“Il sapere piccolo” di Normanna
Albertini, Garfagnana Editrice, è un libriccino di 119 pagine (12 euro) che può
essere definito uno scrigno in cui sono riposte graziose fotografie di una
Emilia che in gran parte non esiste più, un tentativo, tra l’altro
magistralmente riuscito, di conservare la tradizione e allo stesso tempo i propri
ricordi che per l’appunto appartengono a un tempo che via via si è andato
sbriciolando. La penna della Albertini, come una paziente mano materna,
raccoglie queste briciole di pane dalla tovaglia per evitare che vengano
gettate nel rusco, per lanciarle invece nella stia così da salvarle in un ciclo
che alimenti l’anima non solo dei figli di quella terra, ma un po’ di tutto il
nostro bistrattato paese. Un’immagine per davvero bucolica, poetica, ed è
questo lo stato d’animo in cui si troverà il lettore che voglia affrontare
questa piacevole lettura.
Questi racconti sono dieci
dipinti, dieci storie di una tradizione contadina in cui il rapporto tra l’uomo
e la terra assumeva il sapore e le sembianze di una ritualità arcaica, da una
parte, e di una vera e propria epica,
dall’altra. Ad esempio, l’uccisione del porco viene riportata non solo
in tutti i suoi passi rituali, ma introdotto dal racconto dell’arrivo dei
maslin “non era il padrone del signor maiale a dargli la morte, erano i
“maslin”, esperti macellatori che, in quel periodo dell’anno, andavano di casa
in casa con tutto il loro armamentario di macchine da macinare (a mano),
coltellacci, coltelli per scannare (“al burcaj”), che poi era un lungo
punteruolo, coltelle e coltellini per tagliare e radere, perché il maiale
andava pure depilato!” – pagina 25.
Il talento e la sensibilità
della Albertini rendono piacevole questa lettura al più convinto degli
animalisti.