martedì 17 gennaio 2012

Presentazione di "Pietro dei Colori", di Agostino Giovannini - Castelnovo ne' Monti, 18.10.09


“La primavera è vita tenace, che rinasce e tracima e offende. Il profumo, nel vento violento d’aprile, è dei fiori, dell’erba, della terra bagnata. È pieno e sensuale, pungente e selvatico, insistente. La vita è vita e fluisce, scorre, importuna e dà scandalo. Non si può reggere all’insistenza del suo risorgere, quando allaga i campi, i boschi, le acque, i corpi. Fermarla, bisogna fermarla. O, perlomeno, si dovrebbe educarla.” (pg. 17 di Shemal)

Questa è la terza volta che l’amica Normanna mi concede il privilegio di presentare il suo ultimo libro. Tre, appunto, come i suoi (ad oggi) tre libri scritti…

Tre libri che, per quanto diversi e uguali, partono nelle righe sempre presenti di SHEMAL lette prima: il primo libro di una trilogia che parte sul finire del 1400, in un’ambientazione dell’inquisizione spagnola attorno alla scoperta dell’America; prosegue poi con ISABELLA à e fine 1800 dove la massoneria, la vita di ogni giorno e gli amori dei protagonisti si intersecano nella valli di Bismantova. Torna poi di nuovo indietro, alla prima metà del 1400 (poco prima del primo libro), nelle valli del fiume Secchia e di Garfagnana, nelle vite di banditi, contadini, pittori e papi.


Credo che le righe che, più di tutte, mi restano impresse di SHEMAL siano il filo conduttore di ogni libro di Normanna. La vita è vita! Che ci piaccia o meno lo è: disinteressata al nostro bigottismo, al giocare con l’etica oltre le mura di casa e nascosta agli occhi delle piazze.
Che la vita non possiamo davvero governarla ce lo insegna la storia: la vita, come forse la natura del mondo che ci circonda, è a prescindere da noi. Essa è! Come tra l’altro “è” il Dio cattolico della fede di Normanna.. come è la forza FEMMINILE che permane presente in un femminismo soltanto apparente, da una mia stolta analisi. Come lo è la LUNA presente come figura divina e femminile, madre e compagna in questi libri.

I libri di Normanna non li ho letti seguendo una vera logica, li ho letti prima innamorandomi della giovane ISABELLA nel libro che ne porta il nome, poi seguendo il SERPENTE giallo e la figura angusta e travagliata dell’inquisitore TORQUEMADA e infine perdendomi nelle storie crude e VERE dei molti personaggi di PIETRO DEI COLORI.
Tuttavia, in questa altalena cronologica ho letto, permanente, un messaggio chiaro e pur criticato.. la sua crudezza del raccontare, senza tuttavia cadere nel macabro o nello splatter, mi ha mostrato il messaggio che tanto mi è familiare: l’arroganza dei valori etico-morali che, spesso a conti fatti, NON esistono. Sono, invero, stupide facciate che valgono, appunto, in piazza, agli occhi della gente, e non valgono dove possono divenire i “segreti di pulcinella”.
Volendo giocare con i tre testi, ma cercando di non addentrarmi troppo nello svelarvi la sorpresa delle tre storie.. provo a seguire il disagio che lega i tre libri. Trattando il raccontare la sofferenza, la violenza quotidiana che veniva e viene tutt’oggi vissuta, magari solo con un costume un pochino differente.

SHEMAL si scatena tra la caccia dell’oro e nel perseguitare l’ebraismo con l’inquisizione spagnola, menziona le violenze e le rabbie illogiche. Ma parla di un personaggio apparentemente non protagonista: il personaggio cattivo: TORQUEMADA. Un personaggio realmente esistito come inquisitore, di cui spiegherà meglio Normanna. Tuttavia quel che io vi dico è che in esso si vede la RABBIA e la sofferenza di un bambino seviziato e torturato in nome di ideali folli, e certo pazzo era il suo torturatore. Una RABBIA che in questo personaggio verrà esasperata nel proseguire quegli ideali in esponenziale, al protrarsi a lungo di una sofferenza che riversa poi, in modo indicibile, sui poveri contadini che incontra sul suo cammino.
E nel suo primo libro, forse, per Normanna i veri personaggi sono solamente TORQUEMADA e la protagonista femminile ELVIRA DO CAMPO che, per la sola colpa d’essere stata vista LAVARSI troppe volte, viene incriminata di eresia perché attua riti EBRAICI. Così la vicenda si dipana tra il torturatore (nelle sue sofferenze interne), e l’imprigionata, la quale, invece, muove all’esterno le vicende delle persone che ne vengono influenzate: il marito e coloro che lo accompagnano.


