giovedì 30 novembre 2023

UN SAGGIO SULLA POLITICA DI DE GASPERI - IL LIBRO DI GINO FONTANA

 

Gino Fontana

L’idea di una Europa federale come forte elemento ideologico nella politica estera del grande statista. “Mai dare per scontati la nostra democrazia, il nostro benessere sociale, la nostra pace”.

È uscito in libreria, per i tipi di “Consulta libri e progetti”, “De Gasperi e l’Europa unita”; l’intento è quello di aiutare a riscoprire il lascito dello statista e la distinzione fra i valori della vita religiosa e quelli dello Stato e delle leggi. Il volume deriva dalla tesi di laurea magistrale di Gino Fontana, classe 1993, nato tra i monti dell’Appennino reggiano. Abbiamo intervistato l’autore, chiedendogli di presentarci questo suo pregevole saggio.

Come mai, per la tua tesi, hai scelto una figura come quella di De Gasperi? E qual è stato il tuo percorso di studi che poi ti ha condotto a quella scelta?
Mi sono laureato in triennale in Scienze Internazionali e Diplomatiche a Forlì, e in magistrale a Parma in “Relazioni internazionali ed europee”. Ho poi frequentato il Master in Diplomacy presso l’ISPI di Milano (Istituto per gli studi di politica internazionale). La politica estera italiana mi ha sempre incuriosito, tanto che ho scritto diverse analisi per il centro studi Osservatorio Globalizzazione. La scelta di studiare la politica estera di De Gasperi è stata quasi naturale: parliamo di uno dei padri fondatori dell’integrazione europea, Ministro degli Esteri prima, poi Presidente del Consiglio dell’Italia che sorse dalle macerie della guerra e dalla dittatura. La sua opera politica e pensiero mi hanno sempre ispirato.


Come hai suddiviso il libro? Quale struttura e sequenza hai scelto?
Il libro è suddiviso in tre capitoli, con la postfazione finale del professor Bruno Pierri che ora insegna a Forlì “Storia delle relazioni internazionali”. Per meglio comprendere le scelte di politica estera, ho scelto di analizzare tre tappe fondamentali del secondo dopoguerra: la prima comincia dal governo Badoglio, il ruolo giocato dagli aiuti internazionali americani e delle Nazioni Unite, arrivando sino alle prime elezioni democratiche, la nuova forma di governo e la Costituzione repubblicana. La seconda parte, invece, analizza gli sforzi profusi dai Paesi dell’Europa occidentale per arrivare a una vera e propria forma di integrazione militare. Infine, la terza parte del libro riguarda il primo vero traguardo dell’integrazione, ovvero la nascita della CECA, in cui De Gasperi ebbe un ruolo fondamentale.

Che politico fu, Alcide De Gasperi? Un restauratore? Un conservatore? Un moderato “creativo”, in un Paese devastato dalla guerra?
È sempre difficile classificare i politici del passato secondo i canoni odierni. Studiando attentamente un personaggio storico, emergono sfumature a volte difficili da comprendere con gli strumenti attuali: vanno piuttosto analizzate secondo i valori dell’epoca in questione. Come scrivo nel libro, per De Gasperi non vi era contraddizione nell’essere simultaneamente un patriota italiano - quindi difensore degli interessi della nazione - un atlantista e un federalista. Se guardiamo all’Italia di inizio anni ’50 comprendiamo il perché di certe scelte.


Certo, fu un politico che si è sempre mosso consapevole delle condizioni imposte dal quadro internazionale e dalla divisione del mondo in due sfere di influenza...
In quegli anni, vi fu un acceso dibattito, all’interno della Democrazia Cristiana, ma anche all’interno delle altre forze politiche - vedi PCI ecc… - sul ruolo e posizionamento dell’Italia nel quadro internazionale. Molti esponenti della DC, Dossetti in primis, si batterono a lungo per la neutralità dell’Italia. La preoccupazione di Dossetti, e di molti altri, era appunto la creazione di un ordine bipolare. In effetti, tra gli studiosi delle relazioni internazionali, vedi Mersheimer e Gilpin, vi è sempre stato un acceso dibattito su quale sia la natura “migliore”, intesa come più pacifica, dell’ordine internazionale. Per i sostenitori del bipolarismo, vi sono tre ragioni per cui i sistemi bipolari sono più stabili e pacifici e sono questi: per il minor numero di conflitti tra grandi potenze; è più facile gestire un sistema di deterrenza efficace; il rischio di errori di valutazione e incidenti è ridotto. Per i teorici dell’asimmetria di potere, invece, o del multipolarismo, l’equilibro di potenza genera insicurezza e porta alla guerra. Per avere la pace è necessaria la presenza di un attore egemone, mentre la fonte massima di instabilità dell’ordine internazionale è proprio il declino della potenza dominante. Tornando alla situazione italiana, il Paese, uscendo sconfitto dal secondo conflitto mondiale, si trovò sotto la sfera d’influenza statunitense ben prima degli accordi di Jalta.


