domenica 22 gennaio 2012

IL SANGUE INNOCENTE DEL RISORGIMENTO

Sono passati soltanto 150 anni e del Risorgimento, dopo un’iniziale ondata di partecipazione, si parla ormai con poco slancio, mentre fioriscono decine di volumi d’ogni genere: dai romanzi ai saggi storici, sociologici, di costume, alle raccolte fotografiche. Opere più o meno serie, più o meno imparziali, talune contraddittorie, altre chiaramente revisioniste. Nel filone si avventura anche Massimo Storchi, storico reggiano che ha alle spalle diverse pubblicazioni sulla Resistenza, dando alle stampe "Question time. Cos’è L’Italia - Cento domande (e risposte) sulla storia del Belpaese" (Aliberti editore, 2011), nel quale ripercorre oltre un secolo e mezzo di storia della nostra nazione tramite cento domande e relative risposte. Con spiegazioni e stimolanti punti vista, dallo Statuto Albertino del 1848 alla Seconda repubblica, Storchi invita a rivedere la storia provando anche a ridimensionare alcuni luoghi comuni. E svelando i retroscena taciuti e rimossi di un Risorgimento che è stato, comunque, una guerra, quindi un massacro. Come la carneficina del 14 agosto 1861 a Casalduni e Pontelandolfo, nel Beneventano, quando, su ordine del generale Enrico Cialdini (il cui busto troneggia oggi
all'ingresso del Comune di Reggio Emilia), la colonna del maggiore Melegari e la colonna del colonnello Negri invasero i due paesi. Lo scopo deliberato era di raderli al suolo come rappresaglia per la fucilazione di pochi giorni prima di 40 militari piemontesi, avvenuta al culmine di una serie di episodi di insubordinazione. Fu un eccidio: uccisioni a sangue freddo, stupri e saccheggi ai danni della popolazione inerme. Lo scempio non è mai stato accertato dallo Stato italiano e ancora non ne sono chiari i contorni: dai 13 morti ufficialmente riconosciuti all’epoca, agli almeno 400 attribuiti da tutti gli storici moderni, agli oltre 1000 che le ultime ricerche storiografiche stanno facendo venire a galla. Una tragedia di proporzioni bibliche, per la quale lo Stato non si è mai scusato. Nel Beneventano, come nel resto del Sud Italia, quelli furono giorni difficili: il brigantaggio aveva fatto presa sui ceti popolari, delusi dai Piemontesi che trattavano i meridionali alla stregua di “terroni africani” e ne saccheggiava i territori; tutto a vantaggio dell’espansione del Nord Italia. Si ponevano le basi per quella “questione meridionale” che sopravvive anche ai nostri giorni, ma che, all’epoca, si tingeva di drammatici contorni fatti di fucilazioni, agguati e rappresaglie. Il sindaco di Reggio Emilia aveva palesato, qualche tempo fa, il suo solidale pensiero rispetto ai fatti di quel 14 agosto, così, in occasione delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, aveva invitato il Sindaco di Pontelandolfo a Reggio per ricevere il Primo Tricolore. Mercoledì 3 agosto, nella Sala del Tricolore di Reggio Emilia, la cerimonia di consegna, a cui ha invece  partecipato il vicesindaco della città beneventina, Donato Addona: “Non vogliamo – ha detto Addona – che Pontelandolfo sia ricordato come un covo di briganti contrari all’Unità d’Italia, perché così non fu. Ma riteniamo giusto che a distanza di 150 anni venga finalmente alla luce la verità su un eccidio ingiustamente compiuto”. Il 14 agosto, durante la “Giornata del ricordo”, il primo vessillo nazionale donato da Reggio ha sventolato a Pontelandolfo al cospetto di alte cariche istituzionali e dell’ex premier Giuliano Amato. Questo, dunque, uno dei tanti episodi su cui Storchi si sofferma con il puntiglio e l’accuratezza dello storico che conosciamo. (Continua a leggere...)

http://fortezzabastiani.myblog.it/archive/2011/09/26/il-sangue-innocente-del-risorgimento-normanna-albertini.html

Nessun commento:

Posta un commento