giovedì 9 dicembre 2021

GRAZIANO TROVATI - 1964: LA BANDIERA NERAZZURRA SUL DUOMO DI MILANO

 

MemoMI si può definire una televisione della memoria di Milano, una web tv gratuita per tutti, nata per conservare e tramandare i racconti della ‘città che non c’è più’, completandoli con le memorie dei ‘nuovi’ milanesi. Tra i personaggi cui dedica uno spazio, ci sono, per esempio, Leopoldo Pirelli, Beppe Viola, Natalia Aspesi, Alda Merini. Poi c’è lui: Graziano Trovati, il nostro “Trovati”, montanaro d’adozione - del quale già parlammo su Tuttomontagna nel 2016 - purtroppo scomparso solo due anni dopo. Graziano, che in seguito è stato tra i fondatori della Polisportiva felinese con Giuseppe “Bigio” Braglia, non era di sicuro una persona qualunque. Su MemoMI, la giornalista Caterina Pasolini gli dedica un video introdotto così: “La storia del tifoso nerazzurro Graziano Trovati, che il 27 maggio 1964, per festeggiare la conquista della Coppa dei Campioni a Vienna contro il Real, mise la bandiera della sua squadra in cima al Duomo. Un'impresa ancora sospesa tra realtà e leggenda…”

È Simona Trovati, la figlia minore, ad essere stata contattata da una delle redattrici. Simona è direttrice del museo e responsabile del tour all’interno dello stadio di San Siro “Meazza”, museo che ogni estate diventa il secondo più visitato in città dopo il Cenacolo.



Era uomo di grande spessore, Graziano, umile e disponibile nei confronti di tutti, tuttavia sempre molto restio a parlare di sé, così che in Appennino non ci si è del tutto resi conto del suo valore. Milanese purosangue, anche se nato nella vicina Desio, trascorreva le vacanze estive dalle nostre parti perché aveva sposato una montanara, la bella Miranda Medici.

Di lui, le figlie Cristina e Simona ricordano la grande passione per lo sport in generale: “Pur essendo femmine, ci fece praticare tutti gli sport possibili; ci comprò addirittura le biciclette, quando, allora, era più uno sport da maschi!”

Due erano le sue passioni: il ciclismo e il calcio, ma praticava anche il nuoto e, in estate, quando era in vacanza a Predolo di Villaberza, riempiva l’auto di bambini e li portava in piscina perché imparassero a nuotare.


Le figlie raccontano il suo grande amore per il nostro Appennino: “Pur essendo un appassionato di mare, in parte ci rinunciava pur di venire a Predolo. È un paradosso, ma lui amava quei luoghi più di quanto li amasse mia madre che da quelle parti era nata. In fondo, noi tutti ci torniamo volentieri perché il papà ci ha abituati così. A Predolo, lui non poteva mancare. Era felice, si divertiva, non voleva altro. Aveva persino adottato una cagnolina di Ugo, uno del paese e, con quella, partecipava, vincendo, alle gare di esposizione canina.”

Miranda ricorda i personaggi sportivi che Graziano aveva portato in Appennino, come il fratello di Coppi, Livio, che si era fermato a Predolo. In realtà, sarebbe dovuto venire il figlio, Faustino, ma poi, per un imprevisto, aveva dovuto declinare l’invito. E come dimenticare Sandro Mazzola e Bergomi? Inoltre, sempre a Predolo, veniva a villeggiare, anche per due mesi l’anno, Emilia, la madre di Mazzola.

Ride, Miranda, raccontando di una sorta di rito che, a proposito del nuoto, Graziano aveva praticato per diversi anni, a Milano, nel gelo di gennaio: “ Si trattava di cimentarsi in una prova tuffandosi nell’acqua del Naviglio nei giorni ‘della Merla’, difatti, si chiama ‘Cimento’. Lui partecipava sempre.” E le figlie aggiungono: “Il papà non aveva paura di niente. Era come un bambino: sempre entusiasta per tutto, sempre pronto alle sfide. Al mare, lo vedevamo nuotare al largo, si allontanava fino quasi a scomparire”. D’altra parte, Graziano, da bambino, era stato una piccola staffetta partigiana che scorrazzava in bici sotto il naso dei fascisti. Tornando al ‘Cimento’, il primo era avvenuto nel 1895, il 25 gennaio, durante una competizione organizzata dalla Canottieri Olona. Da buon milanese e da grande sportivo, come poteva Trovati esimersi dal parteciparvi?


Era cresciuto nella zona di corso Buenos Aires, vicino a piazzale Loreto da dove, nel 1909, era partita la prima tappa del primo Giro d’Italia. A soli tredici anni, aveva iniziato a disputare gare in bicicletta, seguendo comunque anche il calcio. Aveva ottenuto buoni piazzamenti come ciclista e pure qualche soddisfacente risultato. Lo soprannominarono ‘Ferdi Kubler’, non tanto per le affinità sportive con il campione svizzero, bensì per l’importante foggia del naso. Ma veniamo al video di MemoMI, secondo il quale la Madonnina del duomo, in qualche modo, sarebbe diventata improvvisamente interista. Il motivo? Forse l’azione audace, impulsiva, di Graziano Trovati nel 1964, quando, dopo la conquista della prima Coppa dei Campioni nerazzurra contro il Real Madrid, si arrampicò sul punto più alto della cattedrale infilando la bandiera dell’Inter tra le braccia della Madonnina. Il gesto, tra la follia e l’eroismo, gli costò l’arresto. La legge è legge e fu rispettata finché l’avvocato dell’Inter lo fece rilasciare.

