare sulle correnti. Il cormorano, nel frattempo, dopo essersi alzato in volo, ci osserva dall’alto, prima di allontanarsi, austero come un ricognitore militare. Umberto, in un video, ha ripreso una coppia di cormorani, che, con le ali aperte, si asciugavano appollaiati al sole sulle pietre. Li controllava la solita cornacchia impicciona in assetto da vigile urbano pronta a infliggere una multa. Anche la scena che Umberto non ha fatto in tempo a catturare, quella di un falco biancone, detto “aquila dei serpenti”, che volava con una lunga biscia penzoloni nel becco e tra gli artigli, è affascinante. Ai nostri antenati, la figura dei “serpenti galli”, o delle varie divinità di serpenti piumati potrebbe essere venuta in mente davanti a situazioni come questa. 

Albanella reale che fa il bagno

Da neo fotografo, il nostro naturalista sta producendo immagini veramente suggestive. Ci spiega che cos’è il “focus peaking”, che permette di ottenere foto chiare di soggetti in parte nascosti dai rami, come un bel picchio verde. Uno dei rapaci che frequenta il lago è l’albanella reale, che in Italia troviamo in alcune aree umide lungo il Po, nella Sardegna nord orientale, a nord del Gargano e lungo il litorale toscano. Le aree di nidificazione interessano sia l’Europa orientale sia, in minor misura, l’Europa centro occidentale. L’albanella si nutre di piccoli mammiferi, per lo più roditori, e di uccelli, specialmente nidiacei; talvolta può cibarsi di rettili e anfibi. 


Sicuramente, i rospi, che in questo periodo amoreggiano nel laghetto, le saranno alimento gradito. Umberto, dal capanno, con la fotocamera pronta sul cavalletto, la vede arrivare (anzi, “lo”, perché dal colore è sicuramente un’albanella maschio) mentre l’airone cinerino poltrisce al sole. Un po’ come fanno gli anziani al mare, l’albanella entra pian piano in acqua, bagnando prima il costume da bagno - il piumaggio delle zampe e della coda – poi si ferma, come se percepisse una presenza estranea; velocemente, si inumidisce appena il becco, si accovaccia e, infine, si decide: si tuffa e si lava per bene… fin sotto le ascelle. Gli occhi gialli, un po’ inquieti, sembrano riflettere lo stesso colore dorato delle foglie cadute sul fondo melmoso. “Le ore di solitudine al lago”, conclude Umberto, “consentono di scendere a fondo nei nostri pensieri, come il subacqueo scende a fondo nelle acque. Lì, nel silenzio, nell’isolamento, possiamo toccare il nostro punto massimo di introspezione prima di riemergere e portare a casa qualcosa in più.”

































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