giovedì 5 aprile 2012

"DONNE A MEMORIA" - 8 marzo - Biblioteca Panizzi (RE) - Intervento di AGOSTINO GIOVANNINI e foto-gallery


8 Marzo.. una data importante a ricordare le conquiste economiche, politiche e sociali della donna, ma anche le discriminazioni e le violenze subite in passato e ancora oggi. Una data che riferisce anche, pur con divergenza di fonti (chi la data il 25 marzo), a quando in un incendio di una fabbrica NewYorchese morirono 129 donne, quasi tutte immigrate; rinchiuse a chiave nello stabilimento per timore di furti o pause troppo lunghe. Alcune avevano 12 anni e sostenevano turni di 14 ore al giorno!


E quali migliori libri, per celebrare la cruda realtà soprattutto femminile, se non quelli dell'amica Normanna Albertini? E proprio in quella reale crudezza che il pudore e l'omertà vuole relegata dietro le tende di casa, nei panni sporchi che si lavano in famiglia, ho trovato il centro e la passione per i suoi scritti:
verità nascoste in società, paesi e paeselli, dove tutti sanno, ma nessuno dice, perché non piace, non si addice al comune senso del decoro! Meglio teatrini ipocriti.. “La primavera è vita tenace, che rinasce e tracima e offende. Il profumo, nel vento violento d’aprile, è dei fiori, dell’erba, della terra bagnata. È pieno e sensuale, pungente e selvatico, insistente. La vita è vita e fluisce, scorre, importuna e dà scandalo. Non si può reggere all'insistenza del suo risorgere, quando allaga i campi, i boschi, le acque, i corpi. Fermarla, bisogna fermarla. O, perlomeno, si dovrebbe educarla.” (pg. 17 di Shemal) Così inizia Normanna..e così proseguirà in ogni sua composizione.


Nascondere il naturale corso delle cose, per  compiacere il  padrone (che poi chi è mai il vero padrone se non la natura?) è un tema tanto storico quanto moderno. È moderno l'abuso della figura femminile, il disprezzo nel gioco politico e il poco valore dato in una società che annaspa nelle sue contraddizioni. La stessa confusione e assurdità, di cose che in fila non stanno e hanno ben poca logica, la ritroviamo nel disagio psicologico che colpisce il corpo di tante, troppe ragazze. Il disagio e la patologia, come lo leggiamo nel Pietro dei Colori, si sviluppano nel negare la realtà, il vissuto stesso e l'importanza del fatto anche cruento, orrendo..ma reale! La fuga, appunto, di Lucrezia è da se stessa e dalle sue origini: un'auto inganno e la fuga dalla realtà.

E i personaggi di Normanna, tutti dati alla luce da Lei, eppure tutti profondamente legati alla storia, alla psicologia terrea di ogni posto cultura e tema..viaggiano e a volte fuggono da se stessi. Un Viaggio in cui è difficile non seguirli e non legarsi a Loro.

La Donna è Madre prima di tutto, vita! E la vita sgorga nel mondo nel dolore fisico e nello sporco del sangue come letto prima nel brano di Shemal..la primavera inopportuna!
E donna e madre lo è Normanna che nel suo primo libro non riesce a mal-trattare nemmeno l'inquisitore più spietato della storia,  il serpentesco Torquemada. Un testo dove il protagonismo è scambiato tra la giovane Elvira - colpevole di non gradire il maiale e di..LAVARSI!  Troppo per la Spagna della scoperta delle Americhe, che punisce l'ebraismo per deicidio - ma forse non per Torquemada, suo quasi involontario torturatore e giudice.

Elvira è al contempo la prima vittima vista da vicino, la prima donna vista da vicino dall'inquisitore, la giovane è innamorata di un marito da cui è stata portata via, ma è anche il fantasma della madre del suo aguzzino, che nella sofferenza e nel sangue ha tentato di salvarlo. Lui stesso reo di raccontarsi bugie e cedere alla verità solo dopo un abbraccio femminile, materno (forse l'unico in vita sua).

E come madre, moglie e espiatrice di colpe non sue, Elvira è tessitrice involontaria (come involontaria è la scoperta di un nuovo continente!) delle storie dei personaggi di questo romanzo, che parte dalla Spagna per giungere nelle Americhe, rientrando in Europa e conducendo il triste marito in Italia nel desiderio di riabbracciare l'amata.