Poi arrivò anche la chiamata di Moratti senior che lo ringraziava e gli proponeva di creare un’associazione di tifosi dell’Inter, quelli che poi sarebbero diventati gli Inter club…

Nel 1970, Trovati venne assunto ufficialmente dall’Inter, ‘con i libretti’, come si usava dire allora. Ciò che accadde quella sera lo racconta anche Nando Dalla Chiesa in una sua intervista: “Il popolo nerazzurro impazzì e lui più di tutti. Andò a piantare la bandiera dell’Inter in cima al Duomo, tra le mani della Madonnina.”


E continua con le parole di Trovati: “Mi tirò fuori il giorno dopo l’avvocato Prisco, principe del foro e tifoso nerazzurro. Poi mi telefonò il presidente, Moratti padre, e mi fece i complimenti. Mi chiese se ero disposto a creare una struttura associativa dei tifosi dell’Inter. Gli dissi di sì e ci mettemmo all’opera in tre. Gli Inter Club nacquero così… Ho svolto il ruolo del factotum. Certi versamenti in banca, gli acquisti di materiali senza fare sprechi, o missioni segrete come andare a prendere riservatamente all’aeroporto un calciatore in trattativa per venire all’Inter. I presidenti con cui ho lavorato, Moratti e poi Fraizzoli e poi ancora Pellegrini sapevano che di me si potevano fidare. Nemmeno con mia moglie mi sfuggiva una parola su quello che facevo, e lei me lo rimproverava, ‘ma come è possibile?’ mi chiedeva. Ho collaborato anche con Italo Allodi, il general manager di quello squadrone. Sono rimasto amico di Flora Gandolfi, la moglie del ‘mago’ Helenio Herrera, ho voluto bene soprattutto a Mazzola e Facchetti’.”

Sempre l’amico Nando Dalla Chiesa, relatore della tesi di laurea di Simona e padrino di battesimo di suo figlio, dice che dovendo trattare anche questioni legate alla gestione dello stadio e degli inviti in tribuna, Graziano teneva i rapporti con le autorità di polizia o con i consolati. In questo modo, conobbe il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Succedeva poi che molti pezzi grossi della questura finivano a pranzo da Miranda, la quale restava all’oscuro di tutte le faccende burocratiche, ma si prodigava in cucina, con grande piacere dei commensali, da brava cuoca emiliana.

Con Graziano, Miranda frequentava il circolo anziani di via Boscovich, dove si ritrovavano un po’ tutti i reggiani residenti a Milano che lì, insieme, ballavano il liscio.

Ecco come lo descrive Massimo Moratti nel video di MemoMi (per chi volesse vedere il video, questo è il link: https://memomi.it/quando-la-madonnina-divenne-interista): “Graziano Trovati era un personaggio importantissimo tra i tifosi, era uno dei più grandi sostenitori dell’Inter. Allora, non esistevano la curva o il tifo organizzato: si organizzavano per conto loro in quanto tifosi dell’Inter, poi si riunivano tutti insieme la domenica per andare a vedere la partita, dopodiché, durante la settimana, discutevano della partita stessa. Trovati era considerato il numero uno perché era il più vivace.”


Come già detto Graziano era anche un ciclista. A cavallo fra gli anni ‘40 e ‘50 erano diffuse, nei dintorni di Milano, alcune competizioni non riconosciute dall’Uvi (Unione Velocipedistica Italiana), con ricchi montepremi, soprattutto in natura. La fame, quella vera, era un brutto ricordo e i premi in palio a base di generi alimentari, come riso, prosciutti o maialini, erano molto ambiti. Il pericolo era farsi beccare dall’Uvi e incorrere in pesanti squalifiche. Proprio in uno di questi controlli incappò Graziano Trovati che, però, continuò a gareggiare fra i cicloamatori, conoscendo così l’ingegner Giuseppe Fenaroli, grande appassionato delle due ruote, del quale divenne amico.

Simona racconta che Graziano aveva ereditato da suo padre questo suo amore per il ciclismo. Il nonno era un partigiano e aveva sfruttato la passione del figlio per fargli trasportare le armi sulla bici. Cristina, invece, ricorda la grande amicizia del papà con la famiglia Coppi.


L’impresa della notte del 27 maggio 1964, tuttavia, per i Trovati restava un segreto. “L’abbiamo scoperto dopo, - dice Simona -, perché lui non ne parlava, non raccontava mai quello che combinava. Però, è tipicamente suo voler fare la bravata, la goliardata... di dire… la squadra sul tetto del mondo, quindi… la Madonnina, quindi… andiamo a mettere la bandiera!”

Miranda afferma che li hanno fermati prima, che non sono riusciti ad arrivare fin lassù, che li hanno portati in questura dove poi li ha raggiunti e liberati l’avvocato Prisco. Invece, Sandro Mazzola conferma che Graziano ci riuscì e che fu qualcosa di fantastico.

“Quella sera me la ricordo... fu particolare, perché da quel momento cominciammo e continuammo a vincere”, dice Massimo Moratti.



Graziano ha lasciato un grande vuoto in montagna. Manca la sua collaborazione a organizzare eventi sportivi e feste, come quella di Villaberza; mancano i gadget dell’Inter regalati in giro, mancano le sue battute alla Totò, il suo perenne sorriso e l’abbraccio con cui accoglieva tutti.




 


 

  

 


 

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