UN ANTICO SANTUARIO IGNORATO
L’ORATORIO DI SANT’ELISABETTA A SORAGGIO DI GOMBIO
In origine era un vero e proprio santuario, uno di quelli dove si recavano, per supplicare protezione, le donne in gravidanza o quelle che avrebbero voluto concepire un bambino. Si tratta dell’oratorio di Soraggio di Gombio, dedicato a Santa Elisabetta, o meglio: a “Maria della Visitazione”; edificio sacro nel quale è comprovato, già dal 1575, il culto di un’immagine della Madonna che avrebbe compiuto miracoli. Soraggio è una delle tante borgate di Gombio, quella più in alto, a 710 metri, proprio alle pendici del monte Battuta. Ovvia l’etimologia da “supra”, ma qualcuno ipotizza un “superioribus agri”, cioè “il terreno più elevato”. Scrive lo storico Giuseppe Giovanelli che, a quei tempi, l’oratorio“riscuoteva maggiore devozione e maggior accorrere di pellegrini che non (forse) la stessa Madonna di Bismantova, il cui santuario iniziò nel secondo decennio del ‘600.”
Dipinto dietro l'altare - Foto Umberto Gianferrari |
C’è una leggenda relativa alla nascita di questo culto e di questo edificio religioso, che soltanto i più vecchi - ancora negli anni sessanta - ricordavano. Ogni anno, a giugno luglio, le tempeste devastavano i raccolti del grano e ciò significava la fame per la popolazione. Un giorno, un pastore, che riposava all'ombra di una quercia, vide apparire una donna seduta su un ramo dello stesso albero: una signora anziana che si presentò come Santa Elisabetta. La donna chiese al pastore di costruire in quel luogo una cappella a lei dedicata e di onorarla con una sagra la prima domenica di luglio. In cambio, per la popolazione di Soraggio, lei avrebbe fatto sì che le tempeste cessassero. La leggenda dice anche che la santa avrebbe poi fatto scaturire buona acqua potabile da una roccia, spezzata perfettamente a metà: la sorgente, ancora presente più in basso, di Rio del Monte. Gli abitanti di Soraggio eressero quindi l'oratorio lì a valle, sul margine che divide un castagneto da un campo tuttora denominato “La maestà”.
Maria ed Elisabetta - Foto Umberto Gianferrari |
Celebrata dai frati minori fin dal 1263, sotto papa Urbano IV, l’istituzione della festa della Visitazione è dovuta all'Ordine francescano. In accordo con quanto descritto dal Vangelo di Luca, in cui si narra che, dopo l’Annunciazione, il 25 marzo, Maria rimase da Elisabetta fino alla Natività di san Giovanni Battista, il 24 giugno e, presumendo un'attesa di altri otto giorni per il rito dell'imposizione del nome, la festa in origine cadeva il 2 luglio, cioè l’ultimo giorno della visita di Maria. Infatti, a Soraggio, la si celebrava la prima domenica di luglio. È incredibile la chiara sovrapposizione ai culti pagani delle divinità dei cereali, ai riti dedicati a Cerere, per esempio, ancora presenti in Sicilia fino al 1412. Fu allora che, per estirpare definitivamente il paganesimo, i fedeli di Enna acquistarono a Venezia una statua in legno della Madonna, che ancora oggi, così come avveniva fino ad allora per la statua di Cerere, viene portata in processione proprio il 2 luglio. Riprendendo direttamente le parole di Giovanelli, frutto di una ricerca tra i carteggi presenti in ACuRe, Parrocchie, Gombio, e nel faldone degli Oratori pubblici, scopriamo che: “Numerosi segni e oggetti ‘per grazia ricevuta’ attestavano la fama dell'oratorio-santuario. Da una lettera datata 18 giugno 1640 del rettore di Gombio don Giovanni Tommasi (1602- 1644) al vicario generale della diocesi emerge che da due anni la Santa Sede ha concesso l'indulgenza plenaria ai fedeli che, nella ricorrenza della Visitazione di Maria a santa Elisabetta, si recano presso questo santuario-oratorio e, confessati e comunicati, lo visitano. Don Tommasi chiede perciò di potervi celebrare in quell'occasione la messa e fare tutto ciò che è richiesto perché i ‘popoli’ possano lucrare l'indulgenza. Usando l'espressione ‘popoli’ don Tommasi sottolinea come l'oratorio sia frequentato non solo dalle persone del borgo, ma anche da fedeli della più lontana provenienza, proprio come in un santuario. L'anno seguente don Tommasi redige l'inventario dell'oratorio; descrive ‘una chiesa murata dintorno et coperta et imbiancata con le porte serate con chiavature, l'immagine dipinta nel muro, titolo della Visitatione della Beata Vergine, una campana con campanile’ e un corredo di vari arredi liturgici che mostra una ricchezza a quei tempi inconsueta per un oratorio. Possiede pure in dote alcune pezze di terra, una delle quali nel 1646, in occasione della compilazione del nuovo estimo di Gombio, viene rivendicata da Battista Tedeschi, contraddetto, in una escussione di testi, da diversi compaesani e dallo stesso don Giovanni Tommasi che, due anni prima, si era ritirato da rettorato lasciando in suo posto il nipote don Domenico Tommasi. Il carteggio mostra come l'oratorio sorgesse non in mezzo alle case, come oggi, ma alle falde di un castagneto, confermando la tradizione orale dei Soraggesi che ne narra l'origine e la prima ubicazione. Benché detto di Soraggio, l'oratorio è comune anche alla borgata sottostante di Casa Ferrari. Le cose sembrano procedere pacificamente, finché don Domenico Tommasi un bel giorno del 1748 chiude a chiave i paramenti in una cassa, chiude l'oratorio e si porta via la chiave. Teme che i Soraggesi vogliano farvi celebrare la messa tutte le domeniche, venendo così a ledere i diritti del parroco e della chiesa parrocchiale. Protesta presso il vicario generale dei Soraggesi, che rivendicano le spese fatte per l'oratorio in paramenti, campana, restauro e altro, e successiva autodifesa di don Domenico che vuol mantenere nell'oratorio l'unica celebrazione annuale e prendersi le offerte.
