Il racconto sul quotidiano "Prima Pagina" |
Era bionda, minuta, i capelli tinti e ben pettinati, il
taglio a caschetto e il rossetto brillante.
Indossava vestaglie a fiori e, così acconciata, la si poteva
notare china sulle sue “erbacce”.
Perché il giardino di Nunzialisa era fatto di tarassaco,
piantaggine, achillea, parietaria; poi ortiche, fresche e verdissime,
nell’angolo più umido. Ora viveva sull’Appennino reggiano e, a ottant’anni,
conduceva un moderno bed and breakfast:
una casa a torre, affiancata da un gigantesco faggio.
“Cara amica mia”, ridacchiò Jorge entrando, “oggi sulla
sassaia ho incontrato una fata.”
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Una pietra Suiseki |
L’uomo tolse una pietra dalla tasca e la posò su una
mensola.
“Una fata?” Nunzialisa rise e gli fece cenno col capo,
“vieni a tavola che avrai fame.”
Era passato tanto tempo da quando lui le si era presentato
chiedendo una camera; lo aveva identificato subito come un’erbaccia, una di quelle che infastidiscono chi vorrebbe la
conformità all’appiattimento.
Non era un tulipano di vivaio, era un fiore di tasso barbasso, libero, una spiga d’oro
fiera che, se sradicata e trapiantata, si sarebbe lasciata morire.
Pertanto, lo aveva alloggiato. I primi pochi giorni erano
diventati settimane, in seguito mesi, infine un anno.
“ Nunzia, che sono quelle?”, Jorge distolse lo sguardo dalla
pietra sulla mensola e indicò dei quadrettini. “Esperimenti di alchimia?”
“No, semplici caramelle di more selvatiche. Buonissime e
naturali”, rispose la donna.
“Amica, che continua sorpresa…” disse lui, e riprese ad
esaminare la pietra.
Nunzialisa scosse il capo.
“Niente di straordinario: servono le more, un po’ di miele,
l’olio di mandorla e… poi ti darò la ricetta.”
“Mi ricordano le caramelle di carrube del mio paese.”
“Certo: ho solo sostituito l’ingrediente principale.” rise
lei.
“Il carrubo fa parte della mia infanzia”, rimandò lui, “ e
c’è una storia interessante in proposito.”
“Una storia? Racconta.”
“A Barcellona,
durante la guerra civile, gli studenti più indigenti si sfamavano con le sole
carrube, eppure erano sani e non mostravano le malattie dell’apparato digerente
tipiche dei benestanti. Una società industriale farmaceutica, saputo di queste
informazioni, sa che ha pensato?”
“ Coltivazioni intensive di carrubo per tutta la Spagna?”
“Poco ci manca…”, rise Jorge, “ ha brevettato e messo in
commercio un medicinale per guarire i disturbi digestivi costituito di farina
di carrube. Le multinazionali sono astute!”
“Astute? Direi diaboliche, caro mio.”
“ Sì, penso che il diavolo c’entri un po’… sì, il diavolo è
bravo in queste cose.”
L’uomo di nuovo fissò incantato la sua pietra sul ripiano.
“Ma noi che facciamo, ora, ceniamo a caramelle?”
“ Eh no, gnocchi alla parietaria, sentirai che bontà!”
“ Oh mio Dio!” Jorge si finse disperato, “Parietaria?”
Nunzialisa gli servì un piatto di gnocchi verdi, poi si
sedette a mangiare con lui.
Poteva essere suo nipote, eppure lo sentiva più vecchio.
Stanco, rassegnato. Vinto.
Lei no, lei era ancora “la maestra”, viva, combattente.
Era stata rigorosa e imparziale, ai suoi tempi, ma aveva
saputo far finta di niente quando i lavori dei campi avevano intralciato
l’apprendimento dei ragazzi, pur esigendo il massimo da chi non lavorava.
Iniziava le lezioni la mattina con i più piccoli, poi, nel
pomeriggio, proseguiva con gli altri.
Era riuscita persino a
disporre un corso serale per gli anziani analfabeti e insegnava ricamo, taglio
e cucito alle ragazze.
Come le parevano lontani, ora, la miseria del dopoguerra e
quei pacchi della Croce Rossa Americana inviati agli
alunni orfani e ai bimbi poveri. Ne uscivano spazzolini e dentifricio,
materiale scolastico, dolciumi e cioccolata. Cioccolata vera, americana.
“La fata che ho incontrato oggi sulla sassaia…”, Jorge
interruppe i suoi pensieri, “ si chiama Maddalena e mi ha parlato di una
tradizione giapponese che riguarda le pietre.”
“ Vedo che non fai che rimuginare su di lei.”
L’uomo prese delicatamente il sasso dalla mensola e lo
strinse tra le mani: “ Mi ha parlato di queste pietre, i suiseki…”
“ Che cosa sarebbero?”
“ Da quel che ho capito, bonsai… di pietra!”
Nunzialisa cominciò a sparecchiare e si affrettò a preparare
il caffè.
“ Noi esseri umani siamo stregati dalle cose più bizzarre,
caro Jorge. Tuttavia, vedi: non è importante cosa ci attrae, ma cosa ci
accresce e ci dà pace. Che cosa ci fa partecipi di quella felicità che non
dipende dall’avere e dal consumare. Questo è il segreto. E i bonsai di pietra
avranno un significato legato alla serenità; lei te ne ha parlato?”
“ A lungo, sì. Ho capito che è voglia di cercare bellezza e
armonia, voglia di soddisfare lo spirito.”
“Bello.”
“ Penso che serva a creare equilibrio dentro di sé, oltre
che intorno a sé. Lo stesso equilibrio che io sento ricostruirsi quando cammino
in mezzo alle montagne.”
Riposizionò la pietra sulla mensola: “Buonanotte, Nunzia,
vado a letto.”
“Hai deciso qualcosa in merito al tuo ritorno?” lo fermò la
donna.
Gli occhi dell’uomo brillarono: “Ho deciso, sì: non ci sarà
ritorno.”
“Wabi come malinconia, sabi maturità e solitudine, shibui
finezza, yugen mistero,” sussurrò Nunzialisa come lui ebbe infilato le scale, “questo si dice dei suiseki.”
Lisciò piano il sasso. Poi digitò un numero sul cellulare.
“Maddalena? Sì… Jorge, sì, non te ne avevo parlato, no… lui
abita qui, sì… Mi dà anche una mano, sì… Be’, mica ti può dire tutto, la zia,
dai! No, non credo, no… il suo lavoro? Forse sta valutando di mutare alcune
cose… sì, buonanotte anche a te, vieni domani? Sì? Ti aspetto a
colazione.”
Fece un sorriso tenero al crocefisso in alto:
“Meglio così: Jorge se n’è accorto in tempo, prima di esserti infedele.”
In camera sua Jorge dormiva e sognava.
Sognava Maddalena e la bellezza arcana delle pietre.
Sorrideva, nel sogno. Aveva deciso.
Per mano a Maddalena camminava sulla sassaia.
Le pietre rimandavano la luce del sole.
Aveva deciso: padre Jorge doveva
andar via per sempre.
Lo guardò allontanarsi. Maddalena strinse forte la sua mano.
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