Aia di Cervarolo dopo la strage |
Il territorio della nostra montagna è segnato da una sorta di dolorosa geografia della memoria.
Le statue, le installazioni, i cippi dedicati ai martiri della Resistenza sono lì ad attestare una storia tragica che dovrebbe indurre riflessione o, perlomeno, interesse. Purtroppo, invece, non vengono quasi considerati: pochi si pongono domande e i più giovani, specialmente, sono all’oscuro degli eventi raccontati da quei monumenti (dal latino monumentum ‘ricordo’, derivato da monere, ‘ricordare’); li incontrano, ma passano oltre.
Anna, al contrario, i motivi se li è chiesti: “Andando a Reggio in auto con i miei, da bambina, passavo davanti alla Bettola e mi chiedevo cosa significasse quel monumento. Mia mamma mi ha sempre raccontato che lì c’era stata una strage, durante il secondo conflitto mondiale, ma lo aveva fatto con misura, perché ero piccola e non poteva scendere nei particolari. In più, mia sorella Luisa ascoltava la canzone dei Modena City Ramblers, ‘L’unica superstite’, scritta dal nipote di Liliana, della quale lessi più avanti il libro testimonianza.”
Anna Lombardi il giorno della tesi di laurea |
La canzone racconta, appunto, dell’eccidio della Bettola e, insieme al monumento quasi sul ciglio della statale 63, ha portato Anna Lombardi a riflettere e a cercare di saperne di più.
Nel momento in cui si è trovata a decidere l’argomento della tesi di laurea triennale in storia, alla fine del percorso all’Università degli studi di Milano, dopo aver scartato l’ipotesi di scriverla su Matilde di Canossa, Anna optò per la stragi della Bettola e di Cervarolo.
Nata a Felina di Castelnovo ne’ Monti, la giovane studentessa (anzi: dottoressa) sta ora frequentando ‘Antropologia e storia del mondo contemporaneo’, classe delle lauree magistrali in scienze storiche all’Università degli studi di Modena e Reggio. Nel frattempo, ha partecipato al concorso nazionale ‘Premio Tralerighe Storia’, dedicato a opere inedite di storia contemporanea, classificandosi al primo posto con la sua tesi, vincendo così la pubblicazione con Tralerighe libri Editore di Andrea Giannasi.
Libro di Anna Lombardi |
“Quando ho proposto la mia idea al professor Marco Soresina - il mio relatore - me la voleva rifiutare. Diceva che le fonti per una tesi erano troppo poche, che era un argomento di nicchia… Gli ho risposto che volevo provarci perché mi interessava davvero e lui si è convinto. Mi ha poi consigliato quattro volumi per la parte introduttiva e da lì è partito tutto. Per la Bettola, Massimo Storchi, di Istoreco, mi ha indicato le due edizioni del libro sulla strage; inoltre ho letto ‘Il nazista e la bambina’ di Liliana Manfredi, la sopravvissuta allora undicenne, e un altro libro molto vecchio, ‘La Bettola, il dramma della notte di San Giovanni 1944’, di Roberto Vinceti.”
Ai libri sopracitati se ne sono poi aggiunti altri, fino a completare l’importante bibliografia a corredo. Nella sua introduzione, Anna rimarca quanto sia necessario l’approfondimento su questi due eventi, perché la memoria civile è frammentaria o inesistente. Ricorda come molti dei suoi compaesani e molti di coloro che abitano nei dintorni, pur conoscendo parte delle vicende, non sarebbero comunque in grado di spiegare cosa avvenne davvero, né le motivazioni di tali eccidi: “Conoscere la storia del territorio è per me un aspetto fondamentale perché, ricostruendo i fatti accaduti vicino a noi, si possono ottenere strumenti per poter analizzare quanto vissuto dalle persone comuni durante la seconda guerra mondiale.”
La Bettola, monumento |
Ad aprile 2019, Anna ha cominciato a reperire il materiale e ha incontrato Liliana Manfredi, per poi scrivere il capitolo sulla Bettola; a novembre la tesi era pronta: “Dei pochi sopravvissuti ancora viventi, solo una di loro, dopo anni di silenzio, ha deciso di raccontare la sua storia proprio per evitare che tali massacri possano di nuovo capitare. Nonostante l’età avanzata, Liliana Del Monte Manfredi mi ha permesso di ascoltare il suo punto di vista sui fatti accaduti quella tragica notte. Nel giugno del 1944 Liliana aveva undici anni e viveva da due anni alla Bettola con la madre, presso l’abitazione dei nonni materni, in quanto pochi anni prima era rimasta orfana di padre a causa di un incidente stradale.”