Nei romanzi la vera protagonista è sempre tessitrice: delle Tre Moire greche, dee del destino, è la prima. Donne appunto che torneranno dalla terra al cielo solo in Pietro dei Colori: nella Luna..Dea egizia


Poi.. Il tempo corre tra l'ottocento e il novecento, dove nasce Isabella, in un orrendo fattaccio; Lei è di Ca degli Osti, delle nostre montagne. Qui Normanna ci trae in inganno con il titolo: illudendoci che solo della bella e fantasiosa ragazza narri il libro. No! Lei è la Moira del nostro testo, ma i protagonisti son tanti e tanti sono i personaggi.  Lo stile si evolve e il libro che Normanna ha scritto, e non terminerà mai di scrivere (oggi trittico domani chissà..), fa nascere e rinascere molti personaggi importanti.
Tra la miseria, la violenza e la crudezza dei destini delle donne e dei figlioletti in una danza di una follia curata teatralmente, si narrano le storie brutte dei paesi, l'abuso e il sopruso dei deboli, degli affamati e dei folli (traditi da patria e famiglia). Si racconta di giovani fanciulle troppo presto chiamate a sopportare dolori non adatti a nessuno, figuriamoci a tali giovani età. Fanciulle che curano e rendono possibile tessendo ogni vita e ogni movimento nell'eterno viaggio dei figli della penna dell'Albertini. Tutte Moire che influenzano senza saperlo intere vite  e permettono così che la vita sia vita, nuda e cruda, amabile e odiabile, ma una vita che torna a casa, che trae le fila e i fili di ogni esistenza. Qui, come prima Elvira, Isabella è inconsapevole la principale tessitrice, un richiamo delle vicissitudini stesse che hanno direttamente influenzato il sogno dell'unione d'Italia. Ed è sempre grazie alla giovane protagonista che dal lezzo dell'abuso sgorga poi consapevolezza e pentimento.


In Pietro dei Colori.. beh..questo romanzo meriterebbe una analisi dedicata: qui i personaggi evolvono ancora di più! Difficile o impossibile è trovare la vera protagonista:  tante donne, tante figure storiche e attuali e tante storie. La Luna certo..da Dea Egizia a Greca..costante tessitrice diretta, ma delegando ogni fase ai tessitori (anche uomini qui, quasi alla stessa attenzione delle donne) che la custodiscono in quelle pietre che il cammino regala ai protagonisti.

Dicevamo già come Lucrezia Fina, giovanissima sposa di un vecchio grasso e sdentato per appianare i debiti del padre, fugga da se stessa e dalle sue origini, martoriando il suo esile corpo con l'anoressia. Lei non racconta se stessa la verità, i veri motivi che a quelle scelte l'hanno condotta. 
Eppure, pur giovanissima, immersa nella perversione mondana, non si nasconde la bionda Orsola al motivo del suo destino di prostituta più giovane della storia! Solo 12 anni..
Poi, anziana, corrotta e redenta, distrutta dagli errori di una vita, Peruzza inaugura il narrato cercando di proteggere tutti i personaggi più giovani e deboli che si presentano. Nemmeno lei, tra le crudezze di stupri, omicidi, infanticidi, aborti, sofferenze immani..non si nasconde in false credenze. 
Lucrezia Fina è narrata in contrapposizione: ha denaro nobiltà e castelli, ma non ha nulla di ciò che avrebbe desiderato.. se si fosse concessa di desiderare (!) invece che ricamare e mostrare un'immagine di Lei inesatta "fuori casa"; desideri incontrollabili sfogano la notte, gettandosi ingorda sul cibo e che si mostrano a Lei con l'arrivo del pittore Pietro, il giovane di cui le due ragazze si innamorano,  e nella presenza sempre più ferma dell'Ostessa, personaggio enigmatico e ribelle, morta per la sua stessa scelta.

In questo parallelo tra la verità e il nascondere la verità a se stessi, vedo la malattia dell'anima di Lucrezia (l'anoressia) e le scelte volontarie, pur inaccettabili, delle altre donne del romanzo. Un disagio che ancora oggi rivediamo intorno a noi in troppe ragazze in cui la paura, la colpa e il mentire a se stesse, si ripercuote sul loro corpo esprimendosi talora in un disturbo del comportamento alimentare, talora lasciando che il proprio corpo sia trattato come merce di scambio e di poco valore. Dove l'amore, per se stessi e per gli altri, e anche la spiritualità decade nell'oblio, creando inevitabilmente sofferenza.

Lo scrive il Dalai Lama oggi in vita, che la spiritualità non è la religione, ma una condizione necessaria per amare se stessi e chi ci circonda, un ingrediente fondamentale per la felicità di tutti gli esseri senzienti. E in Pietro dei colori la grande saggezza di Tenzin Gyatso è lasciata al caro Frate Mauro (altro protettore dei protagonisti) che cerca di chiudere il cerchio di Shemal con la ricerca di un libro che, tra le varie cose, suffragherebbe l'esistenza di una terra rotonda e il continente da li a breve scoperto..

La vita è vita, irruente, orrenda e stupenda, che ci piaccia o no..e negare ogni sua parte era ieri ed è oggi solamente causa di infelicità e sofferenze spesso molto grandi.

di Agostino Giovannini


evento organizzato dall' ANPI di Reggio Emilia - Con Marianella Casali e Agostino Giovannini, coordinato da Antonio Zambonelli e introdotto da Fiorella Ferrarini, vicepresidente Anpi

breve foto-gallery a cura di Angelo Bariani :





Nessun commento:

Posta un commento