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Disegno di copertina di Sara Davalli |
Di
lui non si sa nulla. C’era soltanto la sua firma sul trittico di
Rocca di Soraggio: “Et pictus fuit p. me Petrus de Talata”,
nient’altro. Anche quella firma, in seguito, è andata persa.
Che
poi “Talata” debba corrispondere a “Talada”, piccola borgata
della montagna reggiana, è solamente una supposizione, o forse una
deduzione, vista la relativa vicinanza delle due località e il loro
essere appartenute al Ducato Estense. Niente ci assicura che sia
davvero così.
Si
tratta di luoghi in qualche modo rimasti arcaici, immersi nei boschi,
uniti da strade tortuose, comunque disagevoli pure oggi, nonostante
l’asfalto, soprattutto con il ghiaccio e la neve dei lunghi
inverni.
Luoghi
accomunati dalla passione degli abitanti per le leggende, le strane
apparizioni di fate, folletti, diavoli, streghi e streghe, serpenti
alati, uomini e donne – mediconi - capaci di curare con le parole,
le preghiere, le segnature e misteriosi intrugli di erbe.
Luoghi
un tempo abitati da popoli veneranti divinità in buona parte
muliebri, come si riscontra nella vicina Lunigiana, dove i
ritrovamenti delle statuette di antiche dee madri la confermano come
terra mistica, consacrata a divinità femminili. Divinità legate
alla luna e al suo culto.
Le
madonne di Pietro hanno tutte volti lunari e tutte ricordano, in
qualche maniera, le antiche raffigurazioni della dea Iside con il
sacro figlio Horus in braccio.
Di
Pietro non si sa nulla; per lui parlano le sue opere: Il trittico di
Borsigliana “Madonna col Bambino tra i Santi Prospero e Nicola”,
noto nella storia dell’arte toscana anche per un furto e un
tentativo di esportazione illegale;
“Madonna col Bambino”, oggi a Lucca, nel museo nazionale di Villa Guinigi, proveniente dalla chiesa di Rocca di Soraggio; “Madonna col Bambino” della chiesa di Santa Maria di Capraia di Pieve Fosciana, dove Maria insegna a leggere a Gesù tenendo in mano un libro aperto sulla pagina del Magnificat, mentre il bambino unisce vocali e consonanti su una tavoletta di legno; “Madonna col Bambino tra i santi Lorenzo e Giovanni Battista” nel santuario della Madonna del Soccorso, Corfino di Villa Collemandina; “Madonna Assunta”, nella chiesa di Santa Maria Assunta di Stazzema (Lucca), uno pseudotrittico che si può ammirare sulla parete sinistra dell’altare maggiore, l’opera pittorica più importante della Versilia; “San Giovanni Battista”, facente parte del trittico di Soraggio, acquisito dal museo nazionale di Lucca; “I quattro santi” di Vitoio Camporgiano, resti di un polittico, rifilati ai margini e ricomposti in un’ancona lignea ai lati di una madonna cinquecentesca; “Madonna col Bambino” appartenente ad una collezione privata a Firenze.
“Madonna col Bambino”, oggi a Lucca, nel museo nazionale di Villa Guinigi, proveniente dalla chiesa di Rocca di Soraggio; “Madonna col Bambino” della chiesa di Santa Maria di Capraia di Pieve Fosciana, dove Maria insegna a leggere a Gesù tenendo in mano un libro aperto sulla pagina del Magnificat, mentre il bambino unisce vocali e consonanti su una tavoletta di legno; “Madonna col Bambino tra i santi Lorenzo e Giovanni Battista” nel santuario della Madonna del Soccorso, Corfino di Villa Collemandina; “Madonna Assunta”, nella chiesa di Santa Maria Assunta di Stazzema (Lucca), uno pseudotrittico che si può ammirare sulla parete sinistra dell’altare maggiore, l’opera pittorica più importante della Versilia; “San Giovanni Battista”, facente parte del trittico di Soraggio, acquisito dal museo nazionale di Lucca; “I quattro santi” di Vitoio Camporgiano, resti di un polittico, rifilati ai margini e ricomposti in un’ancona lignea ai lati di una madonna cinquecentesca; “Madonna col Bambino” appartenente ad una collezione privata a Firenze.
Di
lui non si sa niente, perciò ho voluto raccontare la sua storia,
quella che non sapevo di avere dentro e che si è manifestata,
chiara, di fronte ai suoi quadri, mentre scrutavo i volti melanconici
delle sue madonne adolescenti. Una storia di donne, quelle che Pietro
incontra nel suo peregrinare, quasi un giallo, un noir ambientato sul
crinale tosco emiliano e in altre città toscane nel 1460. Una storia
di violenze, guerre, soprusi, peste, di briganti e contrabbandieri,
di pastori, santi eremiti, monaci cartografi, libri prodigiosi; una
storia di artisti, di mecenati e di quell’arte che ha fatto grande
l’Italia.
Ho
voluto bene a Pietro e ho amato le sue donne, dalla brigantessa
Peruzza alle giovani Lucrezia Fina e Orsola, all’inquietante
ostessa dai capelli rossi. Mi hanno accompagnata nelle loro
esistenze, mi hanno raccontato le loro storie perché io potessi
raccontarle a tutti.
Di
Pietro non si sapeva niente. Ora esiste. Almeno nel mio narrare.
In
fondo, scrivere, come tessere, ricamare, disegnare, dipingere, è un
atto profondamente generativo. È dare vita.
E
la luna ne è la Dea.
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