Liliana Manfredi con Beppe Carletti dei Nomadi |
Il 22 agosto 2019, Anna va a Cervarolo con Italo Rovali, presidente dell’associazione familiari delle vittime. Rovali oggi è avvocato e nel giorno della rappresaglia non era nato, ma perse, fucilati e anche bruciati, lo zio Italo, che aveva 16 anni, il bisnonno Antonio, 84 anni, semi paralizzato, portato di peso davanti al plotone di esecuzione, e il nonno Celso, 52 anni. Dino, un altro zio che all’epoca aveva due anni, era sopravvissuto ed è scomparso nel 2020 per il corona virus. Un altro zio, Olinto, rimase ferito, salvandosi perché lo credevano morto. Il padre Virgiglio, invece, classe ‘22, era prigioniero in Austria e fu proprio la prigionia a salvarlo. Venne a conoscenza dei fatti solo una volta tornato a casa. Toccante, ogni volta che la si ricorda, come fa Anna, la scelta eroica del parroco don Battista Pigozzi, quando tre militari tedeschi andarono in canonica per fargli firmare una dichiarazione attestante l’aiuto dato dall’intero paese ai partigiani. Il sacerdote si rifiutò di firmare il documento asserendo: “Non posso firmare, non voglio andare contro la mia coscienza”; lo catturarono insieme alla sorella e alle nipoti. Intorno alle diciassette, ci fu un ultimo tentativo di convincimento del sacerdote che, ancora una volta, rifiutò. Morì nudo, sull’aia, sotto le raffiche dei nazisti, insieme ai suoi parrocchiani.
Sarà poi Italo Rovali a intraprendere la ricerca della verità di quei fatti e, nel 2012 assieme a Nico Guidetti e a Matthias Durchfeld, ricercatore tedesco oggi direttore di Istoreco, Rovali si recò a Monaco di Baviera a bussare alla porta del boia Stark. Un incontro angosciante per l’impassibile freddezza del nazista, trasmesso allora da un servizio del Tg1.
Chiediamo ad Anna che impressione ha avuto parlando con i testimoni delle due stragi:
“Liliana dimostra di essere abituata a raccontare di quel fatto, anche se mi ha confessato di non averne mai voluto parlare per decenni. Si nota, dal suo atteggiamento, che fa incontri con le scuole, che ha contatti con i ragazzi, che ha imparato a narrare in modo meno emotivo, volutamente distaccato. La persona che invece mi ha toccato di più è stata Loretta Righi, che ora vive a Reggio ma che ogni estate torna a Cervarolo. Aveva otto anni, al tempo della strage, e mi ha raccontato quel giorno come se lo stesse rivivendo in quel momento, come se fosse sempre quella bambina, come se gli anni non fossero mai passati. Mi raccontava di queste ‘pigne’ che i tedeschi lanciavano in casa - che poi, in realtà, erano bombe a mano - mi ha detto del tentato stupro di sua madre, la quale però, forte e agile com’era, era riuscita a sfuggire all’abuso, e dell’orologio da taschino del nonno ferroviere che rubarono, unica cosa di valore in casa. Natalina Maestri, altra testimone, parla di quel giorno in modo abbastanza distaccato, nonostante avesse perso il padre. Suo marito Remo Monti, che è mancato pochi mesi fa, non era di Cervarolo, ma di un paesino vicino. Non ha visto la strage, però la sua famiglia aveva carri e buoi usati poi dai nazisti per trasportare in Val d’Asta le armi. All’inizio era restio, non voleva esporsi. Poi, mi ha raccontato che quel giorno, in realtà, lui aveva rischiato più volte di morire perché durante il tragitto era andato perso un cappotto di un nazista che, ripetutamente, gli aveva urlato ‘kaputt’. A un certo punto un altro tedesco era intervenuto affermando che lui non aveva fatto niente, così si era salvato.”
Dopo la strage, gli abitanti rimasti vissero nei boschi per mesi, all’interno di grotte, tornando in paese soltanto una volta alla settimana per infornare e cuocere il pane, con la speranza di non essere scoperti.
Quando Anna prese contatto con Italo Rovali spiegandogli che intendeva scrivere la sua tesi sulla Bettola e Cervarolo, lui si mostrò sorpreso e le disse che, in genere, è difficile trovare giovani che se ne interessino. Dopo aver saputo della sua vittoria al concorso e della pubblicazione del libro, Anna lo ha subito avvertito e lui le ha risposto: “Brava… brava!”
È uno dei pochi, l’avvocato Rovali, che Anna Lombardi ringrazia pubblicamente:
“Un ringraziamento speciale è rivolto all’avvocato Italo Rovali, parente di tre vittime della strage
di Cervarolo, che mi ha dedicato molto tempo, introducendomi ai fatti con racconti e documenti
da lui stesso ricercati e gelosamente conservati.”
Il 14 dicembre 2020 l’ex sergente Karl Wilhelm Stark, della divisione corazzata “Hermann Goering” della Wehrmacht, il boia di Cervarolo, è morto all’età di cento anni.
Mai pentito. “Gli ordini andavano rispettati”, aveva detto a Rovali. È rimasto fedele al suo criminale credo nazista fino alla fine. Ecco perché è un dovere non dimenticare e i libri come quello di Anna Lombardi sono importanti.
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