Con ISABELLA Normanna affina un gioco già accennato: quello di incuriosire l’autore mediante un racconto non sempre cronologico dei fatti. Che, tutt’altro che banale o di difficile comprensione, concede al lettore, tornato in Italia, nelle nostre valli, di scoprire cose di cui era all’oscuro: dal massone Franceschini alla vita povera e misera di un villaggio che sta proprio di fronte la finestra della mia camera da letto!
Con ISABELLA viene toccato l’abuso dei bambini, la violenza carnale e il suo esser accettata all’epoca. Tra i vari personaggi, la giovane protagonista è, per tanti versi, simile al protagonista dell’ultimo libro: sognatrice e quasi fuori luogo nel contorno che viene descritto. Qui la violenza non è solo delle donne, ma viene anticipata ai bambini. Un bellissimo passo narra del fratellastro della protagonista, portato come merce o schiavo in Francia a lavorare il vetro, che alterna la realtà alla fantasia, passando dal delirio della febbre causata dal lavoro impostogli al ricordo (un saltellare elegante tra il prendere un attrezzo e la capra delle favole di mamma, tra un vetro che cade perché il ragazzo trema per la febbre e la colazione degli anni prima…)
In Isabella emerge un altro personaggio maschile che è cullato dall’indole materna di Normanna: l’innamorato di Isabella, milanese di buona famiglia che ha però una malattia che pare mortale; eppure guarirà con l’intercessione dell’amore della protagonista grazie a riti PAGANI.
C’è poi il prete, fratello del massone, che rimugina sul non sapere nulla di suo fratello e su quanto aveva visto e udito anni prima. Ci sono i personaggi della nostra montagna, classici in moltissimi paesini del nostro appennino.
C’è la vita vera, tra la miseria e la speranza e i sogni.


C’è poi PIETRO DEI COLORI, il più complesso dei tre libri... non per nulla l’evoluzione dei precedenti. Dove tutto quello che è anticipato viene reso.
In PIETRO DEI COLORI la vera protagonista è la LUNA, divina sorvegliante delle notti... ma poi ci sono figure femminili che disputano l’attenzione con alcuni personaggi maschili. Qui ogni personaggio è peculiare, tanto che di un vero protagonista si fatica a parlare, a prescindere il titolo..

Qui la violenza sulle donne torna cruenta, l’abuso dei bambini è palesato dallo sfruttamento alla pedofilia o alla pederastia. Lo sfruttamento economico come in ORSOLA, la più giovane prostituta della storia (del cui vero personaggio vi parlerà Normanna). L’interesse per il mondo nuovo scoperto in SHEMAL è anticipato dai disegni di FRATE MAURO. La difficoltà della vita e l’accettazione delle violenze è personificato dai banditi, ladri quanto assassini e stupratori: nelle figure di NOE’ e di PERUZZA contrabbandieri e autori di nefandezze interminabili.
Il disinteresse all’infanzia, ai bambini è dettato dalla giovanissima LUCREZIA che viene “venduta” in sposa a un uomo maturo e grasso, dal padre, per appianare i debiti. Lei che, per coronare un’infanzia asettica di apparenza e di ben poco affetto, si nasconde nella tortura del fisico con la privazione del cibo, nell’anoressia, per sfuggire alle attenzioni sessuali del marito.

Tuttavia un altro focale elemento accompagna i libri di Normanna, più di ogni altro, e accompagna la vicenda di una giovane destinata a un triste amore nei confronti di un pittore: IL VIAGGIO.
In ogni libro resta fermo un luogo preciso, ma si viaggia, interiormente come esteriormente. E così accade per LUCREZIA FINA, che appare già in viaggio e racconta il viaggio della sua vita, tra un percorso di poco amore e il tessere, invece, i vestiti perché appaiano belli agli occhi di chi vede l’esteriorità; proseguendo intrecciando le vicende di tutti i protagonisti (alcuni dei quali non ho menzionato). Un viaggio tra il fisico e il morale, tra il voto di castità fatto nel monastero cui è inviata per imparare ad esser moglie, un viaggio tra il Secchia e la Garfagnana, dove abita il futuro marito. Un viaggio che il FRATE, un custode maschile, perché forse la luna non può far tutto da sola, accompagna cercando di rubarle qualche boccone che possa ingerire per non lasciarsi morire, concessione che si lascerà fare solo per non sparire agli occhi dell’innamorato: il pittore che la ritrae nelle sue madonne. Un viaggio nella vita di una ragazza come tante, che, come allora è oggi, manifesta con un motivo blando quanto del tutto assurdo e inverosimile, la sua grande sofferenza credendo anche lei stessa nel motivo che vaneggia.

Questo il bello di questi libri, dove ciò che è narrato tra personaggi davvero esistiti e l’odierno sono in realtà la stessa cosa.

Lucrezia rivolge solo in ultima fase la sua anoressia al marito che così limita ad un solo e subito bloccato tentativo di approccio sessuale; incita prima la richiesta al padre di concederle un matrimonio vero, per amore e non e soprattutto all’età sua di bambina (12 anni!). La stessa età in cui ORSOLA è costretta dalla madre a prostituirsi e a inventarsi la sua strada per sfuggire alle sofferenze, prima usando lei stessa gli abusi di cui è vittima. Come fatto anche da PERUZZA, che era diventata da vittima a compagna brigantessa dell’aguzzino, ORSOLA scappa, usando l'amore e credendoci; la stessa LUCREZIA si concede il delirio della salvezza. Avesse quell’amore che si nega sarebbe salva. E infatti non lo avrà e nemmeno, in verità tenterà di averlo, ma ne fuggirà. Prima ancora, la sofferenza anoressica di LUCREZIA è rivolta forse, intendiamo, alla madre, alla quale importa solo dell’apparenza della figlia e poco altro…
E poi forse, alla fine del libro, ma in verità all’inizio torna all’origine: se stessa! La rabbia per ciò che ha subito e ciò che ha permesso, la rabbia per come ha reagito o non reagito, sussurratogli da un fantasma che la porterà al suo ultimo viaggio: dove la fisicità torna in un modo brutale e disgustosamente triste.

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