Una raccolta appartenuta al nonno di Cesare Datteri con tante notizie sulla montagna reggiana tra il 1905 e il 1909
Passando in rassegna i vari temi trattati – dalla propaganda elettorale, all’educazione socialista del popolo, a pagine di letteratura (Lev Tolstoj), a informazioni riguardanti i vari consigli comunali o le cooperative di consumo, l’occhio cade su una “corrispondenza” da Felina del 21 giugno 1908. Vi si racconta di un priore arrabbiato per le poche entrate delle questue a Fariolo e a Magonfia, roccaforti del “dominio socialista”. Ma il “corrispondente” di questo quindicinale non si ferma lì: “C'è l'altra parte, che, pur avendo una fede religiosa, pur osservando i comandamenti cosiddetti di dio e della chiesa, nutre una forte avversione al prete moderno, perché in lui non vede più il ministro di una religione qualsiasi, il soccorritore dei bisognosi, il padre amorevole di tutti gli abitanti di un dato paese, il difensore dei poveri; ma il capo di una setta che serve soltanto agli scopi di pochi privilegiati, lo strenuo propugnatore degli interessi dei signori, il nemico potente e terribile nelle lotte elettorali, il galoppino di tutte le grandi armate capitalistiche. È troppo naturale che i preti combattano con maggior accanimento quelli che, socialisti o no, lasciano che il prete faccia come meglio crede, coloro che non si curano di chiesa, quantunque contro questi il prete non abbia nessuna ragione di sbraitare, perché in fin dei conti da essi è lasciato in pace. Sono quelle mezze tinte di fedeli per metà ch'egli deve combattere, quella gente che è sempre là in chiesa a rompergli le scatole, per poi criticarlo se falla o se agisce da quel prete che noi abbiamo sopra descritto.”
“Il Montanaro”
Erano conservati con cura nella casa del padre di Cesare Datteri, i fogli del quindicinale “Il Montanaro”, periodico socialista della montagna reggiana. Si tratta di una raccolta che va dal 1905 al 1909 e che, sfogliata, rivela informazioni, aneddoti, nomi e cognomi di persone che riguardano un po’ tutti i comuni montani. Colpisce il linguaggio apertamente anticlericale, impudente, assolutamente lontano dal “politicamente corretto” in uso oggi. Ma che provenienza hanno questi fogli conservati con tanta cura? Ce ne parla il signor Cesare: “Mio padre era Alessandro Datteri (conosciuto come Franco), nato nel 1930 a Monchio di Felina da Cesare e Costanza Ganapini. A metà degli anni trenta, la famiglia si trasferì a Castelnovo, dove suo padre aveva ottenuto un posto da portalettere, in qualità di invalido della prima guerra mondiale. Purtroppo, nel 1936 mio nonno morì per l'aggravarsi delle ferite di guerra e sua moglie rimase vedova con cinque figli, di cui la maggiore di 16 anni e la minore di solo 5. Le fu assegnato il posto del marito, in quanto vedova di guerra, e così riuscì a mandare avanti la famiglia. Mio padre crebbe a Castelnovo e frequentò le persone del mondo di sinistra del tempo; divenne comunista e partecipò alla Resistenza - per quello che gli consentiva la giovane età - con qualche azione di piccolo sabotaggio nei confronti delle truppe tedesche allora di stanza a Castelnovo, mentre suo fratello, più grande, fu un partigiano combattente. Finita la guerra, dopo qualche anno di lavoretti da manovale (aveva la licenza elementare) subentrò a sua madre nel lavoro di postino (come orfano di guerra), si sposò e, nel 1957, nacqui io, poi, nel 1962, nacque mia sorella Fiorella. Mio padre lavorò sempre in posta, frequentò le scuole serali, conseguì la licenza media inferiore e partecipò a un concorso interno, diventando così impiegato allo sportello. Andò in pensione nel 1991 e, nel 1992, morì all'età di 62 anni. È sempre stato comunista e penso che mio nonno fosse socialista. Il materiale l’ho trovato tra la sue