Quale Europa sognava De Gasperi e quanto è lontana dalla realtà di oggi? L'Europa festeggia sé stessa il 9 maggio: cosa successe quel giorno, nel 1950? Cosa avevano in comune Konrad Adenauer e Robert Schuman con Alcide De Gasperi?
« …L’Europe ne se fera pas d’un coup, ni dans une construction d’ensemble. Elle se fera par des réalisations concrètes créant d’abord une solidarité de fait…» Queste le parole del Ministro degli Affari Esteri francese Robert Schuman alla radio nel lontano 9 maggio 1950, che ammetto, ogni volta che le leggo o ascolto mi commuovono. Spesso sentiamo dire che Schuman, Adenauer e De Gasperi erano accomunati dal fatto che erano tutti democristiani, uomini di confine e parlavano tedesco. Questo è molto riduttivo. Torniamo alla dichiarazione. Quella dichiarazione era indirizzata alla Germania di Adenauer. Da parte francese vi erano ancora forti preoccupazioni sul futuro della Germania, cosa che tratto nel libro. L’ambizione francese, specialmente quella di De Gaulle, era di sottrarre la Francia dalla morsa delle grandi potenze, ma dovette scontrarsi con la dura realtà del secondo dopoguerra. Anche l’obiettivo di indebolimento della Germania dovette essere riconsiderato. Non fu facile per Schuman elaborare una politica estera di riconciliazione con la Germania che non provocasse qualche dubbio, o peggio, paura nell’opinione pubblica francese. Non veniva tollerata l’equiparazione della Germania agli altri Paesi europei. La decisiva svolta psicologica e politica nei confronti della Germania fu proprio il Piano Schuman, con il determinante contributo di Monnet. Il Piano Schuman, prevedeva di mettere insieme le due risorse necessarie alla ricostruzione industriale dei due Paesi: carbone e acciaio. Questo avrebbe permesso a Parigi di avere un certo controllo politico su Bonn, oltre che la possibilità di rendersi portavoce dell’intera Europa occidentale nei confronti degli Usa. De Gasperi, dal canto suo, capì l’importanza storica e l’opportunità di una tale dichiarazione e della possibilità per l’Italia di essere inserita come partner di rilievo nel quadro europeo. Notevolissimo fu il contributo politico di De Gasperi nei successivi negoziati per inserire nel trattato CECA la creazione di un’Assemblea Parlamentare europea, con il prezioso aiuto di Altiero Spinelli. L’Italia, insieme alla Francia, può vantare ben due padri fondatori.

Quanto credi che De Gasperi sia stato poi volutamente ignorato nel mondo politico, quasi rimosso pure tra i cattolici?
Rimanendo negli anni ’50, la destra cattolica era contraria a De Gasperi. In Vaticano, diversi pensavano che la DC fosse troppo debole nella lotta al comunismo in Italia, ma De Gasperi difese con convinzione l’operato del suo governo. Personalità come Gedda, il cardinale Ottaviani, mons. Montini, Tardini ecc... avrebbero preferito una svolta più a destra della Democrazia Cristiana. Sono noti gli attriti con Papa Pacelli, Pio XII, in particolare per la questione delle elezioni amministrative di Roma del 1952, dove si tentò un’alleanza con le destre, alla quale De Gasperi era molto contrario. Alla fine non se ne fece nulla. Al giorno d’oggi, come ogni grande statista, c’è chi lo osanna e chi lo detesta.


Prendo dalla quarta di copertina: “Federalismo, democrazia, stato di diritto e rifiuto di ogni ideologia totalitaria”: in cosa abbiamo fallito e quanto è ancora attuale il pensiero di De Gasperi?
Non so se il termine fallito sia corretto. Democrazia, stato di diritto, rifiuto di ogni ideologia totalitaria sono ben impressi nella nostra Costituzione, e guai a dimenticare il ruolo importantissimo giocato dai politici reggiani dell’epoca. Federalismo? Ahimè, come spiego bene nel libro, si decise per la via funzionalista, piuttosto che federalista o confederalista. Tornando al giorno d’oggi, la mia impressione è che si tenda a criticare negativamente la nostra democrazia e a giustificare inutilmente il periodo del ventennio fascista. Vorrei che non dessimo per scontati la nostra democrazia, il nostro benessere sociale, la nostra pace, quando alle porte dell’Europa si sta consumando una guerra. Sicuramente rimane ancora molto da fare. C’è sempre qualcosa da imparare da personaggi illustri come De Gasperi, ma non solo: vedi Dossetti, Einaudi, Saragat, Nenni, Togliatti, Di Vittorio… l’elenco potrebbe non finire più.










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