Dopo aver visitato l'oratorio, il 21 maggio 1752, l'arciprete e vicario foraneo di Castelnovo lo definisce ‘satis conservatum’. Quell'’abbastanza conservato’ può indicare una manutenzione relativa che presterà il fianco alla futura lavina. (…) Successivamente - prosegue la tradizione locale, senza indicare un anno preciso - l'oratorio viene messo in pericolo da una frana. Non crolla, però, e continua ad essere officiato, mentre i Soraggesi ne costruiscono uno nuovo in mezzo alle loro case. L'accordo con il vicario generale prevede che, ultimato e benedetto il nuovo - e questo avviene nell'autunno 1764 – il vecchio nel bosco venga sospeso.
A questa soluzione si oppone un don Girolamo Ferrari, presumibilmente di Casa Ferrari, che vorrebbe continuare a officiarlo, nella speranza, forse, che i ‘popoli’ continuino a frequentare questo e non il nuovo. Anche qui il carteggio incompleto non consente di verificare l'esatto svolgersi dei fatti. Però la visita Castelvetri del 1751 ci informa che a Casa Ferrari c'è già un nuovo oratorio, e si sa che il vecchio nel bosco giunge pochi anni dopo al crollo.
La data di costruzione dell'oratorio attuale è dunque il 1764, come afferma il millesimo inciso su una pietra, accanto alle figure di un quadrante, un martello, una croce latina, una rosa celtica a sei punte. Come nel vecchio oratorio, anche in questo la scena di Maria (a sinistra) che saluta l'anziana cugina Elisabetta è dipinta sul muro, racchiusa entro il disegno di una complessa ancona che riempie quasi tutta la parete retrostante l'altare. Sotto questa scena appaiono i santi Antonio di
Padova e, a destra, san Pellegrino. Purtroppo sia la pittura che la struttura stessa dell'oratorio mostrano oggi urgenti richieste di restauro”.
Dell’edificio religioso, che è su terreno privato, si è occupato con dedizione il diacono Dino Fracassi, che ha riposizionato la vecchia pietra dell’altare, proveniente forse dall’oratorio nel bosco e riportante la data del 1641. Grazie al lavoro del fratello Elio, ha sostituito la vecchia porta con una nuova e ha restaurato banchi e arredi. Purtroppo, resta lo stato di degrado del dipinto, che richiederebbe un intervento di recupero serio. Ciò che dà da pensare è che, nel 1700, un borgo minuscolo come Soraggio potesse permettersi le spese per una chiesetta e per pagare a un pittore la commessa di un dipinto di tali dimensioni.
Padova e, a destra, san Pellegrino. Purtroppo sia la pittura che la struttura stessa dell'oratorio mostrano oggi urgenti richieste di restauro”.
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Oratorio di Soraggio - Foto: Roberto Federici |
Dell’edificio religioso, che è su terreno privato, si è occupato con dedizione il diacono Dino Fracassi, che ha riposizionato la vecchia pietra dell’altare, proveniente forse dall’oratorio nel bosco e riportante la data del 1641. Grazie al lavoro del fratello Elio, ha sostituito la vecchia porta con una nuova e ha restaurato banchi e arredi. Purtroppo, resta lo stato di degrado del dipinto, che richiederebbe un intervento di recupero serio. Ciò che dà da pensare è che, nel 1700, un borgo minuscolo come Soraggio potesse permettersi le spese per una chiesetta e per pagare a un pittore la commessa di un dipinto di tali dimensioni.
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