carte e l'ho inserito nei fogli di plastica dopo la sua morte, ma non mi ricordo se lui me ne avesse parlato prima e non so come lo possa avere avuto. Mio padre frequentava gli ambienti ‘colti’ della sinistra Castelnovese (notaio Rubini padre e figlio, il dottor Campanini, che, se non ricordo male, fornì i primi libri per creare la biblioteca comunale di Castelnovo), per cui potrebbe essere questa la provenienza della raccolta, ma sono solo mie supposizioni”. Cesare Datteri ha studiato a Castelnovo, poi a Bologna, dove si è laureato nel 1981 in “Scienze della produzione animale”. Ha lavorato come tecnico alla Confederazione Italiana Agricoltori di Castelnovo fino al 1989, poi è stato trasferito a Reggio, dove vive tutt’ora con la sua famiglia. Molto conosciuta in montagna la sua mamma, Ave Rosati, per tanti anni cuoca della scuola materna e ora in una casa di riposo vicina ai figli. “Avendo la mamma qui, non abbiamo più necessità di venire in montagna, ma la frequentiamo da ‘turisti’ perché abbiamo ancora amici lì, anche se non ci viviamo più, e ci piace l'ambiente appenninico”.
Camillo Prampolini a Carpineti
Il partito socialista era nato il 14 agosto 1892 a Genova, su iniziativa dei delegati delle sezioni del Partito operaio, delle leghe socialiste e di quelle sindacali, le quali avevano abbandonato i lavori del congresso nazionale del Partito operaio, dove aveva prevalso la corrente anarchica. Dopo essersi riuniti in separata sede presso il padiglione della Società dei Carabinieri Genovesi (il corpo dei fucilieri garibaldini), avevano dato vita, in un primo momento, al “Partito dei lavoratori italiani”. L’anno seguente, al congresso di Reggio Emilia, il nome era stato cambiato in “Partito socialista dei lavoratori italiani” e, nel 1895, al congresso di Parma, in quello di “Partito socialista italiano”. Il distacco dei socialisti dagli anarchici aveva segnato l’inizio di un nuovo corso politico. Su “Il Montanaro” che porta la data del 24 settembre 1905, si ricorda, in un trafiletto, che Camillo Prampolini, aderendo all’insistente invito dei socialisti della montagna, il sabato successivo sarebbe arrivato a Castelnovo ne’ Monti per tenere una conferenza, poi, nel pomeriggio della domenica, avrebbe parlato a Carpineti. Tutti sappiamo che grande figura sia stato Prampolini e quanto fosse dunque importante quell’evento. Al congresso di Genova dell’agosto 1892, infatti, dove la delegazione reggiana era tra le più numerose, Prampolini aveva sostenuto la controversia con gli anarchici; l’apprezzamento nei suoi confronti fu enorme e confermato dalla scelta di Reggio Emilia come sede del secondo congresso nazionale. Inoltre, gli venne conferito l’incarico di relatore sulla questione politica. Ma, tra i socialisti italiani di quel periodo, c’era qualcuno - diventato poi più tristemente famoso di Prampolini - che avrebbe in seguito preso un’altra strada. Il 9 luglio 1902, un giovane maestro elementare, Benito Mussolini, era infatti giunto in Svizzera per sfuggire al servizio militare obbligatorio. A Pieve Saliceto di Gualtieri, nella bassa reggiana, era stato supplente in una classe elementare, ma la supplenza non gli era stata rinnovata per via della relazione intrecciata con una signora il cui marito era sotto le armi. A Losanna venne arrestato per vagabondaggio il 24 luglio 1902. Rimesso in libertà, vivacchiò lavorando come manovale o garzone e cominciò e farsi notare quale agitatore socialista, conferenziere e pubblicista del giornale “L'Avvenire del lavoratore”, organo dei socialisti italiani in Svizzera. Venne arrestato ancora nel 1903 e consegnato alle autorità italiane. Tutti e due nati politicamente come socialisti, Prampolini e il futuro Duce, tutti e due giornalisti pubblicisti, ma con un futuro completamente divergente.
“Anticlericalismo a fatti”
Ogni numero del quindicinale è costellato da forti invettive contro la religione; in particolare, sono riportate battaglie a suon di lettere tra i socialisti e l’Azione Cattolica. Emerge la figura di Ugo Manfredi, felinese, che è segretario della federazione collegiale socialista di Castelnovo ne’ Monti: “È certo che se tutto dipendesse da loro, se gli aiuti dovessi attenderli dalla combricola sleale e camorristica che opera in nome di una religione cristiana, aspetterei un pezzo. Ma io rido dell'inguaribile bagolomania di certi individui; continuo sereno ed imperturbabile la mia strada, punto curandomi dei lazzi carnevaleschi dei miei denigratori chiercuti o no, e lascio che la vil razza malnata, gridi, gesticoli, s'arrabbi e possa in un tempo non molto lontano godersi uno stipendio uguale a quello da me percepito quale Segretario collegiale. Chissà, se fosse allora possibile trovare il tempo per contar tante balle?!” Nella rubrica “Anticlericalismo a fatti”, si riportano, invece, gli eventi che testimoniano come il socialismo stia prendendo piede a discapito della religione, come nel caso di funerali o matrimoni civili: “Domenica scorsa si sono riuniti in matrimonio, ricorrendo unicamente al Sindaco, la giovane Caterina Giansoldati, figlia dell'amico nostro Enrico, col compagno Emiliano Giovannelli. È questo il primo matrimonio contratto nel nostro paese col solo rito civile, e noi nel mentre esterniamo ai novelli sposi il nostro più vivo compiacimento e gli auguri più fervidi di felicità, li additiamo come esempio a quanti, pronti a sbraitare il loro anticlericalismo a parole, calano poi vergognosamente i calzoni alla prova dei fatti, offrendo miserevole esempio di incoerenza e di viltà.” E ancora: “Funerale civile. Alla casa Cantoniera posta al Rio Faggie lungo la strada di Valle d'Enza, in Comune di Vetto, è morto lunedì, dopo sole ventiquattro ore di malattia, il bracciante Rossi Ermenegildo, d'anni 47, dimorante a Rivalta. La salma seguita da tutti gli operai addetti al lavoro, in forma puramente civile fu trasportata al Cimitero di Crovara, ove, a nome della Cooperativa Braccianti di Reggio, della Camera del Lavoro e degli operai presenti, disse sentite parole il compagno Parmeggiani, Consigliere della Cooperativa Braccianti, porgendo alla cara salma l'ultimo saluto. Le popolazioni dei gruppi di case, attraversati dal mesto corteo, guardavano con maraviglia questa cosa nuova di un funerale che si compiva dalla pietà dei compagni di lavoro e di lotta senza l'intervento e le preghiere prezzolate del prete e le vibrazioni seccanti delle campane. Ma abbiate pazienza, o buoni montanari! A poco a poco vi abituerete anche a questo, ed i vostri figli convinti che, purché crescano onesti e buoni, Dio non può avere bisogno di intermediari colla loro retta coscienza, anch'essi faranno a meno del prete.”
Si era ancora lontani dalla “terribile bufera”, “carneficina”, “inutile strage” (Benedetto XV) che si abbatté poi sull’Europa nel 1914; non ci si immaginava né la rivoluzione sovietica, né l’avvento del fascismo, tanto meno quello del nazismo con il suo carico di orrori. Non ci si immaginava un’altra guerra… Alla luce degli eventi odierni, la rilettura di vecchi periodici come “Il Montanaro”, che si presentava così: “Noi facciamo la rivoluzione non colle armi ma colla parola; noi non predichiamo la guerra, ma l’amore, ma la giustizia...” è davvero consigliabile.
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